l’università della california continua a vivere giorni di tensione e divisioni, con accuse di antisemitismo che coinvolgono studenti, docenti e personale. nei mesi scorsi, i vertici di diversi atenei del sistema UC hanno consegnato al governo federale una lista di circa 160 persone sospettate di avere legami con proteste contro la guerra a Gaza e critiche all’amministrazione Trump. la vicenda apre un dibattito sul rispetto della privacy e sulla libertà di espressione nel mondo accademico. contemporaneamente, il consiglio di amministrazione del sistema UC ha autorizzato l’incremento delle armi in dotazione alla polizia presente in cinque campus, suscitando ulteriori preoccupazioni.
la storia di berkeley tra attivismo e restrizioni governative
Berkeley, storicamente una delle università più simboliche dei diritti civili negli Stati Uniti, ospita da decenni un clima di vivace partecipazione politica. il free speech movement del 1964 segna un momento cruciale, quando gli studenti si opposero alle restrizioni sulle attività politiche nei campus, spingendo verso un’avanzata libertà di parola nelle università americane. questo spirito di protesta si consolidò negli anni successivi con grandi mobilitazioni contro la guerra del Vietnam, culminate nelle tragiche repressioni del 1969.
il centro di tante battaglie per la libertà e la giustizia sociale si ritrova ora a dover affrontare una nuova fase di conflitti interni, paradossalmente legata alla richiesta delle autorità federali di identificare persone sospettate di antisemitismo. questa accusa coinvolge anche figure di rilievo come la filosofa Judith Butler, la quale ha dichiarato che “la comunicazione delle liste è stata fatta senza dare ai diretti interessati la possibilità di conoscere i dettagli di tali accuse, definendo il gesto come un ritorno alle pratiche del maccartismo.”
lo scambio di informazioni tra Berkeley e il governo alimenta un clima di sfiducia tra studenti e docenti. la sensazione diffusa è che il rispetto delle garanzie procedurali sia stato sacrificato a favore di scelte politiche, rompendo l’eredità di libertà e tutela dei diritti cara all’ateneo.
le richieste del governo Trump e la risposta dei docenti del sistema UC
oltre a Berkeley, quattro altri atenei del sistema universitario della California sono stati coinvolti in richieste simili da parte dell’amministrazione repubblicana. in primavera 2024, dopo alcune occupazioni di campus, Washington ha chiesto i nomi di docenti e studenti ritenuti legati a manifestazioni contro l’antisemitismo e decisioni politiche su Israele. l’amministrazione centrale del sistema UC ha consegnato a Washington quasi 200 nomi completi di dati personali.
tra i nomi coinvolti potrebbe esserci anche quello di Claudio Fogu, docente a Santa Barbara e tra i promotori delle proteste contro i finanziamenti e sostenitore del boicottaggio di Israele. il suo ruolo nel consiglio dei docenti lo ha portato a partecipare attivamente alla difesa delle occupazioni e delle azioni di protesta contro l’amministrazione di Trump. le azioni legali contro il governo e l’ateneo vero in corso cercano di far luce sulle richieste inopportune e sulla mancata trasparenza dell’università sui dati forniti a Washington.
un caso simile è emerso all’università della california, los angeles , dove il governo ha proposto un accordo che prevedeva multe elevate per accuse di antisemitismo. tra le richieste del governo figuravano condizioni stringenti come il rigetto di studenti stranieri con idee “anti-occidentali”, la pubblicazione di dati dettagliati su studenti e personale divisi per razza e la negazione del riconoscimento delle identità transgender. la trattativa ha sollevato molte polemiche per il suo impatto sulle libertà accademiche e personali.
L’ampliamento dell’arsenale della polizia universitaria e il clima di sicurezza nei campus
il consiglio di amministrazione del sistema UC ha approvato la richiesta di cinque atenei – Los Angeles, Irvine, Santa Barbara, San Diego e San Francisco – di incrementare le scorte di armi e munizioni per la polizia universitaria. l’ultimo caso riguarda specialmente San Diego, dove la polizia ha chiesto ben 5.000 proiettili per fucili calibro 5,56 millimetri. a Irvine, la richiesta si concentra su 1.500 munizioni “pepper-ball”, utilizzate per il controllo delle folle e la difesa non letale.
l’idea di intensificare i mezzi della polizia nei campus in un momento di tensione politica e sociale ha aperto una discussione sul ruolo delle forze dell’ordine all’interno degli ambienti universitari. la dotazione maggiore a San Diego evidenzia un’attenzione accresciuta alla sicurezza, mentre la scelta di munizioni non letali a Irvine sembra mirata a fornire agli agenti strumenti per gestire manifestazioni o potenziali disordini senza uso di armi da fuoco tradizionali.
il clima ai campus del sistema UC rimane teso. le misure adottate riflettono una risposta diretta all’aumento delle attività di protesta e alle preoccupazioni per la sicurezza, ma sollevano interrogativi sul bilanciamento tra protezione e rispetto delle libertà civili nel contesto accademico californiano.