Putin e Zelensky: l’incontro si allontana tra dubbi e divisioni in Europa

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Putin e Zelensky, il faccia a faccia sempre più lontano tra tensioni europee - Gaeta.it

Donatella Ercolano

2 Settembre 2025

L’atteso faccia a faccia tra Vladimir Putin e Volodymyr Zelensky, considerato un passo chiave verso la pace in Ucraina, sembra sempre più lontano. Dopo quindici giorni di trattative e promesse, le aperture si sono affievolite. Le tensioni tra Mosca, Kiev e l’Unione europea restano alte, mentre i leader europei si preparano a rafforzare la difesa lungo i confini orientali. Il quadro è complicato, con forti contrasti sul terreno e un ruolo diplomatico ancora incerto per attori come la Turchia.

L’incastro difficile per far incontrare Putin e Zelensky

L’idea di un incontro urgente tra Putin e Zelensky era partita da Washington, con l’obiettivo di fissarlo entro quindici giorni per provare a disinnescare la crisi. Quel termine si avvicina, ma un accordo concreto ancora non c’è. Fonti russe hanno smentito che ci sia già un’intesa, sottolineando la necessità di preparare tutto con attenzione, sia sul piano tecnico che diplomatico. Zelensky ha escluso qualsiasi concessione territoriale, confermando che l’Ucraina non intende cedere nemmeno un centimetro delle terre occupate. Dall’altra parte, Putin mantiene una posizione rigida, anche se lascia aperta la porta a colloqui ben studiati. Il Cremlino vorrebbe ripartire dai punti discussi a Istanbul nella primavera del 2022, ma tornare a quell’accordo significherebbe accettare una pace arrivata con anni di ritardo e un prezzo umano altissimo. Insomma, nonostante qualche segnale formale, la voglia di un compromesso serio resta molto limitata da entrambe le parti.

Europa spaccata, Von Der Leyen punta sulla deterrenza

L’Unione europea è divisa tra chi spinge per il dialogo e chi invece vuole tenere duro con Mosca. Al recente vertice di Washington, Ursula von der Leyen ha mantenuto un profilo cauto, lontana da chi chiede un impegno bipartisan per i negoziati. La presidente della Commissione ha voluto ricordare la sofferenza dei civili ucraini e il forte legame transatlantico, senza però entrare nel merito di come gestire il Cremlino. Poco dopo, durante la sua visita al confine polacco con la Bielorussia, ha mostrato un altro volto: ha promesso di quasi quintuplicare gli investimenti per la difesa dell’Europa orientale e di rafforzare la mobilità militare. Von der Leyen ha ribadito che Putin resta una minaccia reale, che si può contenere solo con una deterrenza solida. Il premier polacco Tusk ha sposato questa linea, chiedendo un Occidente unito e deciso, paragonando la situazione all’epoca della nascita di Solidarnosc. A queste posizioni si è aggiunto il presidente del Consiglio europeo, Antonio Costa, che ha parlato di fine dell’ingenuità geopolitica e della necessità di affiancare alla diplomazia una presenza militare più forte. Ora l’attenzione è tutta sulla protezione dei confini europei, con nuovi fondi per i Paesi vicini a Russia e Bielorussia, segno che l’Europa si prepara a una strategia di sicurezza più bellicosa.

Dopo il vertice, Zelensky e Putin tornano alle posizioni di sempre

Finito il clamore mediatico del vertice alla Casa Bianca, i protagonisti sono tornati sulle loro posizioni rigide. Zelensky ha ribadito davanti ai giornalisti che non ha intenzione di cedere nemmeno un centimetro di territorio agli occupanti, nonostante le pesanti perdite subite nel Donbass e in Crimea. Questa fermezza contrasta con le voci circolate durante il summit di Washington, che avevano parlato di uno scambio di territori, anche se non immediato. Putin, invece, non sembra interessato a chiudere in fretta una pace. Riaffermando gli accordi già discussi a Istanbul, evita nuove concessioni e rilancia richieste già note. Sa che questa guerra si è trascinata per anni e che qualsiasi accordo ora significherebbe ammettere ritardi e grandi sacrifici. Nel frattempo, il Cremlino lancia avvertimenti all’Europa, scoraggiando l’invio di truppe in Ucraina e mostrando la capacità di colpire obiettivi europei, come con gli attacchi missilistici a Kiev e i problemi al sistema GPS che hanno coinvolto l’aereo di von der Leyen in Bulgaria. Mentre il tempo passa senza risultati concreti, Russia, Ucraina e Unione europea sembrano lontani dal voler rivedere davvero le proprie strategie militari.

La Turchia: ponte diplomatico tra Est e Ovest

In mezzo a questo stallo, la Turchia si muove come un possibile ponte diplomatico. Il presidente Erdogan ha rafforzato i legami con Putin, auspicando perfino una visita ufficiale del presidente russo in Turchia per consolidare la collaborazione. Ankara si è proposta come un interlocutore chiave, non solo per la guerra in Ucraina, ma anche per altre crisi nella regione, dalla Siria al Mediterraneo orientale. La posizione turca è più pragmatica e meno schierata rispetto a quella degli attori occidentali, e questo potrebbe aprire qualche canale di dialogo utile. I rapporti tra Ankara e Mosca mostrano una convergenza su diversi fronti, anche se resta da capire quanto la Turchia riuscirà a influenzare davvero gli sviluppi in Ucraina. Per ora, il suo ruolo sembra limitato a mediare, in attesa che i protagonisti trovino motivi concreti per avviare trattative più serie.

La scadenza fissata da Donald Trump per l’incontro tra Putin e Zelensky mette in luce tutte le difficoltà di un accordo di pace. Le divisioni in Europa, le posizioni inflessibili di Mosca e Kiev e le complicazioni diplomatiche con altri attori confermano quanto sia complesso il quadro attuale. La strada verso una riconciliazione è ancora lunga e il rischio che tensioni e conflitti continuino a dominare la scena geopolitica resta molto alto.