Troppo lavoro e cervello: cambiamenti cerebrali osservati negli operatori con orari eccessivi

Troppo lavoro e cervello: cambiamenti cerebrali osservati negli operatori con orari eccessivi

uno studio coreano su medici evidenzia come il superlavoro oltre 52 ore settimanali modifichi la struttura del cervello, influenzando memoria, emozioni e funzioni cognitive superiori
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Uno studio recente evidenzia come lavorare oltre 52 ore settimanali possa modificare la struttura cerebrale, influenzando memoria, emozioni e funzioni cognitive, e sottolinea la necessità di tutelare la salute mentale dei lavoratori. - Gaeta.it

Negli ultimi anni, le ore di lavoro prolungate sono finite al centro di studi scientifici che indagano gli effetti sul corpo e sulla mente. Un recente lavoro pubblicato su ‘Occupational & Environmental Medicine’ mette in luce come il superlavoro, sotto le 52 ore settimanali e oltre, influenzi la struttura del cervello in modo significativo. L’attenzione si concentra su chi dedica molte ore al lavoro senza pause, una condizione che pare modificare le aree legate alla memoria, alla regolazione delle emozioni e alla capacità di risolvere problemi.

I rischi del superlavoro sulla salute mentale e fisica

Il concetto di superlavoro è stato studiato da tempo soprattutto in relazione a rischi per la salute come problemi cardiovascolari, disturbi metabolici e difficoltà psicologiche. Secondo l’organizzazione internazionale del lavoro, oltre 800mila decessi annuali nel mondo sono attribuibili a condizioni derivanti da orari di lavoro prolungati. Nonostante questi dati siano noti, il rapporto tra il carico eccessivo di lavoro e i cambiamenti specifici nelle strutture cerebrali non era ancora del tutto chiaro.

Questo studio, condotto da ricercatori coreani, si è focalizzato proprio sul rapporto tra carico lavorativo e cambiamenti neuroanatomici. Lo scopo era identificare se e come la struttura del cervello subisca alterazioni soprattutto nelle regioni coinvolte nelle funzioni cognitive superiori. I soggetti presi in esame sono operatori sanitari, una categoria abituata a orari estesi, che rende più facile osservare gli effetti di un impegno lavorativo intenso e prolungato nel tempo.

Dettagli dello studio grocs e metodologia adottata

I ricercatori hanno utilizzato il database Grocs, Gachon Regional Occupational Cohort Study, arricchito da risonanze magnetiche cerebrali eseguite appositamente. Su oltre cento partecipanti, prevalentemente medici, hanno distinto due gruppi: uno con orari di lavoro superiori alle 52 ore settimanali e un altro con orari tradizionali. I dati raccolti tramite neuroimaging hanno permesso di confrontare le differenze nella materia grigia delle diverse zone cerebrali.

In questo campione, i lavoratori con orari più lunghi erano mediamente più giovani, con istruzione superiore e meno esperienza lavorativa rispetto al gruppo che rispettava le ore standard. L’analisi ha rilevato variazioni significative nel volume di alcune aree del cervello, soprattutto in quelle legate al controllo emotivo e alle funzioni esecutive, come pianificazione e memoria.

Variazioni cerebrali legate a orari di lavoro prolungati

Il confronto tra i due gruppi ha evidenziato un aumento di circa il 19% nel volume del giro frontale mediale nei soggetti con orari prolungati. Questa area, situata nel lobo frontale, è cruciale per l’attenzione, la memoria di lavoro e l’elaborazione del linguaggio. Altre zone con variazioni sostanziali sono risultate il giro frontale medio e superiore, coinvolti nella pianificazione e nelle decisioni, e l’insula, che aiuta a integrare input sensoriali e a regolare emozioni e consapevolezza di sé.

Gli autori spiegano che questi cambiamenti potrebbero rappresentare “risposte neuroadattive al carico di stress derivante da un lavoro eccessivo.” Funzioni come la gestione dell’ansia, il mantenimento dell’attenzione e la risoluzione di problemi potrebbero essere influenzate in modo rilevante da queste modifiche. È però fondamentale sottolineare il carattere osservazionale e la dimensione ristretta dello studio, che non permettono di stabilire con certezza se il superlavoro sia causa o effetto delle alterazioni cerebrali.

Limiti dello studio e prospettive future

Gli autori ammettono che mancano dati longitudinali che seguano l’evoluzione nel tempo di questi cambiamenti. Non è chiaro se le modifiche strutturali osservate nascano dopo l’esposizione prolungata a situazioni lavorative stressanti o se rappresentino caratteristiche preesistenti di chi tende a svolgere molte ore di lavoro. La ricerca in questo campo necessita di studi più estesi, ripetuti e multimodali, che possano definire i meccanismi in gioco e confermare o rivedere i risultati finora emersi.

L’attenzione agli effetti del superlavoro sulle funzioni cognitive ed emotive ha un impatto diretto anche sulle politiche aziendali e sanitarie. Considerando l’associazione con i rischi per la salute mentale, questo tema resta un segnale di allarme per valutare nuove regole che limitino il carico eccessivo senza gravare sulla produttività.

A ogni modo, l’indagine offre un primo contributo scientifico per capire come il cervello reagisca alle sollecitazioni di un lavoro oltre misura e suggerisce la necessità di concentrarsi sul benessere mentale di chi opera sotto pressione costante nel mondo del lavoro moderno.

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