La fuga di Marino Massari, detenuto originario della Puglia e affiliato al clan “Strigliuglio“, ha acceso i riflettori sulle condizioni critiche delle carceri italiane. La sua evasione dalla Casa Circondariale di Palmi ha sollevato interrogativi sul controllo interno e sulla situazione del personale penitenziario, impegnato a garantire la sicurezza in un sistema al limite. L’episodio evidenzia una crisi profonda che coinvolge sovraffollamento, carenze di organico e turni massacranti per gli agenti.
La fuga di marino massari dalla casa circondariale di palmi
Marino Massari, 35 anni, detenuto sottoposto al regime di Alta Sicurezza, è riuscito a evadere dalla Casa Circondariale di Palmi arrampicandosi su un muro di cinta alto circa quattro metri. La fuga non è passata inosservata e ha attivato un immediato intervento delle forze dell’ordine, con la Polizia penitenziaria, la Polizia di Stato e i Carabinieri impegnati nelle ricerche. Dopo poche ore dalla fuga, Massari è stato rintracciato nelle campagne vicine all’autostrada, mentre tentava di allontanarsi dalla zona. L’uomo è stato bloccato e riportato in carcere.
Massari viene considerato un esponente del clan mafioso pugliese “Strigliuglio“, noto alle autorità per collegamenti con attività criminali organizzate. La fuga, l’ennesima in pochi giorni, ha suscitato preoccupazione perché avvenuta in un carcere di Alta Sicurezza, con personale specificamente dedicato al controllo dei detenuti a rischio. L’episodio di Palmi si inserisce in una serie di fughe avvenute in breve tempo nei penitenziari italiani, con cinque evasioni registrate in cinque giorni su tutto il territorio nazionale.
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Le condizioni critiche del sistema penitenziario alla base delle evasioni
Il segretario generale della UILPA Polizia Penitenziaria, Gennarino De Fazio, ha definito la situazione attuale del sistema carcerario italiano come un’emergenza aggravata da inefficienze storiche e problemi strutturali. Tra queste emergenze, il sovraffollamento rappresenta uno degli aspetti più gravi. Le celle ospitano un numero di detenuti superiore alla capienza prevista, creando condizioni di detenzione che definire difficili è un eufemismo.
Ma non solo i detenuti soffrono di queste condizioni: anche il personale penitenziario vive una pressione estrema. Le guardie spesso devono affrontare turni massacranti che possono durare fino a 26 ore consecutive. De Fazio ha descritto queste condizioni come un vero e proprio “caporalato di Stato”, dove il personale viene sottoposto a ritmi di lavoro proibitivi, turni insalubri e rischi continui. Questa situazione porta a un abbassamento della qualità dei controlli e rende più probabile il verificarsi di episodi critici come evasioni, rivolte o altri pericoli per la sicurezza interna.
Il disagio lavorativo, unito alle carenze di organico che mancano di circa 18.000 agenti, rende il sistema penitenziario fragile di fronte a eventi imprevisti o azioni pianificate dai detenuti. Gli episodi di evasione recente sottolineano proprio questa vulnerabilità, che mette a rischio non solo la sicurezza dentro le carceri, ma anche quella esterna alla struttura.
La professionalità della polizia penitenziaria non basta davanti alla crisi
Nonostante tutte le criticità, la Polizia penitenziaria ha dimostrato capacità operative e tempestività nel gestire la vicenda di Palmi. Dopo la fuga di Massari, il personale si è mobilitato con rapidità, coordinando gli interventi insieme a Polizia di Stato e Carabinieri, riuscendo a rintracciare e fermare il detenuto in fuga.
Questo episodio mette in evidenza gli sforzi e il sacrificio quotidiano degli uomini e delle donne della Polizia penitenziaria, impegnati in un contesto difficile e sotto pressione. Tuttavia, il personale resta in gran parte sottodimensionato rispetto alle necessità operative e soffre condizioni di lavoro gravose, che possono incidere negativamente sulla capacità di prevenzione e controllo a lungo termine.
La sequenza delle evasioni in pochi giorni – con casi a Bolzano e Napoli Poggioreale oltre a quella di Palmi – torna a sollevare la domanda sulle risposte che il Ministero della Giustizia e il Governo intendono dare per affrontare la crisi del sistema carcerario. La tensione tra la professionalità del personale e le carenze strutturali continua a rappresentare un nodo centrale per la sicurezza pubblica.
Il caso Massari è solo l’ultimo segnale, in ordine di tempo, di una situazione che richiede attenzione immediata dalle istituzioni e misure che vadano al cuore dei problemi del carcere italiano.