Il G7 di Kananaskis tra tensioni mediorientali e incertezze su trump

Il G7 di Kananaskis tra tensioni mediorientali e incertezze su trump

Al vertice del G7 a Kananaskis, i leader europei discutono la crisi tra Israele e Iran, mentre l’incertezza sulle posizioni di Donald Trump complica le strategie comuni e spinge l’Europa verso maggiore autonomia.
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Il vertice del G7 a Kananaskis si svolge tra tensioni globali, con i leader europei che cercano una risposta unitaria alla crisi Israele-Iran, mentre l'incertezza sulle posizioni di Donald Trump complica le trattative. - Gaeta.it

Il vertice del G7 si svolge nel Pomeroy Kananaskis Mountain Lodge, immerso nelle montagne rocciose canadesi, in un clima segnato da tensioni globali e dall’incertezza sulle mosse del presidente Donald trump. I leader europei, chiamati a gestire una crisi internazionale improvvisa tra Israele e Iran, si confrontano in incontri informali fuori dall’agenda ufficiale per cercare un’intesa. In questa cornice si inserisce il nodo della posizione americana, che pesa sulle decisioni comuni.

Il clima del vertice: tensione e attesa a kananaskis

Nel resort di Kananaskis, la presenza dei leader del G7 si mescola a un’atmosfera quasi da veglione invernale, dove il dialogo informale assume grande importanza. Giorgia meloni, Keir Starmer, Friedrich Merz ed Emmanuel Macron si trovano spesso nel bar del lodge per discutere prima degli incontri formali, cercando di costruire una linea comune in fretta. La situazione si presenta confusa soprattutto perché trump arriva per ultimo e il suo ruolo domina ogni confronto.

L’attesa riguarda soprattutto le posizioni dell’ex presidente degli Stati uniti, la cui apparizione si fa aspettare ma condiziona ogni trattativa. I leader europei, alle prese con questa emergenza mediorientale, tentano di arginare la frammentazione delle risposte e di evitare che le dichiarazioni poco lineari del tycoon spostino gli equilibri. Le montagne rocciose che circondano il lodge fanno da sfondo a un summit carico di tensioni e incertezze.

La reazione europea agli eventi in medio oriente

Gli ultimi tre giorni hanno sconvolto i piani dei leader al G7. Un conflitto improvviso tra Israele e Iran ha costretto a una mobilitazione rapida e a una riflessione condivisa sulle strategie per fronteggiare la crisi. Da una parte, gli attacchi israeliani e la controffensiva iraniana hanno aumentato la preoccupazione per una possibile escalation regionale. Dall’altra, le dichiarazioni di trump hanno aggiunto confusione sull’orientamento americano.

Emmanuel Macron ha respinto l’ipotesi, suggerita da trump, di coinvolgere Vladimir Putin nella mediazione tra Teheran e Tel Aviv. Per il presidente francese, affidare a Putin quel ruolo significherebbe legittimare la sua influenza a scapito di Volodymyr Zelensky, ospite previsto al vertice e simbolo della resistenza ucraina. Giorgia Meloni, invece, ha mantenuto una posizione più cauta. Non ha preso pubblicamente una direzione chiara, preferendo sondare le intenzioni di trump e capire se le sue proposte siano serie o solo provocazioni.

In questa fase di grande incertezza i leader europei hanno scelto di intensificare i colloqui bilaterali, per definire una risposta condivisa. Meloni ha parlato con Merz e Starmer, confrontandosi su punti come il blocco del programma nucleare iraniano, la difesa di Israele e la necessità di evitare una guerra allargata. L’obiettivo comune è riportare rapidamente le parti al tavolo negoziale, prima che il conflitto sfugga a ogni controllo.

Il ruolo ambiguo di trump e la posizione dei partner

L’incognita che pesa di più sul vertice riguarda proprio Donald trump. I leader vogliono capire se trump appoggerà senza riserve Netanyahu e le azioni militari israeliane, o se invece cercherà di moderarle per favorire un negoziato in cui l’Iran esca indebolito ma ancora presente. Le parole di trump, anche nelle ultime ore, hanno manifestato posizioni contrastanti, dal sostegno alla fermezza militare alla proposta di ridurre le tensioni.

In un contesto così fluido, l’atteggiamento degli alleati europei si fa più deciso nel difendere una linea che escluda scelte estreme e che punti a evitare un allargamento del conflitto. Friedrich Merz ha anticipato una strategia basata su una serie di punti chiari: impedire a Teheran la bomba atomica, garantire la sopravvivenza di Israele, ottenere un cessate il fuoco rapido, riaprire i contatti diplomatici. Keir Starmer ha aggiunto la richiesta di nuove sanzioni contro la Russia, la cui alleanza con l’Iran aumenta il rischio di una crisi ancora più grave.

Le divergenze tra trump e i partner europei emergono in modo netto. Macron ha già espresso dubbi sull’appoggio statunitense a misure dure contro Mosca. Meloni segue con attenzione gli sviluppi, pronta a esprimere la propria posizione anche in funzione del consenso diplomatico che si va formando.

Tensioni tra europa, russia e la ricerca di autonomia strategica

L’Europa si trova a gestire un equilibrio complicato nel confronto con Russia e Iran. La proposta di far entrare Putin come mediatore nel conflitto mediorientale incontra una netta opposizione dal blocco occidentale, che vede in questa ipotesi un rischio per la credibilità di Zelensky e un indebolimento dell’unità contro la Russia.

La richiesta di duri provvedimenti verso Mosca arriva soprattutto dal Regno Unito, con Starmer che spinge per nuove sanzioni da applicare rapidamente. Questa linea trova consensi tra i leader europei, anche se l’appoggio di trump al riguardo rimane incerto. La discussione si sposta così anche sul piano del più ampio confronto geopolitico che lega lo scacchiere mediorientale, l’egemonia russa e la posizione degli Stati uniti.

La prospettiva di un’Europa che assuma un ruolo più indipendente in politica estera e di difesa torna a emergere, per contenere le spinte provenienti dagli alleati tradizionali e per gestire situazioni complesse senza dover attendere l’input americano. La sessione di lavoro dedicata a queste tematiche vedrà protagonisti anche gli incontri con i rappresentanti della Nato, con l’obiettivo di definire nuovi target per la spesa militare.

Il vertice di Kananaskis è uno snodo cruciale per definire il ruolo delle capitali europee davanti alle crisi mondiali, in un momento segnato da elevata imprevedibilità e da equilibri in rapido mutamento. La vigilanza e la capacità di coordinamento rimangono messe alla prova, mentre le montagne rocciose osservano silenziose il destino dei negoziati in corso.

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