Emilio Fede, dal TG1 al TG4: un volto che ha segnato il giornalismo televisivo italiano

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Emilio Fede, una figura storica del giornalismo televisivo italiano. - Gaeta.it

Laura Rossi

2 Settembre 2025

Emilio Fede ha attraversato quasi un secolo di storia televisiva italiana, occupando ruoli chiave e segnando profondamente sia la televisione pubblica che quella privata. Nato nel 1931 a Barcellona Pozzo di Gotto e scomparso nel 2025 a Segrate, la sua carriera spazia dall’esperienza di inviato speciale in Africa alla direzione di importanti telegiornali come il TG1 e il TG4. La sua figura, insieme agli scossoni che ha prodotto nel panorama mediatico, ha diviso l’opinione pubblica, lasciando un segno indelebile.

Dagli inizi in Rai all’esperienza in Africa, la formazione di un cronista

Emilio Fede nasce in Sicilia, in una famiglia semplice: il padre era maresciallo maggiore dei Carabinieri e la madre cantante d’opera. Questi elementi della vita familiare non impedirono a Fede di entrare nel mondo del giornalismo in un’Italia che cominciava a scoprire la televisione come mezzo di comunicazione di massa. Nei primi anni lavorò per la Rai, dove si distinse come inviato speciale in Africa, dove rimase circa otto anni.

Quel periodo fu cruciale per la formazione professionale di Fede. Affrontò situazioni di conflitti e reportage complessi, in un continente dove il processo di decolonizzazione era ancora in atto. Attraversando luoghi segnati da tensioni politiche e sociali, raccolse materiali e testimonianze che ampliarono la sua capacità di cronista sul campo. Proprio questa esperienza sul territorio gli permise di sviluppare un approccio diretto e deciso, che avrebbe contraddistinto il suo stile giornalistico negli anni successivi.

Tornato in Italia, questa maturità acquisita si rifletté nella sua attività di cronista televisivo, che ben presto gli permise di emergere all’interno dell’azienda pubblica. La permanenza in Rai e la sua carriera iniziale rappresentano un punto di partenza fondamentale per comprendere come si sia costruito il personaggio pubblico di Emilio Fede.

La direzione Tg1, tra innovazioni e racconto istituzionale

Nel 1976 Emilio Fede viene nominato direttore del TG1, il telegiornale della Rai. Questo incarico lo pone al centro del giornalismo televisivo civile e istituzionale italiano. Durante gli anni al TG1, fino al 1982, apporta alcune innovazioni rilevanti, come l’introduzione delle trasmissioni a colori che modificano il modo di presentare l’informazione agli spettatori. Una delle edizioni più ricordate è quella della diretta sul caso di Vermicino, un evento che inaugurò quella che sarà definita la “TV del dolore”, capace di tenere il pubblico incollato agli schermi ma anche di suscitare discussioni etiche.

Fede si impone come voce autorevole e decisa nel panorama dell’informazione pubblica, ma mostra anche una personalità polemica e non allineata. La sua gestione del TG1 segna un periodo in cui la televisione di Stato cerca di mantenere un ruolo centrale nell’informazione di massa, pur affrontando le prime spinte di privatizzazione che si affacciano sul mercato.

Tuttavia, la sua presenza al TG1 termina nel 1982, anche se in quegli anni ha consolidato la sua posizione come figura nota e riconoscibile per milioni di telespettatori. Questa esperienza rappresenta il culmine dell’impegno di Fede nella televisione pubblica, che però non sarà l’unico capitolo della sua vita professionale.

Il passaggio a Fininvest e la rivoluzione Nell’informazione privata italiana

Il 1989 segna una svolta decisiva: Emilio Fede lascia la Rai e si trasferisce a Fininvest, il gruppo televisivo fondato da Silvio Berlusconi. Qui concepisce e lancia Studio Aperto, il telegiornale di Italia 1, ideato per un pubblico più giovane, con un linguaggio meno rigido e uno stile di racconto meno formale rispetto ai tg tradizionali. Questo progetto era parte di una più ampia trasformazione che stava investendo il mercato televisivo italiano, con la nascita di nuovi canali privati e un diverso modo di comunicare.

Tre anni dopo, nel 1992, Fede prende la direzione del TG4 su Rete 4. Questo telegiornale diventa il suo marchio di fabbrica per due decenni. Durante la sua guida il TG4 si distingue per un giornalismo marcato, dichiaratamente schierato e filo-berlusconiano. La linea editoriale non ha mai nascosto la sua posizione politica, indirizzando l’informazione verso un’area ben precisa. Questa scelta lo rende una figura controversa e polarizzante.

Da una parte i suoi critici lo accusano di essere un portavoce più che un giornalista, un volto del potere mascherato da professionista dell’informazione; dall’altra, ha sempre avuto un vasto pubblico che lo apprezzava per la coerenza e la nettezza del messaggio. In questo periodo Fede incarna un tipo di giornalismo schierato che contrasta nettamente con l’idea di neutralità o indipendenza, diventando elemento rappresentativo di un’epoca e di un modello di informazione marcatamente partigiano.

Uno stile inconfondibile tra comando e teatralità televisiva

Il modo di fare giornalismo di Emilio Fede è sempre stato diretto e senza mezze misure. Sullo schermo appare con voce impostata e sguardo severo, ma la sua personalità si esprime anche fuori dal video. In redazione viene descritto come una figura autoritaria, severa con i collaboratori e pronta a rimproveri netti. Questa durezza riflette un modo di condurre la squadra e la trasmissione che non concede spazio a errori o deviazioni dal suo percorso.

Il suo stile nella conduzione televisiva ha spesso sfiorato il teatrale, con un linguaggio energico, a tratti brusco, che ha attirato anche l’attenzione dei programmi satirici come “Striscia la Notizia”. La maschera caricaturale che ne è stata ricavata sottolinea come fosse un personaggio noto anche per i suoi aspetti più sopra le righe. Nonostante questa esposizione, Fede è rimasto un punto di riferimento per un pubblico fedele e numeroso, legato ad una modalità di fruizione dell’informazione precisa e senza infingimenti.

Questo mix di autorità e teatralità ha contraddistinto Fede per tutta la sua lunga esperienza davanti e dietro le telecamere, consolidando una fama che ha attraversato decenni di televisioni pubbliche e private.

L’attività di scrittore e la vita privata accanto alla politica e alla famiglia

A fianco della carriera televisiva Emilio Fede ha scritto numerosi libri in cui ha raccontato la sua esperienza, mescolando memorie personali e riflessioni sul potere dei media. Tra le sue opere più conosciute ci sono “Finché c’è Fede” e altri titoli come “Privé”, “L’invidiato speciale” e “Fuori onda”. Questi testi restituiscono un ritratto personale e professionale, con episodi dietro le quinte e analisi da chi ha vissuto in prima linea un mestiere complesso.

Sul piano privato la sua vita è stata legata alla giornalista e senatrice Diana De Feo, sposata per anni e scomparsa nel 2021. Dalla loro unione sono nate due figlie, Simona e Sveva, che gli sono state vicine negli ultimi tempi. Dopo la morte della moglie, Fede si è trasferito in una residenza sanitaria assistita a Segrate, dove ha vissuto gli ultimi anni con la lucidità di chi non teme il tempo che passa. In alcune interviste si era mostrato sereno e disposto ad affrontare la fine senza rancori, con una chiarezza di spirito rara per la sua età.

Questa dimensione privata completa il quadro di un uomo noto soprattutto per la sua presenza pubblica e che infine, negli ultimi anni, ha vissuto una quotidianità più raccolta, ma non meno densa di ricordi importanti.

La morte di un’icona divisiva che lascia un segno nella storia televisiva

La scomparsa di Emilio Fede, avvenuta il 2 settembre 2025, ha chiuso un capitolo lungo della televisione italiana. Per quasi cinquant’anni è stato un volto riconoscibile, spesso criticato ma impossibile da ignorare. La sua vicinanza a Silvio Berlusconi, i suoi anni al TG4 e la sua scelta di un giornalismo schierato segnalano una stagione particolare dell’informazione italiana, in cui il confine tra notizia e orientamento politico è stato spesso al centro del dibattito.

Fede non è stato solo un direttore o un conduttore, ma un simbolo di come il giornalismo possa diventare uno strumento di rappresentazione politica. Le sue serate in video, con il modo di comunicare netto e senza sfumature, hanno accompagnato milioni di telespettatori che sapevano già cosa aspettarsi: non un racconto equidistante, ma una visione precisa della realtà.

Il suo addio segna non solo la perdita di un personaggio importante della tv, ma la chiusura di una stagione talvolta discussa, a tratti sbeffeggiata, ma certo rilevante per la storia recente dei media italiani.