Latina, “Ho vent’anni e già mi sento in ritardo”: la generazione Z chiede tempo

Latina, “Ho vent’anni e già mi sento in ritardo”: la generazione Z chiede tempo

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Tra università, lavori precari e sogni bloccati dall’ansia, i giovani pontini raccontano la fatica di crescere in un presente senza certezze.

“Ho vent’anni e mi sembra già tardi per tutto.” Lo dice Alice, universitaria e cameriera in un bar del centro, mentre scrolla TikTok tra un turno e l’altro, combattendo il vuoto che resta quando si spegne lo schermo. A Latina come ad Aprilia, a Terracina come a Cisterna, c’è una generazione intera che si sente fuori tempo, come se la vita chiedesse troppo, troppo in fretta.

L’ansia non è solo uno stato emotivo: è un rumore di fondo costante. È il confronto continuo con immagini di successo precoce, corpi perfetti, lavori brillanti. È la paura di non valere abbastanza, di non fare abbastanza, di non riuscire a costruire niente, nemmeno un domani incerto.

E in questa provincia – apparentemente tranquilla, ma segnata da precarietà, fuga di talenti e scarse opportunità – questa inquietudine trova un’eco sempre più forte.

I numeri che raccontano un disagio vero (non una moda)

Secondo il Censis, il 68% dei giovani italiani tra i 18 e i 30 anni vive frequenti stati di ansia o disorientamento. L’OMS parla di un aumento del 25% dei disturbi depressivi tra gli under 30 in Europa. A Latina, i dati dell’ASL segnalano un incremento del 40% nelle richieste di supporto psicologico da parte di giovani solo nell’ultimo biennio. Un dato che spaventa, ma che non sorprende chi lavora nelle scuole.

“I ragazzi non chiedono solo aiuto per i voti o per problemi in famiglia. Parlano di vuoto, di aspettative impossibili, di un mondo che corre e non aspetta,” racconta una psicologa di un liceo di Latina. Sportelli d’ascolto ci sono, ma non bastano. Troppi ragazzi arrivano quando stanno già crollando.

“Mi sembrava di recitare una parte ogni giorno, di dover essere brillante, determinata, felice. Poi ho mollato,” dice Valeria, 22 anni, che ha lasciato l’università per fermarsi. “Avevo bisogno di capire chi sono, ma nessuno ti insegna come si fa”.

Essere giovani a Latina nel 2025: tra velocità e senso di vuoto

Chi ha parlato di fragilità generazionale forse non ha mai ascoltato davvero. Non è fragilità, è lucidità. Lo dice Matteo, 25 anni, neolaureato in economia: “Ti guardi intorno e ti senti già fuori tempo massimo. Come se a 25 anni dovessi aver fatto qualcosa di eccezionale. E invece magari hai solo voglia di respirare”.

A Latina i luoghi per i giovani ci sono, ma spesso mancano spazi di ascolto veri. Le piazze, le biblioteche, i bar, le palestre sono pieni di ragazzi che portano dentro domande più grandi di loro, senza strumenti per affrontarle. Eppure, la generazione Z non chiede tutto e subito, solo un po’ di spazio per esistere senza pressioni, per costruirsi anche nel dubbio.

Alcuni Comuni hanno avviato progetti di educazione emotiva nelle scuole, in collaborazione con cooperative sociali. Ma il personale è insufficiente, e il sostegno arriva spesso solo nei momenti di emergenza, quando ormai è troppo tardi per prevenire.

“Ci serve qualcuno che ci aiuti prima di stare male. Che ci insegni a capire chi siamo, non solo a rispondere a interrogazioni,” dice una studentessa del Grassi. “Non vogliamo diventare famosi. Solo essere visti”.

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