Il governo americano ha inaugurato un centro di detenzione temporaneo, chiamato “Alligator Alcatraz”, situato nel cuore delle Everglades in Florida. La struttura, costruita in meno di una settimana, è destinata a ospitare fino a 3.000 migranti irregolari durante il procedimento legale. L’apertura di questo centro arriva in un momento di forte tensione politica e ambientale, con forti critiche da parte di tribù indigene, ambientalisti e attivisti per i diritti umani. La costruzione avviene in un’area protetta e delicata dal punto di vista ecologico, alimentando polemiche su possibili danni ambientali e violazioni dei diritti dei residenti locali.
Alligator alcatraz, un centro di detenzione in mezzo alle everglades
Il presidente Donald Trump è arrivato personalmente a inaugurare la nuova struttura, sottolineando l’impegno dell’amministrazione nel far fronte all’immigrazione irregolare. La tensostruttura dispone di aria condizionata e gabbie specifiche, progettate per contenere fino a 3.000 persone. L’ubicazione, a circa sei miglia a nord dal parco nazionale delle Everglades, è stata scelta non solo per la sua posizione isolata ma anche per la presenza di predatori come pitoni, coccodrilli e alligatori, elementi che, secondo le autorità, rendono quasi impossibile la fuga.
Dichiarazioni del dipartimento della homeland security
Kristi Noem, segretaria del Dipartimento della Homeland Security, ha rimarcato che questa struttura rispetta standard elevati di sicurezza e accoglienza, e ha ricordato che l’obiettivo primario rimane l’autodeportazione, facilitata da un’app ufficiale della Custom and Border Protection, che consente di seguire il processo di espulsione in modo digitale.
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Non a caso, il luogo è stato paragonato a una moderna Alcatraz, la prigione storica sita all’interno della baia di San Francisco, ma in questo caso la natura stessa costituisce una barriera naturale alle fughe. Il nome “Alligator Alcatraz” riflette questa caratteristica e intende avvertire chiunque pensi di evadere dalle gabbie.
La posizione secondo le comunità indigene e le polemiche ambientali
L’area scelta per la costruzione del centro è una zona protetta e parte del territorio della tribù Miccosukee, da sempre custodi di queste terre. Un portavoce della tribù ha evidenziato come si tratti di un’area legata ad antichi villaggi tradizionali, zone di conservazione delle risorse idriche e aree protette che riguardano sia i Miccosukee sia la tribù Seminole.
Questa scelta ha suscitato proteste da parte delle comunità locali e di gruppi ambientalisti. Sabato e martedì scorsi, manifestazioni si sono svolte davanti al centro e lungo la strada statale Tamiami Trail, arteria che attraversa la vegetazione subtropicale e occupa un ruolo importante per le popolazioni Creek Seminole, che non hanno mai ceduto alle pressioni del governo statunitense.
Gli attivisti criticano la decisione di erigere un campo di detenzione in una zona così fragile, con il rischio di danneggiare la falda acquifera Biscayne e aggravare la biodiversità già minacciata dall’invasione di specie invasive come i pitoni birmani. Da settimane, il governatore DeSantis è sotto accusa per aver bypassato la normale revisione ambientale attraverso un decreto d’emergenza che consente di velocizzare la costruzione, ignorando le obiezioni del sindaco democratico di Miami-Dade, Daniella Levine Cava.
Storia e ambiente nell’area scelta
Il sito scelto per il centro di detenzione ha una storia particolare. Negli anni Sessanta, si progettava di costruire l’Everglades Jetport, un grande aeroporto per jet supersonici destinato a diventare tra i più grandi degli Stati Uniti. L’aeroporto avrebbe dovuto ospitare velivoli capaci di trasportare fino a mille passeggeri coast-to-coast. Il progetto, tuttavia, non andò mai a termine per gli impatti ambientali previsti, soprattutto riguardo il sistema idrico della zona. Solo una piccola parte dell’aeroporto venne utilizzata come pista di addestramento per piloti commerciali.
La decisione di usare quest’area per un centro di detenzione risveglia interrogativi sulle priorità dello Stato e sull’impatto ambientale. Associazioni come Friends of the Everglades hanno avviato cause legali contro il governatore DeSantis, evidenziando come la scelta possa compromettere risorse naturali fondamentali per tutta la Florida.
I numeri del sovraffollamento e il ruolo della federal emergency management agency
Il nuovo centro entra in funzione in risposta a un problema crescente: il sovraffollamento nelle strutture detentive per immigrati. Attualmente, il numero di persone rinchiuse supera quota 58mila, rispetto ai 39mila registrati all’inizio dell’era Trump. In Florida, alcune strutture, come il Krome Detention Center a Miami, hanno recentemente segnalato casi di malnutrizione e carenze nelle cure mediche.
Il governo sta cercando di ampliare la capacità con nuovi centri simili ad Alligator Alcatraz per rispondere alle pressioni politiche e agli obiettivi di espulsione fissati. Stephen Miller e Kristi Noem hanno annunciato target molto ambiziosi: 3.000 deportazioni al giorno, equivalenti a un milione all’anno, triplicando i numeri attuali del 2025.
La Federal Emergency Management Agency, ente federale per la gestione delle emergenze, ha offerto parte del finanziamento per il progetto. Noem ha sottolineato che la struttura aiuterà a contenere quelli definiti «i peggiori criminali» entrati negli Stati Uniti durante la passata amministrazione.
Il governatore DeSantis spera che altri stati adottino misure simili per costruire strutture di contenimento analoghe, accelerando così la capacità di contenere e gestire i flussi migratori irregolari.
Il contesto politico e sociale del nuovo centro di detenzione
L’apertura di Alligator Alcatraz fa parte di una strategia più ampia riguardante la gestione dell’immigrazione negli Stati Uniti, fortemente influenzata dalle politiche adottate negli ultimi anni. Il progetto rispecchia un clima di crescente repressione, con un uso intensificato delle strutture detentive per mantenere sotto controllo i flussi migratori.
L’attenzione mediatica e politica intorno a questi centri e alla rapida implementazione di nuovi siti rispecchia il desiderio del governo di dare l’impressione di un’azione concreta contro l’immigrazione irregolare. Al tempo stesso, questo approccio sta provocando tensioni con le comunità locali, le tribù indigene e gli ambientalisti, generando proteste e ricorsi legali.
La struttura, pur definita “temporanea”, rappresenta un segnale forte della direzione intrapresa dalle autorità federali e statali, con effetti destinati a ripercuotersi sui diritti dei migranti e sulla difesa di territori ecologicamente delicati come le Everglades.