Emma Tucker, direttrice del Wall Street Journal, racconta le difficoltà e le responsabilità di gestire un quotidiano economico di grande peso in un momento segnato da forti tensioni politiche e grandi cambiamenti nel mondo dell’informazione.
È la prima donna e la prima inglese a guidare il Wall Street Journal, un incarico che arriva in un periodo che lei stessa definisce cruciale per il giornalismo americano. Sullo sfondo c’è la seconda presidenza Trump, che in pochi mesi ha travolto il panorama politico e sociale con una serie continua di notizie capaci di scuotere tutto. Tucker parla di un’amministrazione “molto radicale”, che produce fatti nuovi da raccontare senza sosta. Nel frattempo, il settore dell’informazione è in piena trasformazione, un problema che lei affronta ogni giorno insieme al suo team. In un’intervista a «Il Tempo delle Donne», ha spiegato le sue responsabilità, la visione per il giornale e le scelte che l’hanno portata fin qui.
Murdoch sceglie Tucker: una donna di decisioni e scoop
Rupert Murdoch ha puntato su Emma Tucker per la sua capacità di prendere decisioni difficili e per il fiuto nel riconoscere notizie importanti. Tucker si sente particolarmente legata a quest’ultima qualità, maturata soprattutto durante la sua esperienza al Sunday Times, il giornale domenicale britannico che ha diretto. Il Sunday Times vive di scoop forti, capaci di influenzare vendite e reputazione, un aspetto che si lega perfettamente alle sfide di oggi, dove l’originalità della notizia è tutto. Tucker ha portato questo approccio anche negli Stati Uniti, cercando di mantenere vivo il giornalismo d’inchiesta ma adattandolo alla rapidità con cui corrono le notizie oggi. Questa eredità spiega molto del modo in cui guida la redazione e definisce le priorità editoriali.
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Tra momenti difficili e soddisfazioni: la vita in redazione
Il caso più difficile per Tucker è stato l’arresto del reporter Evan Gershkovich, fermato in Russia in circostanze che hanno acceso i riflettori internazionali sulla libertà di stampa. Quel momento ha segnato tutta la redazione con grande tensione e dolore. Dall’altra parte, la soddisfazione più grande arriva quando il giornale riesce a pubblicare storie coraggiose e originali, apprezzate dai lettori. Tucker sottolinea come il riscontro del pubblico sia uno dei motivi principali per continuare a rischiare e mantenere alta la qualità delle inchieste.
Come raccontare Trump senza perdere credibilità
Il Wall Street Journal punta tutto su un controllo rigoroso dei fatti per costruire la sua credibilità, garantendo un racconto equilibrato della presidenza Trump. La fiducia si basa su un fact checking severo e su un’attenzione costante verso i lettori. Tucker spiega che la redazione non deve farsi condizionare dalla paura delle reazioni politiche o personali che certe storie possono scatenare, ma deve restare concentrata su quello che il pubblico ha il diritto di sapere. Così nasce un giornalismo diretto, rilevante, che porta sempre qualcosa di nuovo al dibattito pubblico.
Lo scoop sul biglietto di Trump a Epstein e la battaglia legale
Uno degli scoop più delicati è stato quello sul biglietto d’auguri che Donald Trump avrebbe scritto a Jeffrey Epstein. La Casa Bianca ha risposto con una causa per diffamazione, mentre la commissione di Supervisione della Camera ha reso pubblico il documento. Tucker ha spiegato che il Wall Street Journal non si è limitato a mostrare il biglietto, ma ne ha fornito una descrizione accurata, scegliendo con cura tempi e modi per la pubblicazione. Non ha voluto entrare nei dettagli delle trattative interne, ma ha assicurato che al momento della diffusione avevano piena certezza dell’autenticità. Un episodio che mostra quanto sia delicato l’equilibrio tra responsabilità editoriale e pressioni esterne.
Pandemia e salute mentale di Biden: scoop difficili tra critiche e conferme
Tucker ricorda il peso di coprire temi spinosi come la gestione britannica della pandemia da Covid-19 e il racconto sul declino cognitivo di Joe Biden. Lo scoop del Sunday Times sulla gestione del governo Johnson ha scatenato una reazione forte, con una risposta ufficiale di 90 pagine. Ma un’inchiesta pubblica ha confermato gran parte di quanto scritto, arrivando addirittura a dire che forse il giornale non era andato abbastanza oltre. Sul fronte Biden, la denuncia ha attirato molte critiche e attacchi, ma alcune situazioni osservate durante un dibattito televisivo hanno confermato la veridicità delle informazioni, anche se con qualche ritardo. Questi casi mostrano come storie così delicate richiedano coraggio e tempo per essere comprese fino in fondo, ribadendo il valore della verifica e della determinazione nel giornalismo.