Voice of America è una storica emittente radiofonica e televisiva americana, fondata nel 1942, con una presenza globale in 46 lingue e un’audience settimanale di circa 320 milioni di persone. Nonostante il suo ruolo consolidato come strumento di comunicazione diretta degli Stati Uniti verso il mondo, negli ultimi anni si è trovata al centro di polemiche politiche profonde. L’amministrazione Trump ha infatti lanciato una vera e propria campagna per chiuderla, sostituendo dirigenti e mettendo in discussione tutta la sua attività, con ramificazioni che coinvolgono anche altre media come Radio Free Europe. Questa vicenda rivela tensioni interne, impatti sulle dinamiche di informazione internazionale e segnala una ridefinizione in corso della strategia comunicativa statunitense, in un contesto internazionale sempre più complesso.
La critica del governo trump a voice of america e la nomina di kari lake
Donald Trump ha attaccato Voice of America definendola un “disastro di sinistra totale” e ha invitato i suoi sostenitori a non sostenerne la sopravvivenza. Secondo l’ex presidente Voice of America ha deviato dal suo ruolo originario, diventando un apparato di propaganda contrario agli interessi americani, una “voce dell’America radicale”. Nel marzo 2025 l’ordine esecutivo trumpiano ha portato alla nomina di Kari Lake, ex conduttrice televisiva che condivide idee cospirazioniste e rottura con l’establishment, come direttrice dell’Agenzia per i media globali Usa. La sua missione ufficiale è chiara: smantellare Voa e le agenzie collegate, riducendo drasticamente personale e contenuti. Durante l’audizione al Congresso, Lake ha affermato che non basta un ridimensionamento selettivo. Serve invece cancellare Voice of America, definita “corrotta” e “di parte”, un “pesce marcio” secondo la sua interpretazione. La strategia sembra pensata per riformare o eliminare tutte le voci mediatiche finanziate dall’ente pubblico che, a suo giudizio, tradirebbero la missione originaria.
L’importanza di radio free europe e radio farda durante la crisi in iran
Il ruolo di Radio Free Europe , e in particolare della sua sezione in farsi chiamata Radio Farda, è tornato di grande attualità durante gli eventi di tensione in Iran legati alle operazioni militari israeliane. Questi canali sono stati fonte preziosa di informazione alternativa rispetto alla stretta censura e propaganda del regime iraniano. Gli accessi alla versione di Radio Farda su Instagram sono aumentati del 344%, sul sito web del 77%, con un pubblico diffuso in Medio Oriente e Nord Africa. Radio Farda raggiunge circa il 10% della popolazione iraniana, perlopiù giovani, con una spesa annua di appena 6 milioni di dollari. Eppure la nuova direttiva di Kari Lake ha comportato il taglio dei freelance, licenziamenti e la sospensione dell’uso di trasmettitori in Kuwait, essenziali per le onde corte in Iran, un sistema ancora vitale nei momenti di emergenza. Di fronte a questa emergenza, alcuni operatori sono stati richiamati per produrre contenuti aggiornati sulla situazione. Hanno informato sulle aree colpite dalle bombe israeliane, sugli approvvigionamenti e sulle vie di fuga dalla capitale Teheran, smascherando anche le notizie false diffuse dal regime. Questi sforzi sono stati portati avanti senza turni, senza garanzie di stipendio, con materiale fornito dall’Associated Press, consentendo di mantenere un canale d’informazione aperto in uno scenario difficile.
Leggi anche:
Voci contrapposte tra chiusura e necessità del soft power americano
La testimonianza di Kari Lake davanti al Congresso ha ribadito la posizione dura di chi vuole chiudere Voa e gli altri media simili. Per lei queste realtà sarebbero “una minaccia alla sicurezza nazionale” e infarcite di dipendenti che agirebbero come agenti di potenze ostili, in particolare della Cina. Mike Abramowitz, direttore di Voice of America, ha richiesto prove concrete di tali accuse e ha invece sottolineato che proprio il regime cinese ha apprezzato l’annuncio di chiusura della radio americana. Hu Xijin, ex capo del Global Times, giornale controllato dallo Stato cinese, ha definito la decisione “davvero gratificante”, con l’auspicio che sia “irreversibile”. Anche la Russia ha seguito con interesse e favore la mossa americana. Margarita Simonyan, direttrice di Rt – organo di propaganda del Cremlino – ha definito “fantastica” la decisione di chiudere queste fonti, e l’ha festeggiata apertamente. In Ungheria il premier Viktor Orbán, noto per il suo controllo stretto sul pluralismo informativo, ha espresso grande soddisfazione per la distruzione del soft power Usa.
Implicazioni geopolitiche della chiusura delle emittenti americane all’estero
Distruggendo Voice of America e le emittenti collegate, l’amministrazione Trump consegna di fatto il controllo dell’informazione globale nelle mani di governi autoritari capaci di gestire propaganda e disinformazione con pochi scrupoli. Questo spostamento indebolisce gli Stati Uniti proprio in un campo dove, con costi contenuti, continuavano a mantenere un canale diretto verso popoli e luoghi nei quali i media indipendenti risultano fondamentali. Lo stesso mondo repubblicano ha mostrato qualche esitazione, riconoscendo il valore di certe emittenti in scenari di crisi. Anche Kari Lake ha dovuto tornare sui suoi passi richiamando personale a Radio Farda per coprire un’esigenza immediata, pur senza rigenerare i supporti essenziali o rinnovare i contratti. Per un presidente decisivo nelle guerre e nelle trattative internazionali, questi segnali dovrebbero almeno suggerire quanto una radio libera in punti strategici resti una risorsa cruciale, da proteggere piuttosto che cancellare. Eppure, la battaglia ideologica in corso sembra ancora lontana da una reale consapevolezza.