Arresti per corruzione all'ambasciata italiana in Bangladesh: l'inchiesta sui visti di ingresso

Arresti per corruzione all’ambasciata italiana in Bangladesh: l’inchiesta sui visti di ingresso

Un’inchiesta della Guardia di Finanza ha rivelato un sistema di corruzione per il rilascio di visti in Italia, coinvolgendo funzionari pubblici e cittadini bengalesi, con arresti significativi a Dacca.
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Arresti per corruzione all'ambasciata italiana in Bangladesh: l'inchiesta sui visti di ingresso - Gaeta.it

Un’inchiesta giudiziaria ha svelato un complesso sistema di corruzione legato al rilascio di visti di ingresso per l’Italia, coinvolgendo funzionari pubblici e cittadini bengalesi. La Guardia di Finanza ha eseguito arresti di rilievo, con due dipendenti della Farnesina sorpresi in flagranza di reato, in risposta a denunce che hanno rischiarato le pratiche illecite operative presso l’ambasciata italiana a Dacca. Questo episodio mette in luce un fenomeno inquietante: il giro d’affari legato ai permessi di soggiorno, che ha gravemente inciso sulle vite dei migranti.

L’operazione della Guardia di Finanza e gli arresti

La questione ha preso piede con l’arresto di due funzionari dell’ambasciata italiana in Bangladesh, i quali ora si trovano agli arresti domiciliari. Parallelamente, due cittadini bengalesi, Nazrul Islam e Hossain Baleyet Patwari, sono stati portati in carcere per l’accusa di corruzione e favoreggiamento dell’immigrazione clandestina. Le indagini della Procura di Roma hanno rivelato un sistema ben consolidato, dove i cittadini bengalesi cercavano di ottenere visti in cambio di cifre enormi, che variavano dai 7.000 ai 15.000 euro a permesso.

La sospetta collusione di alcuni funzionari dell’amministrazione, i quali avrebbero facilitato le pratiche in cambio di denaro, ha suggerito l’esistenza di una rete complessa. Gli inquirenti hanno evidenziato come l’attività di corruzione si fosse allargata a diverse figure imprenditoriali italiane, pronte a inoltrare domande di assunzione fittizie per giustificare l’ingresso dei migranti. L’intreccio tra questi attori ha così permesso che decine di migranti potessero entrare illegalmente nel paese, la cui dimensione esatta è ancora in fase di stima.

Dettagli sull’attività di corruzione

Documenti giudiziari riportano dettagli inquietanti sulla modalità operativa degli arrestati. I due bengalesi, Islam e Patwari, avrebbero non solo intascato cifre elevate, ma avrebbero anche beneficiato di un’ampia rete di contatti tra gli imprenditori locali. Questi ultimi, disposti a farsi carico di false richieste di assunzione, rendevano possibile il progetto di inserimento di migranti attraverso canali ufficiali, ma fraudolenti. L’accusa ha descritto l’operato del funzionario Albergo, il quale aveva “venduto” la propria posizione all’interno del settore visti, creando un giro d’affari cospicuo, sfruttando così la vulnerabilità economica dei migranti.

Ulteriori evidenze hanno mostrato che Albergo richiedeva ai suoi interlocutori regalini come iPad e telefonini, in cambio di favori e facilitazioni. Anche viaggi in posti esclusivi sembrerebbero rientrare tra le compensazioni richieste dal funzionario, segnalando un clima di corruzione e abuso di potere che andava ben oltre l’accettabile.

La denuncia che ha portato all’inchiesta

Il caso è stato svelato grazie alla segnalazione di Andrea Di Giuseppe, deputato di Fratelli d’Italia eletto all’estero. Dopo essere stato avvicinato da Islam, il deputato ha registrato conversazioni compromettenti, dando avvio a un’inchiesta intensa da parte della Procura. Questo gesto ha attivato un’analisi approfondita delle richieste di visto e delle procedure di rilascio, che ha svelato la rete di corruzione in corso.

Le operazioni illecite sembrano avere radici approfondite, con segnali di attività sporche anche nelle Prefetture, dove i nulla osta vengono normalmente emessi. Qui, le indagini rivelano un sistema di tangenti a carico di dipendenti pubblici, ulteriormente complesso, che ha spinto il governo a prodigarsi per garantire che tali pratiche non solo vengano interrotte ma anche prevenute in futuro.

Un fenomeno persistente e allarmante

L’analisi delle indagini ha rivelato che il sistema di corruzione si è sviluppato per diversi anni, con evidenti tracce di attività illecita almeno dal 2019 fino al 2022. I magistrati hanno sottolineato l’allarmante associazione di nomi e ruoli pubblici al giro d’affari legato all’immigrazione. Le relazioni costruite da uno dei bengalesi arrestati, evidenziano come fosse in grado di seminare risorse e collegamenti, sfruttando la propria conoscenza delle normative e, al contempo, delle persone da contattare per ottenere favori.

Un tale scenario non solo solleva interrogativi su come venga gestito il sistema d’immigrazione, ma mette in evidenza la vulnerabilità dei migranti in cerca di una vita dignitosa. Un ciclo potenzialmente pericoloso che mostra come la corruzione possa minare le istituzioni, esacerbando le difficoltà economiche di chi cerchi nel nostro Paese una nuova opportunità attraverso canali ufficiali.

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