Svolgere attività illecite legate al traffico di specie protette è un reato che sta scottando in diversi angoli del mondo. A dimostrarlo sono le sentenze del tribunale di Ancona, dove, a oltre quattro anni dalle indagini, due cittadini italiani sono stati condannati per il traffico di piante rare provenienti da Sud America. La questione tocca temi rilevanti come la biodiversità e la preservazione ambientale, in un contesto in cui la legalità è fondamentale per salvaguardare le specie a rischio di estinzione.
Il traffico di piante rare smascherato
Nel 2020, i Carabinieri Forestali avevano avviato un’operazione volta a smantellare un giro d’affari illegale nel traffico di piante rare costituito da diverse specie protette, incluse quelle con alto rischio di estinzione. I due imputati avevano estirpato centinaia di piante da paesi come Cile, Messico e Argentina, per poi importarle in Europa. Tra queste, la specie Copiapoa, tipica del deserto dell’Atacama, rappresenta un esempio significativo di queste rare piante. Il nome dell’operazione messa in atto dai carabinieri deriva proprio da questa pianta, il cui habitat è messo in ginocchio dalle azioni di traffici illeciti.
L’illecito approvvigionamento delle piante avveniva tramite spedizioni “postali” false, un modo per eludere i controlli di legge previsti dalla Convenzione Cites, che regola il commercio internazionale delle specie selvatiche. Il giro d’affari superava il milione di euro, camuffato dietro transazioni apparentemente innocue. L’indagine ha rivelato che a beneficiare di questo traffico c’erano oltre venti collezionisti e trafficanti, italiani e stranieri, attratti dalla rarità e dal valore di queste specie vegetali.
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La sentenza e le conseguenze legali
Il tribunale di Ancona ha emesso due condanne significative: una di 18 mesi di carcere e 25mila euro di ammenda, l’altra di 12 mesi e 18mila euro di ammenda. A queste sanzioni si aggiunge il pagamento di 4.500 euro per le spese legali, a carico dei due imputati. Tuttavia, la pena è stata sospesa, con la condizione che gli imputati versino 20mila euro all’Associazione per la Biodiversità e la sua Conservazione , parte civile nel processo, per risarcire il danno ambientale.
Quest’azione legale e la successiva sentenza sono non solo un valido riscontro all’impegno delle autorità, ma anche un passo importante verso la protezione legale delle specie a rischio. L’Abc ha espresso l’intenzione di utilizzare i fondi ricevuti per svolgere attività di conservazione e reintroduzione dei cactus in natura nel loro habitat cileno. Questo processo di risanamento volto a ripristinare l’equilibrio ecologico colpito da traffici illegali pubblicizza l’importanza di tutelare la biodiversità.
La voce dei legali e l’impatto sulla conservazione
Federico Lucariello, uno degli avvocati che ha seguito il caso con lo studio legale DLA Piper, ha commentato la sentenza come un importante precedente per la tutela dell’ambiente. La sua affermazione riguardo al ruolo centrale delle associazioni nella protezione della biodiversità mette in evidenza l’importanza della collaborazione tra enti pubblici e privati nel combattere i crimini ambientali.
La sentenza di Ancona ha messo in luce l’inevitabile connessione tra giustizia, ambiente e il valore delle associazioni che lavorano per la conservazione. I dati emersi dal processo dimostrano che le azioni di protezione ambientale possono trovare concretezza in tribunale, diventando un deterrente per futuri crimini di questo tipo. È necessario continuare a sensibilizzare l’opinione pubblica riguardo all’importanza della biodiversità e l’impatto negativo che traffici come quello smantellato hanno sul nostro pianeta.