Ultra fast fashion e dazi in usa: come Shein e Temu rischiano di cambiare il mercato globale dei vestiti a basso costo

Ultra fast fashion e dazi in usa: come Shein e Temu rischiano di cambiare il mercato globale dei vestiti a basso costo

Le nuove regole doganali negli Stati Uniti e in Europa mettono a rischio il modello ultra fast fashion di Shein e Temu, aumentando i costi e rallentando le consegne, con possibili effetti positivi sulla sostenibilità.
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L'articolo analizza come le nuove regole doganali USA e UE potrebbero limitare il successo delle piattaforme di ultra fast fashion come Shein e Temu, influenzando prezzi, logistica e sostenibilità ambientale. - Gaeta.it

Negli ultimi anni, piattaforme come Shein e Temu hanno rivoluzionato il modo in cui milioni di consumatori negli Stati Uniti acquistano abbigliamento, offrendo prodotti economici e rinnovamenti rapidi dei guardaroba. Questo fenomeno, detto ultra fast fashion, si basa su una catena di approvvigionamento internazionale e su regole doganali particolari. Ora, i piani dell’amministrazione americana per rivedere le esenzioni fiscali cambiano le carte in tavola e potrebbero mettere in difficoltà questi giganti del low cost.

Come funziona la de minimis exemption negli stati uniti

Il motore nascosto dietro il successo di aziende come Shein è un piccolo ma potente cavillo normativo chiamato de minimis exemption. Questa regola permette alle merci con valore inferiore a 800 dollari di entrare negli Stati Uniti senza dover pagare dazi doganali. Per molti articoli venduti dalle piattaforme cinesi, il valore è molto basso, ben sotto questa soglia.

Le aziende sfruttano questo per spedire singoli pezzi, trattandoli come pacchi separati, evitando così le tasse tradizionali. Ogni giorno, milioni di pacchi raggiungono indirizzi negli Stati Uniti direttamente dai magazzini cinesi senza passare da controlli doganali approfonditi. Questo ha permesso prezzi bassissimi e tempi di consegna rapidi. Il modello si basa su una logistica che funziona quasi come un flusso continuo, riducendo quei costi supplementari che invece gravano sulla produzione made in America o sulle aziende che operano con distributori locali.

L’accesso facilitato ai consumatori americani ha reso Shein e Temu riferimenti obbligati per chi cerca offerte lampo, abiti trendy e novità frequenti. Il low cost e l’ampia scelta hanno alimentato una domanda enorme, soprattutto fra i più giovani. Prezzi irrisori, tentativi di rinnovare il guardaroba ogni pochi mesi e un sistema di consegne veloci hanno modificato abitudini di consumo che fino a poco tempo fa sembravano difficili da superare.

Nuove regole sui dazi per le merci cinesi

Con l’obiettivo di rafforzare le industrie interne e ridurre il deficit commerciale con la Cina, l’amministrazione di Donald Trump ha deciso di cambiare le regole che hanno permesso all’ultra fast fashion di prosperare. In particolare, la de minimis exemption per i prodotti provenienti dalla Cina rischia di scomparire o subire forti limitazioni.

La rimozione o revisione di questa soglia significa che molti prodotti di basso valore dovranno pagare dazi all’ingresso negli Stati Uniti. Questo si tradurrà in un aumento immediato dei costi per aziende come Shein e Temu. Questi maggiori costi andranno probabilmente a ricadere sui consumatori, che vedranno crescere i prezzi di abiti, accessori e altri articoli vendita.

Il cambiamento interesserà anche la velocità di consegna. Controlli più severi e la necessità di procedure doganali più lunghe potrebbero rallentare l’arrivo dei pacchi. Così si metterà a rischio il modello “just-in-time” che è alla base del vantaggio competitivo di queste piattaforme, compromettendone in parte la fruibilità e la rapidità di rifornimento.

Secondo analisti e giornalisti del settore, siamo davanti a un momento che potrebbe segnare la fine di un’epoca. Alcune aziende stanno già studiando alternative, come spostare parte delle spedizioni attraverso Paesi vicini agli Stati Uniti, per aggirare i nuovi dazi. Anche la possibilità di aprire hub di distribuzione in Messico e Canada viene valutata per mantenere il vantaggio logistico con i consumatori nordamericani.

Riflessi ambientali legati all’ultra fast fashion e alle nuove restrizioni

L’ultra fast fashion genera effetti pesanti sull’ambiente. La produzione massiccia, la sovrabbondanza di capi, le emissioni derivanti dai trasporti e l’accumulo di rifiuti tessili sono problemi ben documentati. Un aumento dei costi di importazione potrebbe rallentare la corsa al consumo compulsivo e spingere molti a scelte più riflessive.

Se il prezzo dei vestiti cinesi salisse, una parte dei consumatori potrebbe tornare a comprare meno, orientandosi verso prodotti di qualità o capi più duraturi. Anche le aziende potrebbero sfruttare questa nuova fase per investire in metodi produttivi meno impattanti e ridurre la pressione sulle risorse naturali.

Questa possibile inversione di tendenza si lega alla crescente attenzione mondiale verso la sostenibilità nella moda. L’allentamento della domanda per prodotti a basso costo ma usa e getta potrebbe limitare sprechi e smaltimento di grandi quantità di indumenti.

Restano però da chiarire tempi e modalità con cui questi cambiamenti si concretizzeranno, in un mercato che rimane fortemente competitivo e spinge alla velocità e all’offerta continua.

Risposte europee all’ultra fast fashion cinese

Anche l’Europa osserva con attenzione le mosse americane, perché il successo di Shein e Temu ha invaso mercati fuori dagli Stati Uniti, coinvolgendo milioni di consumatori europei. Le regole doganali dell’Unione sono differenti, ma i rischi per i produttori locali e le dinamiche commerciali sono simili.

Bruxelles ha messo sul tavolo l’ipotesi di nuove norme per aumentare la trasparenza nella filiera e introdurre responsabilità ambientali per le aziende non europee che vendono online. Inoltre, per far fronte all’esplosione di pacchi a basso valore provenienti quasi tutti dalla Cina, si propone una tassa fissa di 2 euro sui pacchi sotto i 150 euro.

Questa tariffa serve a coprire costi di gestione, garantire controlli di sicurezza e alzare un po’ la soglia d’ingresso per chi vuole accedere al mercato europeo con prodotti a basso costo e basso valore. L’obiettivo è anche creare condizioni più eque per i commercianti europei che operano con distribuzione regolare e tassazione completa.

Il commissario europeo al commercio, Maros Sefcovic, ha sottolineato come più del 90 per cento dei 4,6 miliardi di pacchi entrati nell’UE nel 2023 provenisse dalla Cina, generando grande pressione sui controlli doganali. Le piattaforme cinesi presenti in Europa, con decine di milioni di utenti, dovranno adeguarsi a queste nuove regole.

Il mercato europeo si trova quindi davanti a una fase di aggiustamento in cui la combinazione di normative più rigide e un’opinione pubblica più attenta a temi di sostenibilità e diritti del lavoro potrebbe costringere i grandi player a rivedere i loro modelli di vendita e produzione.

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