Il 17 settembre si avvicina: la Cassazione deciderà sul ricorso di Giovanni Padovani, ex fidanzato condannato all’ergastolo per l’omicidio di Alessandra Matteuzzi. Sono passati tre anni da quel femminicidio che ha scosso Bologna e riacceso il dibattito sulla violenza contro le donne in Italia. Alessandra, 56 anni, è stata aggredita mortalmente vicino a casa mentre parlava al telefono con la sorella. I suoi cari chiedono che la condanna venga confermata senza attenuanti.
L’ultimo drammatico momento e il ricordo di Alessandra
Alessandra Matteuzzi è stata uccisa vicino alla sua abitazione a Bologna, lasciando un dolore profondo nella comunità. Al momento dell’aggressione, stava parlando al telefono con la sorella Stefania. Poco prima di morire, Alessandra disse con voce calma: “Dany hai bisogno?”, e quando la sorella rispose “No grazie Ale, ho quasi finito anche io…”, Alessandra replicò: “Bene, allora vado dalla mia mamma, ci vediamo domani”. Quel “domani” non è mai arrivato.
La migliore amica di Alessandra, Daniela Stanzani, ha voluto ricordarla pubblicamente a tre anni di distanza. Su Instagram ha espresso incredulità per quanto accaduto, sottolineando il peso della relazione con Giovanni Padovani, definendo “un inferno” il periodo vissuto da Alessandra accanto a lui fino al tragico epilogo.
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Il processo a Giovanni Padovani e le contestazioni della difesa
Giovanni Padovani è stato condannato all’ergastolo in secondo grado per omicidio pluriaggravato. Ha sempre negato le accuse, e la difesa ha avanzato l’ipotesi che disturbi psichici possano aver influito sul suo comportamento durante il delitto. Queste affermazioni hanno suscitato indignazione tra amici e familiari, che rifiutano ogni attenuante.
Nel ricorso in Cassazione, previsto per il 17 settembre, si discuterà della conferma della condanna e delle questioni sollevate dalla difesa. Le parole del legale, secondo cui il reo potrebbe non essere stato “protagonista dell’azione ma trasportato”, sono state giudicate offensive e irrispettose nei confronti della memoria di Alessandra e del dolore dei suoi cari.
Il femminicidio di Alessandra Matteuzzi e il suo significato a Bologna
La morte di Alessandra Matteuzzi si inserisce in un quadro più ampio di femminicidio e violenza domestica in Italia. Il suo caso ha evidenziato le difficoltà e i rischi che affrontano molte donne in relazioni abusive. Bologna, come altre città, è chiamata a riflettere sulle misure necessarie per prevenire simili tragedie.
La famiglia di Alessandra ha scelto di non organizzare manifestazioni pubbliche per il terzo anniversario, preferendo un ricordo raccolto. Le parole della sorella e dell’amica mostrano quanto la vicenda resti una ferita aperta e quanto sia importante mantenere alta l’attenzione sulla violenza contro le donne. Tutti chiedono che la giustizia faccia il suo corso senza sconti, per evitare il ripetersi di simili drammi.
A Bologna, le iniziative per la prevenzione della violenza sulle donne proseguono con il sostegno di associazioni e realtà locali, attraverso campagne e progetti di sensibilizzazione. La storia di Alessandra continua a essere un monito, invitando a riflettere sulle conseguenze di comportamenti che, se ignorati, possono portare a tragedie.
Questi tre anni hanno alternato speranze e attese legali, mentre la memoria di Alessandra Matteuzzi resta viva tra chi l’ha conosciuta e amata. Il 17 settembre segnerà un nuovo capitolo giudiziario in questa vicenda ancora aperta a Bologna.