L’Italia vive una giornata segnata da tensioni crescenti tra il governo e il mondo giudiziario. Il plenum del consiglio superiore della magistratura ha approvato una pratica a tutela del sostituto procuratore Raffaele Piccirillo, finito al centro della polemica per un’intervista sul caso Almasri. Parallelamente è tornato alla luce un documento storico nel quale Carlo Nordio, attuale ministro della Giustizia, si oppose alla separazione delle carriere da magistrato. Quel principio è invece alla base della recente riforma costituzionale approvata dal Senato.
La lettera storica di nordio contro la divisione delle carriere
Un documento firmato da Carlo Nordio nel 1994, quando era pubblico ministero a Venezia, mostra una posizione nettamente contraria alla separazione tra magistrati requirenti e giudicanti. La lettera, inviata all’Associazione nazionale magistrati, sottolineava il timore che dividere le carriere potesse indebolire l’unità della magistratura. L’appello fu firmato insieme ad altri colleghi dello stesso ufficio e prendeva posizione contro ogni ipotesi di scissione delle funzioni giudiziarie. Questo testo è stato pubblicato recentemente dalla rivista ‘La magistratura’, organo dell’Anm, suscitando reazioni e discussioni.
Contesto storico di quegli anni
Quell’epoca era segnata da tensioni interne ed esterne al sistema giudiziario, con il Paese alle prese con gli effetti di Tangentopoli e le conseguenze delle stragi di mafia. L’unità tra giudici era considerata fondamentale per contrastare pressioni politiche e difendere l’indipendenza. Il documento traduceva questa esigenza in una chiara presa di posizione, ribadendo che la separazione delle carriere non avrebbe giovato alla coesione interna.
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Nordio e l’evoluzione della sua posizione sulla separazione delle carriere
Nel corso degli anni, Carlo Nordio ha riconosciuto pubblicamente di aver modificato radicalmente la sua idea sulla separazione delle carriere. In un’intervista rilasciata recentemente, ha spiegato come la sua contrarietà iniziale fosse legata alla situazione politica e sociale del primo decennio degli anni ’90, “quando veniva criticato per le indagini contro esponenti politici dei principali partiti.” In quel contesto Nordio riteneva che mantenere un fronte compatto tra magistrati fosse una necessità.
Riconoscimento del cambiamento
Ciò nonostante, già nel 1995 aveva cominciato ad ammettere che il sistema giudiziario aveva bisogno di cambiamenti profondi, arrivando a definire esagerate alcune resistenze interne. Nel 1997 la sua posizione divenne più netta quando l’Associazione nazionale magistrati lo convocò per farlo rendere conto di alcune sue idee considerate “eretiche”. Nordio respinse quell’intervento, segnalando un distacco netto dall’orientamento prevalente. Le sue lettere e documenti di allora sono oggi consultabili nel sito del ministero della Giustizia, a testimonianza di questo percorso.
L’approvazione del csm per la tutela di piccirillo dopo le critiche di nordio
Il consiglio superiore della magistratura ha votato a maggioranza a favore della pratica a tutela del pm Raffaele Piccirillo, coinvolto in critiche da parte del ministro Nordio per commenti legati all’arresto di Almasri. La vicenda si è trascinata tra dibattiti e assenze durante le sedute del plenum che, in un primo momento, non aveva raggiunto il numero legale. I consiglieri laici di centrodestra avevano scelto di non partecipare al dibattito e al voto, ma in seguito hanno deciso di esprimersi per evitare conseguenze sulle altre delibere.
Dinamiche del voto
Cinque sono stati i voti contrari di consiglieri laici di centrodestra, mentre la quinta togiata si è astenuta dalla votazione pur non essendo firmataria della richiesta di tutela. Questo episodio segna una complessità crescente nelle relazioni tra il governo e i giudici, dove i contrasti non riguardano solo questioni politiche ma anche modalità di intervento da parte dei singoli magistrati nella comunicazione pubblica.
Le posizioni di piccirillo sul caso almasri e la critica di nordio
Raffaele Piccirillo, che ha avuto un ruolo di primo piano anche nel ministero della Giustizia prima del governo Meloni, ha più volte chiarito le ragioni che lo hanno portato a dichiarare di ritenere giustificato l’arresto di Almasri. In un’intervista ha sottolineato come “non vi fossero motivi giuridici per revocare la convalida dell’arresto o consegnare il sospettato alla Corte penale internazionale.” Ha ribadito che né le autorità giudiziarie né il ministro potevano mettere in discussione i gravi indizi su cui si basa il mandato d’arresto internazionale.
Nordio ha criticato duramente queste affermazioni, sostenendo che un intervento del magistrato in termini così netti sarebbe stato fuori luogo, osservando che in altri contesti simili si sarebbe trattato di una questione di risorse sanitarie o altro, con una battuta che ha alimentato ulteriormente lo scontro. Piccirillo ha difeso la legittimità delle sue parole e il diritto dei magistrati di esprimersi su questioni di interesse pubblico, contribuendo a un dibattito acceso fra governo e giustizia.