L’Organizzazione del Trattato di Cooperazione Amazzonica ha chiuso il vertice di Bogotà con una dichiarazione comune che punta a rafforzare gli sforzi dei Paesi amazzonici in vista della Cop30, la Conferenza delle Nazioni Unite sul Clima, che si terrà a novembre 2025 a Belém, in Brasile. Tra i punti principali c’è la lotta alla deforestazione e nuove iniziative di collaborazione, ma non mancano le critiche per l’assenza di un divieto allo sfruttamento di petrolio e gas nella foresta.
La dichiarazione di Bogotà: impegni condivisi contro la deforestazione, ma senza stop al petrolio
La “Dichiarazione di Bogotà”, il documento finale del vertice Otca, traccia una serie di misure comuni per proteggere la foresta amazzonica. I Paesi coinvolti si impegnano a coordinare azioni contro la deforestazione, che continua a divorare ampie porzioni di foresta e ha pesanti ripercussioni sul clima. Tra le novità c’è la creazione di un fondo dedicato alla salvaguardia dei boschi tropicali, pensato per finanziare interventi di conservazione e riforestazione.
Un’altra iniziativa importante è l’istituzione di un meccanismo permanente di dialogo tra i membri, utile per coordinare meglio le politiche e le azioni sul territorio. Il documento riconosce inoltre il ruolo fondamentale dei popoli indigeni, invitandoli a partecipare attivamente alle decisioni. È prevista anche la creazione di un centro di intelligence ambientale a Manaos, nel nord del Brasile, che raccoglierà dati e monitorerà in tempo reale la deforestazione e altre minacce.
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Tutte queste proposte puntano a una maggiore collaborazione regionale, ma non prevedono restrizioni precise sull’estrazione di petrolio e gas nella foresta amazzonica.
Ambientalisti sul piede di guerra: manca il divieto allo sfruttamento degli idrocarburi
L’assenza di un chiaro divieto allo sfruttamento di idrocarburi ha scatenato le proteste delle associazioni ambientaliste. Gruppi come la coalizione “Amazzonia Libera da Combustibili Fossili” hanno espresso forte delusione, accusando i Paesi sudamericani di non aver affrontato con decisione il problema dell’estrazione petrolifera nella foresta.
Il presidente brasiliano Luiz Inácio Lula da Silva è finito nel mirino delle critiche. Da un lato è il padrone di casa e leader della Cop30, evento centrale per la lotta globale al cambiamento climatico. Dall’altro, però, non ha voluto mettere un freno all’espansione delle attività petrolifere in Amazzonia. Le Ong lo accusano di una leadership ambigua, perché il Brasile continua a incentivare nuove concessioni petrolifere nella regione. Questo doppio gioco potrebbe minare la credibilità della conferenza di novembre.
Anche Ecuador, Perù e Venezuela hanno detto no a un divieto sulle attività di idrocarburi, bloccando così un accordo unanime su questo tema nel documento finale. La questione resta aperta ed è uno dei nodi chiave dei negoziati sul futuro della più grande foresta del mondo.
Otca, il ruolo chiave nel coordinare la regione in vista della Cop30
L’Organizzazione del Trattato di Cooperazione Amazzonica riunisce i Paesi amazzonici con l’obiettivo di coordinare politiche di sviluppo sostenibile e tutela ambientale. Con la Cop30 alle porte, Otca gioca un ruolo centrale nel definire strategie comuni per fermare la deforestazione, che contribuisce all’aumento dell’effetto serra e al riscaldamento globale.
Il vertice di Bogotà rappresenta un passo avanti nella collaborazione politica e tecnica. L’attenzione verso il fondo per i boschi tropicali e il coinvolgimento diretto degli indigeni mostrano la volontà di dare strumenti concreti a chi vive e protegge la foresta. Il nuovo centro di intelligence ambientale a Manaos sarà una risorsa preziosa per raccogliere dati aggiornati e monitorare meglio la situazione e le minacce all’Amazzonia.
Queste mosse fanno parte della preparazione della Cop30, un evento decisivo soprattutto perché si svolge in Brasile, dove si trova la parte più estesa della foresta. Il Paese, in quanto ospite, ha la responsabilità di mostrare risultati concreti e un impegno vero. Ma il bilanciamento tra sviluppo economico e tutela ambientale resta un tema delicato e controverso.
Con la dichiarazione di Bogotà, però, non è arrivato un segnale chiaro sulla fine dell’estrazione di petrolio e gas. Una scelta che divide e lascia aperti molti dubbi sul futuro dell’Amazzonia. Nei prossimi mesi si capirà se questi impegni si tradurranno davvero in azioni vincolanti alla conferenza di Belém.