Un operatore della croce rossa ucciso nella striscia di gaza, quinto da inizio conflitto israele-hamas

Un Operatore Della Croce Rossa

La guerra a Gaza ha causato la morte di Mahmoud Barakeh, operatore della Croce Rossa, evidenziando i gravi rischi affrontati dal personale umanitario nelle zone di conflitto e la necessità di rispettare le norme internazionali per la loro protezione. - Gaeta.it

Laura Rossi

24 Giugno 2025

La guerra tra Israele e Hamas nella Striscia di Gaza continua a mietere vittime anche tra i soccorritori. Il comitato internazionale della Croce Rossa ha confermato la morte di un suo operatore, vittima diretta delle tensioni sul territorio. Questo episodio sottolinea quanto il personale umanitario sia esposto ai pericoli mentre cerca di fornire aiuti e assistenza in una delle zone più ostili del mondo.

La morte di Mahmoud Barakeh e il contesto nella Striscia di Gaza

Domenica passata, Mahmoud Barakeh, impiegato nel supporto logistico per l’ospedale da campo della Croce Rossa a Rafah, ha perso la vita durante un’operazione sul campo. La notizia arriva direttamente dal comitato internazionale della Croce Rossa che ha definito l’evento uno “straziante perdita”. Barakeh si occupava dei servizi essenziali che garantivano il funzionamento e la gestione dell’ospedale in un momento così critico. L’area di Rafah, al confine tra Egitto e Gaza, è da tempo un punto nevralgico nel conflitto, teatro di combattimenti accesi e difficoltà logistiche continue.

Crescente rischio per il personale umanitario

L’uccisione di Barakeh è la quinta tra gli operatori della Croce Rossa da quando è cominciata la guerra, il che indica un aumento del rischio per chi fornisce servizi umanitari. Ogni giorno, queste persone affrontano condizioni estreme, dal pericolo diretto delle azioni militari, alle difficoltà di accesso ai luoghi bisognosi di soccorso. L’episodio evidenzia come il lavoro di soccorso non si limiti solo a offrire cure mediche, ma coinvolga anche la gestione coordinata di risorse e logistica in un ambiente altamente instabile.

Le sfide quotidiane del personale umanitario nella zona di conflitto

Gli operatori della Croce Rossa e di altre organizzazioni si trovano a muoversi in un contesto segnato da attacchi, bombardamenti e restrizioni militari. La presenza di combattimenti in aree densamente popolate, come molte parti di Gaza, rende difficile offrire assistenza senza rischi. Le vie di accesso sono spesso bloccate o soggette a bombardamenti, mettendo a rischio convogli umanitari e rendendo complessa la comunicazione tra i diversi punti di intervento.

Il ruolo critico della logistica

Il lavoro logistico, come quello di Barakeh, assume un’importanza cruciale in queste condizioni. Senza un supporto adeguato nel coordinamento dei materiali, dei veicoli e delle persone, gli ospedali da campo rischiano di rimanere privi di attrezzature e medicine fondamentali per salvare vite. Il CICR ha sottolineato che la perdita dei suoi operatori non fa che evidenziare la gravità degli ostacoli che si presentano quotidianamente, sia per il personale che per le popolazioni civili intrappolate nel conflitto.

In più, la pressione psicologica e fisica per questi operatori è enorme. Operare in mezzo a bombardamenti, sotto minacce costanti e con la consapevolezza che attacchi diretti possono colpire chiunque, impone una tensione continua. Le organizzazioni umanitarie chiedono ripetutamente il rispetto delle norme internazionali che tutelano i lavoratori impegnati in missioni di pace e aiuti, ma sul terreno questo resta un obiettivo difficile da assicurare.

L’impatto della guerra sugli ospedali da campo e la situazione a Rafah

Gli ospedali da campo rappresentano un punto fondamentale per la popolazione di Gaza durante questa guerra, soprattutto in zone come Rafah, dove le strutture sanitarie fisse spesso risultano danneggiate o inaccessibili a causa dei bombardamenti. Questi ospedali temporanei permettono un primo soccorso immediato ai feriti e uno snodo per l’organizzazione dei trasferimenti medici verso strutture più attrezzate.

Conseguenze della perdita di Barakeh

Con la morte di un operatore come Barakeh, la capacità organizzativa di questi ospedali rischia di indebolirsi ulteriormente, mettendo a repentaglio la cura delle vittime civili. La gestione del personale, dei materiali e dei servizi essenziali in un ambiente dove ogni risorsa è preziosa diventa un compito ancor più delicato e faticoso. L’area di Rafah, colpita da violenze continue, mostra ogni giorno quanto sia drammatica la situazione per i soccorritori e i pazienti.

A peggiorare le cose vi sono le frequenti interruzioni nei corridoi umanitari, la difficoltà a ottenere permessi di accesso da entrambe le parti in conflitto e la mancanza di condizioni di sicurezza che permettano di lavorare senza rischi elevati. Nel caso di Rafah, la vicinanza al confine egiziano rende la situazione ancor più complicata, perché i flussi di aiuti, pazienti e personale devono attraversare punti critici sotto stretto controllo militare.

Gli appelli del comitato internazionale della croce rossa nelle aree di conflitto

L’annuncio della morte di Barakeh non è stato solo un comunicato di cronaca, ma anche un richiamo alle autorità coinvolte nella guerra. Il comitato internazionale della Croce Rossa ha espresso più volte la necessità di rispettare il lavoro degli operatori umanitari, la cui funzione è quella di salvare vite, indipendentemente dalle posizioni politiche o militari.

La richiesta che emerge dai resoconti recenti riguarda il rispetto delle convenzioni di Ginevra e delle regole di ingaggio per evitare colpi diretti contro il personale sanitario e le strutture mediche. L’uccisione di operatori come Barakeh mostra quanto tali norme vengano spesso ignorate. L’insistenza su questi temi serve a sottolineare che, anche in situazioni estreme, il diritto internazionale deve essere un limite invalicabile.

Non a caso, il CICR ha ricordato che ogni perdita tra i suoi operatori riguarda il lavoro di tanti altri colleghi che ogni giorno restano vicino alle comunità colpite, spesso senza le condizioni minime di sicurezza. La crescente pericolosità del lavoro umanitario a Gaza rende ancora più urgente trovare soluzioni per garantire passaggi sicuri e il rispetto per chi si dedica ad aiutare senza prendere parte diretta ai combattimenti.