Questa mattina, davanti all’aeroporto di Olbia, decine di attivisti da tutta la Sardegna e alcune delegazioni dalla penisola si sono radunati per protestare contro un volo in arrivo da Tel Aviv. Negli ultimi tempi, quel volo ha portato spesso turisti israeliani in Gallura ed è diventato il centro di una mobilitazione da parte di gruppi pro Palestina e dell’Anpi Gallura. La manifestazione è stata pacifica, ma i messaggi politici erano chiari e l’atmosfera piuttosto tesa.
Presidio pacifico con bandiere e slogan davanti all’aeroporto
Alla protesta hanno partecipato attivisti di diverse associazioni impegnate nella causa palestinese, insieme a rappresentanti locali dell’Anpi Gallura. Hanno sventolato bandiere palestinesi e tante bandiere arcobaleno, simbolo di pace, scandendo slogan come “Free Free Palestine” e “A fora dae sa Sardinia” — che in sardo significa “Fuori dalla Sardegna”. Dietro a questi cori, la volontà di contestare l’arrivo di cittadini israeliani, che tra i manifestanti venivano indicati come riservisti dell’esercito israeliano e non semplici turisti.
Il presidio si è svolto nelle aree attorno all’aerostazione, con un clima di tensione tenuto sotto controllo grazie alla presenza massiccia delle forze dell’ordine. Polizia di Stato e altre forze di sicurezza erano schierate in forze, pronte a evitare scontri o disordini. L’obiettivo della protesta era chiaro: denunciare il presunto coinvolgimento militare degli ospiti sull’isola e chiedere alle autorità sarde di prendere una posizione netta.
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Gli attivisti hanno ribadito più volte che quel volo non portava semplici vacanzieri, ma riservisti chiamati dalla zona di Tel Aviv. Hanno denunciato l’uso della Gallura come una “terra di conquista”, collegandolo al conflitto in corso tra Israele e Palestina e puntando il dito contro le autorità israeliane accusate di genocidio.
Il messaggio era forte e chiaro: “Vogliamo la Palestina libera e vogliamo far sentire il nostro no a chi sta compiendo un genocidio”. Questa posizione è il cuore della protesta, che va oltre la politica e punta a influire sull’accoglienza dei visitatori legati al turismo, soprattutto nei resort di lusso. Proprio nei giorni scorsi, manifestazioni simili si erano svolte davanti a un noto resort di Santa Teresa Gallura dove erano attesi turisti israeliani.
Azioni simboliche prima e dopo la manifestazione di Olbia
Nei giorni precedenti, gli stessi gruppi avevano fatto sentire la loro voce con contestazioni davanti a resort frequentati da turisti israeliani. La protesta ha toccato anche la Costa Smeralda: una roccia lungo la provinciale da Olbia a Porto Cervo è stata imbrattata con vernice rossa, un segnale provocatorio contro la presenza di quei visitatori.
Queste iniziative fanno parte di una mobilitazione portata avanti da attivisti sardi e da altri arrivati dalla penisola, con l’obiettivo di mettere pressione e farsi vedere dalle istituzioni locali. Le proteste non sono mai sfociate in violenza, restando pacifiche ma decise, con un forte valore simbolico e politico. Il confronto si è svolto tra ordine pubblico e diritto di manifestare, in modo netto.
Fogli di via per alcuni attivisti: le reazioni
Poche ore dopo la manifestazione, diversi partecipanti hanno ricevuto un foglio di via obbligatorio dal Comune di Olbia, che vieta loro di restare in città per un anno. La misura riguarda persone che avevano preso parte al presidio pacifico del 31 agosto. L’amministrazione ha motivato il provvedimento con ragioni di ordine pubblico, anche se durante la protesta non sono stati contestati reati specifici.
L’avvocata Giulia Lai, che difende alcuni degli attivisti coinvolti, ha criticato la decisione, definendola troppo restrittiva. Ha spiegato che i fogli di via si basano solo sulla partecipazione a una manifestazione pacifica dove è stata esposta la bandiera palestinese. Nessuno di loro è considerato pericoloso secondo la legge. L’avvocata ha già annunciato che presenterà ricorso, sostenendo che le norme sono state usate in modo improprio.
Il caso di Olbia riapre così un dibattito importante sui limiti della libertà di manifestare e sull’uso degli strumenti amministrativi in momenti di tensione politica. Qui, in Sardegna, si fa sempre più difficile trovare l’equilibrio tra sicurezza e diritto alla protesta civile nel 2025.