L’escalation verbale tra Washington e Mosca si è fatta più tesa con lo scambio di accuse tra l’ex presidente Donald Trump e il vicepresidente del consiglio di sicurezza russo Dmitry Medvedev. Il nodo centrale riguarda l’ultimatum imposto dagli Stati Uniti alla Russia per concludere la guerra in Ucraina, ridotto improvvisamente da 50 a poco più di 10 giorni. Le reazioni non si sono fatte attendere, con dichiarazioni pesanti su entrambe le parti che riflettono una situazione internazionale critica e dai risvolti rischiosi.
Riduzione dell’ultimatum e la reazione di Medvedev
Il 30 luglio 2025, gli Stati Uniti hanno accorciato drasticamente il periodo concesso alla Russia per fare passi concreti verso una soluzione negoziata della crisi in Ucraina. Inizialmente fissato a un termine di 50 giorni, l’ultimatum si è ridotto a un arco temporale di 10-12 giorni. Questo cambio di strategia ha provocato una risposta ferma da parte di Dmitry Medvedev, ex presidente russo e attuale vicepresidente del consiglio di sicurezza, organo diretto da Vladimir Putin.
La minaccia di Medvedev su X
Medvedev ha usato la piattaforma X per definire ogni nuovo ultimatum come una “minaccia” e un ulteriore “passo verso la guerra”. Nel suo messaggio lanciato il 30 luglio, ha specificato che il conflitto non riguarderebbe soltanto Russia e Ucraina, ma potrebbe presto coinvolgere direttamente gli Stati Uniti. Ha inoltre attaccato il presidente Joe Biden, citandolo con il soprannome “Sleepy Joe”, invitando a non seguire la sua linea politica.
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Queste parole, che contengono un chiaro avvertimento sia sul fronte diplomatico che militare, mostrano in modo esplicito la tensione crescente tra le due potenze. Medvedev si conferma come voce dure del Cremlino, almeno per quanto riguarda la retorica ufficiale che tiene viva la pressione sul tavolo internazionale.
La risposta diretta di Donald Trump
Donald Trump ha replicato nel corso della stessa giornata con un messaggio duro e carico di polemica, mirato a delegittimare Medvedev e a rispondere alle critiche ricevute. Il tycoon ha definito Medvedev “ex presidente fallito” e ha sottolineato che, pur non ricoprendo più la carica di capo di stato, continua a sentirsi tale. Il tono della replica si è mantenuto aggressivo, accompagnato da una nota in cui Trump attaccava anche la politica commerciale dell’India riguardo ai dazi, un tema collegato alla questione degli scambi con la Russia.
Questo battibecco via social rivela il clima di sfida tra Mosca e Washington, dove il confronto perde i toni diplomatici tradizionali e diventa più diretto, quasi personale. La figura di Trump, ex inquilino della Casa Bianca, mantiene ancora peso nel dibattito pubblico e diplomatico, specie quando rilancia accuse o risponde con fermezza alle mosse della politica estera russa.
Medvedev rilancia e introduce il tema delle capacità nucleari russe
La replica di Medvedev non si è fatta attendere e ha aggiunto un ulteriore livello di tensione al confronto, invocando la determinazione della Russia nel portare avanti le proprie scelte. Sul suo canale Telegram, Medvedev ha ribadito che l’agitazione espressa da Trump indica la fondatezza delle posizioni russe e ha fatto riferimento a un sistema missilistico sovietico chiamato “mano morta”.
Questo sistema, progettato per garantire una risposta nucleare automatica in caso di attacco che elimini la leadership moscovita, rappresenta un chiaro promemoria sulle risorse di deterrenza che la Russia intende mantenere come opzione in uno scenario di guerra totale. Tali dichiarazioni accrescono la sensazione di allarme internazionale, vista la delicatezza del contesto ucraino e la presenza di armi nucleari strategiche.
Medvedev resta uno dei principali esponenti del Cremlino a non nascondere le minacce implicite sul piano militare, consolidando la pressione sull’Occidente con messaggi di forza e avviso.
Implicazioni dell’ultimatum e delle dichiarazioni sulla politica globale dei dazi
L’ultimatum imposto da Washington alla Russia, che include anche sanzioni e dazi secondari verso i paesi che continuano a commerciare con Mosca, rappresenta un nodo complicato nel confronto internazionale. In particolare, questa strategia rischia di mettere sotto tensione anche i rapporti tra Stati Uniti e Cina.
Pechino resta uno dei pochi partner commerciali con Mosca e media daziati hanno sostenuto negoziazioni complicate tra Washington e Pechino. L’imposizione di dazi secondari potrebbe compromettere ulteriormente questi equilibri, allontanando la possibilità di accordi e aumentando la diffidenza reciproca.
Questa dinamica amplia la portata del conflitto russo-ucraino su un piano più globale, toccando mercati, rapporti diplomatici e equilibri economici tra alcune delle maggiori potenze mondiali.
La tensione tra Trump e Medvedev porta così alla luce una serie di questioni delicate che collegano guerra, diplomazia e politica commerciale in corso. L’evoluzione di questo scenario resta un indicatore importante per la stabilità internazionale nei prossimi mesi, considerata la rapidità con cui sono cambiate le scadenze e le posizioni di chi ha voce in capitolo.