Gli Usa frenano l’Italia sulla “contabilità creativa” della spesa militare nel quadro nato

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Usa bloccano l’Italia sulla spesa militare nel contesto Nato. - Gaeta.it

Sofia Greco

2 Settembre 2025

La spesa militare dei Paesi membri della NATO resta al centro del dibattito politico e diplomatico, con gli Stati Uniti che esercitano una vigilanza ferma sugli obiettivi di bilancio fissati. In particolare, l’Italia sta valutando se includere il Ponte sullo Stretto di Messina come voce della spesa militare strategica, ipotesi che sta incontrando la netta contrarietà americana, segnalata dall’ambasciatore Usa presso la NATO, Matthew Whitaker. Le tensioni evidenziano l’urgenza di rispettare criteri chiari per il raggiungimento dell’obiettivo del 5% di spesa legata alla difesa.

Il nodo della spesa militare in Europa e l’obiettivo del 5% richiesto dagli Stati Uniti

In seguito agli impegni presi da tutti i membri della NATO, con esclusione dell’Islanda, il raggiungimento di una spesa militare pari almeno al 2% del PIL è ormai una soglia consolidata. Il discorso degli Stati Uniti, che restano il principale contributore a livello globale con quasi 980 miliardi di dollari spesi nel 2025, si spinge oltre. Gli Usa insistono infatti su un traguardo più ambizioso fissato al 5% del PIL, una cifra che comprende il 3,5% in spesa diretta per la difesa e un ulteriore 1,5% destinato a investimenti in infrastrutture, cybersicurezza e capacità collegate.

Per l’Italia questa linea si traduce in una spesa militare che ha superato i 45 miliardi di euro solo nell’ultimo anno. Tuttavia, si discute ancora su quali siano le voci che possono essere considerate parte di questo bilancio. La richiesta statunitense bolle il tutto sotto una lente molto precisa: la spesa deve essere diretta e inerente esclusivamente alle funzioni di difesa, senza margini per politiche contabili elastiche che amplierebbero artificialmente i dati ufficiali. L’aspetto economico è quindi strettamente legato a una questione di affidabilità e trasparenza degli impegni presi dagli alleati.

La controversa ipotesi del ponte sullo Stretto come spesa militare strategica

Negli ultimi mesi è emersa la possibilità che l’Italia possa inserire il Ponte sullo Stretto di Messina all’interno della spesa di difesa, giustificando questa scelta con la funzione strategica che il ponte sarebbe chiamato a svolgere. Secondo il governo italiano, infatti, l’infrastruttura potrebbe facilitare il rapido spostamento di truppe e mezzi militari, un elemento decisivo in uno scenario di difesa collettiva NATO.

Matthew Whitaker, ambasciatore americano presso la NATO, ha commentato in un’intervista rilasciata a Bloomberg dichiarando come gli Stati Uniti siano molto prudenti di fronte a interpretazioni così ampie delle spese militari. Ha ribadito che “è molto importante che l’obiettivo del 5% si riferisca specificamente alla difesa e alle spese correlate”, evidenziando come in qualche Paese ci siano visioni “molto ampie” che rischiano di allontanare dal vero impegno militare. Gli Usa monitorano da vicino questo fenomeno perché potrebbe compromettere la coerenza dell’insieme alleato e la fiducia reciproca. La posizione Usa mette quindi in guardia Roma, spingendo per un conteggio più rigoroso e definito, che non contempli infrastrutture a scopo civile, anche se con una possibile funzione strategica indotta.

Il ruolo dell’Italia nella nato tra impegni di bilancio e investimenti tecnologici

Nel contesto della discussione economica, l’Italia continua a consolidare la propria presenza all’interno della NATO non solo dal punto di vista dei numeri, ma anche dal lato tecnologico e strategico. Il Paese ha attivato progetti come il NATO Innovation Fund, che sostiene investimenti in piccole e medie imprese italiane operanti nel settore sicurezza e difesa. Queste iniziative mirano a sviluppare tecnologie avanzate per rafforzare le capacità militari della NATO, puntando su innovazioni in aree come la cybersicurezza e i sistemi di comando.

L’atteggiamento proattivo dell’Italia nel promuovere questo tipo di programmi dimostra una volontà di contribuire con soluzioni concrete oltre al semplice adempimento finanziario. Si prefigura così un doppio filo conduttore: da un lato il rispetto degli impegni di spesa, dall’altro la crescita di un know-how difensivo che renda più efficace la partecipazione italiana all’Alleanza. È chiaro che, soprattutto nel contesto attuale, il valore di un contributo militare passa anche attraverso la modernizzazione tecnologica e il supporto a iniziative innovative.

Nonostante le divergenze sul calcolo della spesa militare, questo equilibrio tra rigore finanziario e investimento tecnologico segna la dimensione in cui si muove l’Italia all’interno della NATO per consolidare il proprio ruolo strategico. Gli Stati Uniti, da parte loro, rimangono i garanti degli standard e della trasparenza dell’alleanza, vigilando affinché ogni membro rispetti gli impegni senza azzardare interpretazioni troppo estese del budget difensivo.