La tensione tra Stati Uniti e Unione europea torna alta con l’annuncio di un aumento significativo dei dazi su acciaio e alluminio imposto dall’amministrazione di Donald Trump. La notizia arriva in un momento di confusione per le trattative commerciali, che già avevano subito inversioni di rotta frequenti nei giorni precedenti. Nel frattempo, il destino della storica UsSteel si intreccia con l’ingresso imminente di Nippon Steel nel mercato americano, complicando ulteriormente lo scenario economico e politico.
Il rincaro dei diritti doganali e la reazione della ue
Donald Trump ha reso pubblica la decisione di portare al 50% i dazi su tutte le importazioni di acciaio, alluminio e relativi derivati dagli Stati Uniti a partire dal 4 giugno 2025. La misura segue l’ultimo aumento al 25% decretato a marzo. Questa svolta ha generato un forte disagio tra le istituzioni europee, che si trovano a dover affrontare un quadro sempre più incerto.
Negli ultimi giorni la Ue aveva vissuto un susseguirsi di eventi contrastanti: dalla sospensione dei dazi “reciproci” mercoledì, che però non coinvolgevano acciaio e alluminio, all’annullamento di tale sospensione in appello giovedì. Ora la giustizia si prepara a valutare nel dettaglio la questione, lasciando i rapporti commerciali in una sorta di stallo. La Commissione europea ha subito definito il nuovo aumento “un colpo ai negoziati” in corso con Washington. Restano ancora da chiarire le modalità e i tempi delle trattative, nonostante sia già fissato un incontro a Parigi all’inizio della settimana successiva, in occasione della riunione ministeriale dell’Ocse, dove il commissario al Commercio Maros Sefcovic si confronterà con il rappresentante statunitense Jamieson Greer.
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La scelta di trump a pittsburgh
La decisione è stata annunciata direttamente da Trump durante una visita a Pittsburgh, nello stabilimento della UsSteel, uno dei simboli dell’industria siderurgica americana. L’entusiasmo degli operai presenti ha accompagnato le parole del presidente, che ha definito l’aumento dei dazi “un passo necessario per difendere il lavoro negli Stati Uniti.” Questo clima viene però rapidamente smorzato dal sindacato Usa Workers’ Union , che ha espresso un giudizio diffidente rispetto alla manovra.
Il sindacato ha sottolineato l’incertezza legata alla vendita di UsSteel a Nippon Steel, un accordo che Trump ha definito “partnership” ma che riserva molti dubbi. Nippon Steel, il quarto produttore mondiale, promette di investire circa 14 miliardi di dollari per aggiornare le acciaierie americane e aprire nuovi impianti. I rappresentanti di Usw però evidenziano come non basti fare dichiarazioni politiche e promettere investimenti, quando ci si trova a trattare con un gruppo straniero che sembra motivato soprattutto da interessi di mercato contro la concorrenza cinese.
Un tempo UsSteel dava lavoro a circa 120 mila persone, oggi ha ridotto drasticamente il personale attivo, che si aggira intorno ai 20 mila dipendenti. Trump ha assicurato che il consiglio di amministrazione resterà americano tramite una golden share, ma i dettagli concreti su questa garanzia mancano ancora.
Il passaggio storico di ussteel e le implicazioni politiche interne
Fondata nel XIX secolo da Carnegie e successivamente passata sotto il controllo di JP Morgan, UsSteel ha rappresentato per decenni un pilastro per lo sviluppo americano, tanto da essere sorretta anche da soldi pubblici durante l’amministrazione Reagan. Il passaggio al controllo giapponese del gruppo, dunque, rappresenta un cambiamento radicale rispetto al passato che Trump aveva duramente criticato durante la campagna elettorale.
Nel 2025 il clima politico interno degli Stati Uniti si fa più ostile verso gli investimenti stranieri in settori strategici. Nel 2023 l’amministrazione Biden aveva bloccato un programma simile di acquisto di UsSteel da parte di Nippon, motivando la decisione con questioni di sicurezza nazionale. La vicepresidente Kamala Harris, a sua volta, aveva scelto Pittsburgh come luogo di lancio della propria campagna elettorale, puntando su posizioni protezionistiche.
Questi elementi fanno capire come l’aumento dei dazi al 50% annunciato da Trump potrebbe non essere solo una misura economica, ma anche un tentativo di giustificare o coprire il passaggio effettivo della siderurgia americana nelle mani straniere, con conseguenze sul piano politico.
L’impatto sui negoziati internazionali e la confusione sulle intese
Il rialzo dei dazi non solo complica le relazioni con la Ue, ma si scontra anche con altri accordi già siglati, come quello con il Regno Unito che nel 2024 aveva portato a eliminare i dazi del 25% su acciaio e alluminio. L’inaspettata svolta alimenta quindi confusione e incertezza sulle prospettive del commercio internazionale.
Le condizioni e le clausole della vendita di UsSteel a Nippon Steel restano ancora riservate, così come rimangono in sospeso i veri obiettivi delle strategie commerciali americane in questo settore. L’effetto immediato è un aumento delle tensioni diplomatiche e una difficoltà crescente per chi è coinvolto in negoziati strategici, rimasti avvolti in una spirale di decisioni che si susseguono senza un filo chiaro.
Il 2025 si conferma quindi un anno complicato per il commercio mondiale dell’acciaio, visto che le mosse degli Stati Uniti sembrano mettere in discussione equilibri stabiliti da poco, allontanando la possibilità di un dialogo lineare con gli alleati europei e non solo. In questo contesto, ogni nuovo passo rischia di provocare ripercussioni immediate sulle filiere produttive e sul lavoro industriale, in un settore che si pensava avviato a una fase di recupero.