Il recente attacco militare statunitense contro i siti nucleari iraniani ha aperto una nuova fase di tensione nel Medio Oriente. Il presidente Donald Trump ha ordinato un’operazione che ha coinvolto bombardieri B-2 partiti dal Missouri con quasi 200 tonnellate di ordigni, prendendo di mira infrastrutture chiave del regime di Teheran. La risposta non si è fatta attendere: Israele ha colpito obiettivi a Teheran, mentre missili sono stati lanciati contro Israele stesso, alzando il livello di allerta anche negli Stati Uniti. Dietro a queste azioni c’è un intreccio di dinamiche internazionali che coinvolge Russia, Unione Europea e Nato, ma con ripercussioni anche sul fronte interno americano e in altri hotspot globali come Taiwan, Ucraina e Bielorussia.
La mattina di bombe che ha preceduto la diplomazia
L’attacco americano è iniziato nella notte tra sabato e domenica, con raid mirati contro tre siti nucleari iraniani, inclusa la base di Fordow, colpita con bombe bunker-buster sganciate da bombardieri stealth B-2. La mattina dopo, sono arrivati missili iraniani contro Israele, con sirene di allarme a Tel Aviv, Haifa e Gerusalemme, che hanno segnalato il rischio di escalation. Israele ha poi risposto bombardando obiettivi militari e simbolici nella capitale iraniana, inclusi il carcere di Evin, noto per la detenzione di prigionieri politici, e la base paramilitare Basij. Questi attacchi riflettono una rottura netta tra Washington e Teheran, con gli ayatollah messi in difficoltà nel decidere la propria reazione.
Diplomazia in movimento
Parallelamente la diplomazia ha cercato di muoversi: il ministro degli Esteri iraniano Abbas Araghchi ha incontrato Putin a Mosca, dove il presidente russo ha definito «assolutamente ingiustificata» l’aggressione americana, lamentando di non essere stato informato in anticipo. Il Cremlino ha anche escluso l’ipotesi di un cambio di regime imposto dall’esterno in Iran. In Europa, la settimana ha visto in agenda una discussione dei ministri degli Esteri Ue sulla crisi iraniana, mentre il vertice Nato all’Aia si prepara a includere la situazione tra i temi principali.
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Il giorno dopo l’attacco: valutare danni e risposte
L’entità dei danni causati dagli strike americani resta complessa da stimare. Esperti sottolineano che, nonostante le distruzioni, molte scorte di uranio arricchito sarebbero ancora intatte in siti noti come Isfahan e Natanz. L’Agenzia internazionale per l’energia atomica e intelligence occidentale seguono con attenzione questi elementi, considerando possibili programmi segreti attivi in Iran. Per Teheran il tempo gioca un ruolo cruciale nel decidere la controffensiva.
Il primo comunicato appassionato di Khamenei verso «i sionisti» non ha citato gli Usa, segnale di una strategia di comunicazione attenta. Intanto, in tutto il Medio Oriente, le basi militari sono in stato di allerta. I Pasdaran hanno già sferzato nuove scariche di missili verso Israele, alimentando le preoccupazioni per un conflitto in espansione. Sul piano tecnico, l’operazione americana è stata possibile grazie a una notevole catena logistica: decine di aerei rifornitori hanno sostenuto i bombardieri B-2 in voli oltreoceano, attraversando l’Atlantico e il Pacifico, assicurando la precisione e l’efficacia dell’incursione chiamata «Martello di Mezzanotte».
Valutazioni e opinioni di un ex generale Usa
Mark Kimmitt, ex generale Centcom e vice segretario di Stato sotto George W. Bush, ha definito l’operazione americana un successo sul piano militare e strategico. Ha evidenziato la capacità di evitare vittime americane e di colpire obiettivi sensibili con precisione chirurgica. Secondo lui, Trump era pronto a intervenire dal giorno dell’annuncio della pausa di due settimane, usando quel tempo forse per preparare tutto il meccanismo.
Sulla possibilità di nuovi raid, Kimmitt ha spiegato che gli Stati Uniti stanno conducendo una valutazione ufficiale dei danni. Solo se si riscontrerà che gli obiettivi non sono stati colpiti efficacemente, si prevedono ulteriori attacchi. Questa cautela fa intendere la volontà americana di non aprire un fronte troppo vasto in questa fase, ma senza rinunciare a rafforzare la propria posizione sul terreno.
Il ruolo ambiguo e nascosto del leader supremo iraniano
Ali Khamenei, leader supremo dell’Iran, appare raro e poco visibile dopo l’attacco. Video diffusi in rete lo mostrano motivato e rassicurante verso i suoi fedeli. Ma dall’altra parte crescono le voci critiche e ironiche dagli oppositori, che mettono in dubbio il suo coraggio e denunciano la sua assenza pubblica, mentre la popolazione soffre sotto i bombardamenti e senza rifugi adeguati.
Fonti quali il New York Times parlano di Khamenei rifugiato in un bunker segreto con la famiglia, isolato da qualunque strumento elettronico per paura di essere preso di mira. La Repubblica islamica vive così una fase di forte tensione interna, aggravata dall’espansione delle attività di intelligence israeliane. La crescente paranoia attorno alle infiltrazioni del Mossad alimenta sospetti e controlli serrati tra le fila della difesa e del potere iraniano.
Trump e il cambio di regime: parole ambigue e segnali contrastanti
La Casa Bianca ha cercato di minimizzare l’idea di un cambio di regime in Iran, definendo l’attacco come una risposta mirata a neutralizzare minacce. Il ministro della Difesa Pete Hegseth ha sottolineato che non si tratta di un progetto per rovesciare il governo, posizione condivisa dal segretario di Stato Marco Rubio, che ha ricordato quanto i precedenti tentativi americani in Medio Oriente abbiano portato conseguenze devastanti.
Eppure, lo stesso Trump ha usato termini meno ortodossi, cliccando su Truth Social e andando oltre: «Non è politicamente corretto parlare di cambio di regime, ma se l’attuale leadership iraniana non riesce a rendere l’Iran grande, perché non dovrebbe esserci un cambio? Miga!». Il presidente sembra quindi aprire uno spiraglio a una svolta più dura, pur mantenendo un discorso ambiguo che evita impegni ufficiali ma lascia emergere le sue posizioni più radicali.
Netanyahu tra fede e strategia politica
Benjamin Netanyahu ha mostrato forte vicinanza a Donald Trump nelle ore successive agli attacchi. Il primo ministro israeliano si è recato al Muro del Pianto a Gerusalemme per pregare, un gesto ripetuto in questa settimana di conflitti. Nel messaggio lasciato tra le pietre sacre ha citato l’operazione denominata “leone che sorge”, richiamando simboli biblici di forza e risveglio.
Netanyahu ha inoltre pregato per la salute del presidente Usa, segnando una ritrovata sintonia tra i due leader, simile a quella del passato. Trump lo ha definito “Bibi” e ha parlato di una collaborazione senza precedenti, ma dall’altra parte ha chiesto un contributo concreto: fermare gli attacchi iraniani e sospendere l’offensiva a Gaza. Le prossime mosse del governo israeliano saranno seguite con attenzione in questo equilibrio delicato.
La vulnerabilità interna negli stati uniti e i tagli alla sicurezza
Mentre cresce la tensione internazionale, negli Stati Uniti si registrano segnali preoccupanti sul piano della sicurezza interna. Thomas Fugate, un giovane di 22 anni con esperienza limitata e nessun curriculum antiterrorismo, è stato nominato direttore di una divisione fondamentale per la prevenzione degli attacchi sul territorio americano.
Questa scelta ha colto molti osservatori di sorpresa, soprattutto perché il bilancio dell’agenzia di cui Fugate ha preso la guida è stato ridotto di tre quarti. Un approccio ideologico e poco esperto rischia di lasciare vulnerabile il paese in una fase in cui le minacce interne e informatiche sono in crescita, e l’allarme terrorismo torna a essere una questione prominente.
La sfida della sovranità di taiwan tra discorsi e tensioni
Nel contesto di crisi globali, Taiwan ha acceso i riflettori con una serie di dieci discorsi pubblici programmati dal presidente Lai Ching-te. In questi interventi Lai afferma la sovranità e l’indipendenza dello stato insulare, respingendo le rivendicazioni di Pechino che considera Taipei parte integrante della Cina.
Taiwan soddisfa criteri fondamentali di uno Stato sovrano come popolazione, territorio, governo e relazioni internazionali, dice Lai, e contesta alcune interpretazioni storiche usate dalla Cina per giustificare la propria posizione. I prossimi discorsi toccheranno temi sensibili come la democrazia, la difesa e le relazioni con la Cina: argomenti che potrebbero alimentare ulteriori tensioni in un’area già sotto pressione per le dinamiche geopolitiche con l’America e la Cina.
Nuove bombe sulla capitale ucraina: morti e danni nelle ultime ore
La capitale ucraina Kiev è stata colpita di nuovo da un massiccio attacco russo durante la notte, con droni e missili lanciati contro obiettivi civili e militari. Le conseguenze tragiche si sono materializzate con sette morti, decine di feriti, incendi in zone residenziali e danni a un rifugio antiaereo nella metropolitana.
La zona più colpita è il quartiere Shevchenkivskyi, dove un palazzo è stato gravemente danneggiato. Il bilancio nella regione intorno alla città si aggrava con altre vittime e feriti. L’aeronautica ucraina ha però respinto quasi tutti i droni e missili: 339 su 352 e 15 su 16, dimostrando una difesa serrata degli spazi aerei. L’amministrazione locale di Kiev denuncia lo stile di attacco russo come deliberato per colpire in aree popolate, sottolineando la persistenza della pressione bellica sulla popolazione.
La liberazione di siarhei tikhanovsky e il sostegno degli Usa
Dalla Bielorussia arriva una notizia importante: Siarhei Tikhanovsky, figura di spicco dell’opposizione, è stato liberato dopo oltre cinque anni di carcere. La decisione, comunicata dall’ufficio di Lukashenko, è avvenuta per «motivi umanitari» e su richiesta diretta del presidente Trump, con mediazioni diplomatiche che hanno coinvolto anche l’inviato Usa per l’Ucraina Keith Kellogg.
Tikhanovsky ha potuto riabbracciare la moglie Svetlana, che dal 2020 guida l’opposizione bielorussa in esilio. La sua detenzione aveva attirato l’attenzione internazionale, specie per le condizioni di isolamento estremo e la totale mancanza di comunicazioni con la famiglia. Questa scarcerazione rappresenta un gesto con valenze politiche e sociali in una regione ancora segnata da repressioni e tensioni verso il dissenso.
La class action contro tiktok e meta per danni alla salute mentale
La pressione sui giganti dei social media aumenta, con una causa legale che coinvolge TikTok e Meta , accusate di promuovere meccanismi che amplificano la dipendenza e peggiorano i problemi di salute mentale soprattutto tra adolescenti. La vicenda parte dal racconto di Caroline Koziol, ex nuotatrice affetta da anoressia, vittima di contenuti nocivi suggeriti dagli algoritmi.
Circa 1.800 querelanti, tra cui famiglie, scuole e procuratori generali di diversi Stati Usa, sostengono che le piattaforme abbiano consapevolmente ignorato gli effetti negativi, anche dopo ricerche interne rivelate alla stampa. La causa è fissata per la prossima primavera e punta a mettere in luce le responsabilità delle grandi aziende digitali nella tutela della salute pubblica.
Una pioggia di jet privati a venezia per il matrimonio di jeff bezos
In tempi di crisi globale, Venezia si prepara a ricevere un afflusso eccezionale di jet privati. In occasione del matrimonio dell’ex presidente di Amazon Jeff Bezos con Lauren Sánchez, sono attesi quasi cento velivoli provenienti soprattutto dagli Stati Uniti. Il primo atterraggio è previsto per il 24 giugno mattina, l’ultimo per il tardo pomeriggio del 27.
Gli invitati, circa 200, arriveranno a bordo di aeromobili di lusso gestiti da società dedicate o attraverso compagnie di comodo, alcuni posseduti direttamente dai passeggeri vip. L’evento, di grande richiamo mediatico, ha suscitato diverse reazioni tra chi osserva un contrasto tra il lusso sfrenato e le emergenze che il mondo affronta.
Il primo titolo nba per gli oklahoma city thunder e l’infortunio che ha segnato la finale
Gli Oklahoma City Thunder hanno conquistato il primo titolo Nba della loro storia battendo gli Indiana Pacers in gara-7, giocata al Paycom Center di Oklahoma City. Il match è stato segnato dalla grave assenza della «stella» di Indiana, Tyrese Haliburton, vittima di un infortunio al tendine d’Achille dopo pochi minuti di gioco, evento che ha pesantemente condizionato la partita.
Haliburton aveva già giocato nonostante un problema al polpaccio, dimostrando grande determinazione. Nonostante la sconfitta, gli Indiana Pacers hanno confermato la loro reputazione di squadra tenace e combattiva fino alla fine della serie. Questa vittoria rappresenta una svolta per la franchigia di Oklahoma, che corona con il titolo un percorso storico.