Scoperta nel delta del nilo: riaffiora la città antica di emet con abitazioni e reliquie dal iv secolo a.C.

Scoperta nel delta del nilo: riaffiora la città antica di emet con abitazioni e reliquie dal iv secolo a.C.

Nel delta del Nilo, gli scavi a Tell el-Faraoun hanno rivelato la città di Emet con strutture abitative complesse, magazzini e un tempio dedicato alla dea Wadjet, arricchendo la conoscenza storica e religiosa della zona.
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Scoperta nel delta del Nilo, la città di Emet risalente al IV secolo a.C. rivela un insediamento urbano complesso con strutture abitative, magazzini e un importante tempio dedicato alla dea Wadjet, arricchendo la conoscenza della vita religiosa, sociale ed economica dell’epoca. - Gaeta.it

Nel cuore del delta del nilo, a circa 10 chilometri a sud di Tanis, sono emersi i resti di una città risalente al iv secolo a.C. a seguito di una campagna di scavi guidata da archeologi egiziani e britannici. La località, identificata con l’antica città di Emet, mostra segni di un insediamento urbano complesso, con strutture edilizie, magazzini e reperti che raccontano rituali religiosi legati alla dea cobra Wadjet. La scoperta arricchisce le conoscenze riguardo alla vita nel delta durante il periodo compreso tra il tardo antico e l’epoca romana.

La città di emet: ruolo e posizione nell’antico delta del nilo

Emet, nota anche come Imet nell’antico Egitto, era un centro amministrativo del 19° nomo della Bassa-Egitto situato nell’area che oggi corrisponde a Tell el-Faraoun, nel centro di Husseiniya. Questa città aveva una centralità religiosa importante, ospitando un tempio dedicato alla dea Wadjet, divinità protettrice del delta. L’area oggi scavata ha restituito tracce dell’assetto urbano di Emet, che si estendeva soprattutto sulla collina orientale del sito.

Il suo ruolo come capitale del nomo conferma l’importanza della città nelle dinamiche politiche e religiose della regione. La presenza di edifici a più piani, tipici del delta nel tardo periodo e nell’epoca romana, suggerisce una popolazione numerosa e un’organizzazione urbanistica strutturata. Le abitazioni scoperte, le cosiddette “case-torre”, rappresentano una tipologia edilizia diffusa in quest’area, ma rara nel resto d’Egitto. Queste costruzioni, con fondazioni spesse e solide, erano progettate per ospitare più nuclei familiari e sfruttare lo spazio verticalmente.

L’uso di magazzini e strutture secondarie indica anche attività economiche legate alla conservazione di cereali e all’allevamento. L’indagine archeologica ha dunque restituito un quadro di vita cittadina articolato, che coinvolge servizi abitativi, religiosi ed economici.

Tecniche e risultati degli scavi a tell el-faraoun

Gli archeologi hanno lavorato combinando osservazioni sul campo e tecnologia moderna come il telerilevamento, per mappare con dettagli la disposizione delle antiche strutture. La campagna, diretta dal dottor Nicky Nielsen dell’università di Manchester in collaborazione con l’università di Sadat City del Cairo, ha focalizzato le indagini sulla collina orientale di Tell el-Faraoun.

Nel corso degli scavi sono emerse concentrazioni consistenti di mattoni crudi, indicativi delle murature degli edifici residenziali, probabilmente risalenti alla prima metà del iv secolo a.C. Le “case-torre” qui individuate mostrano una struttura solida, verticalmente sviluppata, destinata ad ospitare numerose persone. Questa conformazione è una peculiarità regionale, ma poco diffusa altrove in Egitto.

Tra i vari edifici scoperti, sono stati identificati anche magazzini per il grano e strutture destinate a ricoveri per animali, elementi che rivelano il carattere multifunzionale dell’insediamento. Questi reperti raccontano una città piena di attività e con un’organizzazione capace di rispondere a esigenze abitative e di gestione risorse primarie.

Le tracce del culto e gli oggetti rituali nel tempio di wadjet

L’area sacra di Emet si trovava lungo una strada cerimoniale che collegava diversi edifici tra loro, in particolare il tempio della dea Wadjet. Durante gli scavi sono stati individuati resti consistenti di un percorso lastricato in pietra calcarea e due grandi colonne in mattoni crudi, probabilmente ricoperte da uno strato di intonaco colorato. Questa strada sembra essere stata abbandonata a metà del periodo tolemaico, segnalando un cambiamento nelle pratiche religiose o nell’uso del sito.

Il tempio di Wadjet subì vari restauri in epoche differenti: nel regno di Ramses II, successivamente sotto Ahmose II, fino all’utilizzo come cava durante il periodo achemenide. Tra i ritrovamenti più rilevanti figurano una fragmentaria statua ushabti in faïence verde, datata alla XXVI dinastia, e una stele di pietra che rappresenta il dio Horus in piedi su due coccodrilli, con in mano serpenti, sovrastata dall’immagine di Bes, divinità legata alla protezione domestica.

In aggiunta, è emerso un sistro in bronzo caratterizzato da teste della dea Hathor, rimasto intatto dall’epoca tardoantica. Questi oggetti evidenziano l’importanza di riti e simbologie legate alla religione locale, confermando la vita religiosa attiva nella città di Emet e il suo legame con divinità molto venerate nel delta del nilo.

Il valore storico della scoperta per la civiltà del delta

La messa in luce di Emet integra al racconto storico le trasformazioni sociali e urbane del delta nel IV secolo a.C., periodo di passaggio tra le fasi finali dell’antico Egitto e l’epoca tolemaica. Il ritrovamento di strutture abitative complesse, spazi dedicati allo stoccaggio e un articolato sistema religioso, amplia la comprensione delle comunità che vivevano in quella zona.

Questi elementi confermano la presenza di una città organizzata, capace di sostenere una popolazione densa e di mantenere viva la tradizione religiosa, nonostante i cambiamenti politici che attraversarono l’Egitto in quell’epoca. Le informazioni ricavate dagli scavi possono aiutare a ricostruire modelli di vita, economia e culto nel delta del nilo in un momento storico spesso poco conosciuto.

La collaborazione tra istituzioni egiziane e università straniere ha dimostrato quanto l’archeologia moderna, supportata da tecnologie come il telerilevamento, possa rivitalizzare luoghi dimenticati e fornire dettagli concreti sulla storia antica, rinnovando l’interesse verso un territorio ricco di testimonianze archeologiche.

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