L’Italia post-unitaria ha dovuto non solo costruire una nazione, ma anche creare un’immagine capace di attrarre visitatori da tutto il mondo. Prima dell’epoca moderna, il viaggio nel Bel Paese era un’esclusiva di aristocratici e intellettuali europei, che ammiravano le rovine antiche e i paesaggi mediterranei. A partire dalla seconda metà dell’Ottocento, con l’apertura di linee ferroviarie e lo sviluppo di nuove infrastrutture, l’Italia iniziò a trasformarsi in una meta turistica accessibile e desiderata. Questa trasformazione ebbe un volto preciso nella produzione e diffusione dei manifesti promozionali, veri e propri mezzi per presentare e vendere il Paese a viaggiatori di ogni tipo.
Il contesto storico e la nascita del turismo di massa in italia
Dopo il 1861, l’idea di “fare gli italiani” si estese anche alla costruzione di una figura collettiva capace di rappresentare il nuovo Stato in un’ottica turistica. Fino a quel momento, solo pochi potevano compiere il Grand Tour attraverso città d’arte come Roma, Firenze o Venezia, o godere del clima e dei paesaggi del Sud. La diffusione delle ferrovie ebbe un ruolo cruciale, collegando città e località minori, e aprendo scenari fino a poco prima impensabili. Insieme alle infrastrutture crebbero anche alberghi, terme e stabilimenti balneari. Nasce così un fenomeno economico nuovo, l’industria del turismo, legata alla valorizzazione delle risorse naturali, storiche e culturali italiane.
Questo periodo coincise con la nascita di un marketing turistico moderno che si avvalse della grafica e dell’illustrazione per avvicinare il pubblico. Iniziarono a circolare manifesti, opuscoli e cartoline dedicate a luoghi emblematici dalle Alpi alla Sicilia. Il turismo smise di essere solo un privilegio, diventando una componente importante anche per le economie locali e nazionali. A dare testimonianza di questo sviluppo è la mostra Visitate l’Italia!, allestita a Torino a Palazzo Madama, dove si racconta la storia di queste campagne promozionali attraverso centinaia di materiali originali.
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Dal paesaggio romantico alla promozione dello stile di vita attivo
I primi manifesti turistici spesso raffiguravano panorami naturali e scorci maestosi, puntando sull’incanto dei luoghi. Le Dolomiti e le Alpi occidentali furono le protagoniste delle prime immagini pubblicitarie. Queste affissioni attraevano viaggiatori tramite scene di montagna sognanti, colori delicati e atmosfere romantiche. Nel tempo, cambia però l’approccio comunicativo. Dagli anni Venti agli anni Quaranta, la pubblicità promuove le vacanze come esperienze di movimento e salute. Il turismo si trasforma: non si tratta più solo di ammirare, ma di vivere il luogo attraverso sport e attività all’aria aperta.
A testimonianza di questo passaggio restano manifesti come quello del 1910 di Filippo Omegna per Gressoney, con rappresentazioni naturali e tranquille, e quelli di Gino Boccasile del 1940, in cui sulle montagne della Val d’Aosta appaiono donne abbronzate, simbolo di vitalità e benessere. Dietro queste immagini ci sono illustratori di talento, chiamati a catturare in modo immediato e d’impatto l’essenza del viaggio italiano. Erano capaci di fondere arte e pubblicità, trasformando ogni manifesto in un invito a scoprire un’esperienza specifica.
I grandi nomi dell’illustrazione applicata al turismo e le prime campagne
Nei primi decenni del ‘900, l’arte dell’affissione turistica attirò illustratori importanti. Il triestino Marcello Dudovich creò nel 1902 un manifesto per le terme di Porretta che coniugava charme e fascino femminile, richiamando lo stile pittorico di artisti come Ingres. Nel 1922, tra sogno e fantasia, un suo manifesto per la stagione balneare di Rimini giocava con elementi marini in una scena immaginifica. Leonetto Cappiello fu chiamato a promuovere Portofino realizzando immagini vivaci e riconoscibili, mentre Mario Borgoni offrì scorci suggestivi di Amalfi e Sorrento.
Un dato che spesso sorprende è l’iniziale marginalità della città di Venezia come meta turistica: i primi manifesti focalizzavano l’attenzione soprattutto sul Lido, luogo di villeggiatura e terme, piuttosto che sulla città storica stessa. In quel periodo nasceva un turismo rivolto a un pubblico agiato, che cercava il lusso di grandi alberghi in zone come Stresa e la Liguria, le ville sul mare di Capri e le cure termali per disturbi che oggi definiremmo psicofisici. La grafica pubblicitaria si intrecciava con questo contesto e aiutava a costruire un immaginario specifico, basato su eleganza e benessere.
L’impatto dell’ente italiano per il turismo e la diffusione capillare dei manifesti
La fondazione dell’Ente italiano per il turismo, l’Enit, nel 1919 segnò una svolta decisiva nel modo di mostrare il paese al mondo. L’ente avviò una partnership con le Ferrovie dello Stato, che permisero di lanciare campagne promozionali attraverso la produzione di manifesti su larga scala. Nel corso dei primi nove anni furono realizzati oltre 547mila manifesti, distribuiti in Italia e all’estero. Questi materiali svolsero un ruolo chiave nel fissare e consolidare l’identità culturale dei singoli luoghi, combinando elementi visivi e simbolici capaci di impressionare il pubblico.
Negli anni Venti il turismo cominciò a generare un giro d’affari significativo: i visitatori italiani e stranieri superarono il milione ogni anno e gli introiti raggiunsero somme ingenti in lire dell’epoca. L’espansione del settore fu sostenuta da questa promozione capillare che trasformava località conosciute e nascenti mete in destinazioni capaci di attrarre flussi sempre più numerosi. Molti di questi spazi turistici, così come le loro rappresentazioni pubblicitarie, continuano a popolare la memoria collettiva sugli italiani e gli stranieri.
L’immagine dell’Italia così costruita, pur con le inevitabili trasformazioni, ha continuato a influenzare anche la percezione moderna del Paese. Manifesti e campagne pubblicitarie dei primi decenni del Novecento hanno lasciato tracce profonde, divenendo parte delle storie di città, regioni e luoghi che ancora oggi accolgono milioni di visitatori da ogni parte del mondo.