La determinazione precisa della velocità di espansione dell’universo resta uno dei principali enigmi della cosmologia moderna. La cosiddetta tensione di Hubble, che indica una discrepanza nei valori misurati della costante che rappresenta questa espansione, continua a generare dibattito tra gli studiosi. Due gruppi di ricerca, uno dell’università di Bonn e un altro di St. Andrews, hanno proposto un modello alternativo basato su una diversa teoria della gravità che potrebbe risolvere questo problema.
Che cos’è la tensione di hubble e perché conta per la cosmologia
L’universo si sta espandendo da oltre 13 miliardi di anni, un fenomeno osservato dalle prime misurazioni di Edwin Hubble negli anni ’20. Tale espansione implica che le galassie si allontanano l’una dall’altra a una velocità che aumenta in proporzione alla loro distanza. La costante di Hubble-Lemaitre funge da coefficiente per questa relazione: consente di tradurre la distanza misurata in velocità di allontanamento.
Il problema delle misurazioni discordanti
Il problema nasce ora, dato che diversi metodi di misurazione offrono risultati discordanti sul valore esatto di questa costante. Le osservazioni dirette delle galassie vicine danno valori diversi rispetto a quelli ricavati dalle osservazioni della radiazione cosmica di fondo, quel segnale residuo del Big Bang. Questo scostamento, chiamato tensione di Hubble, ha portato a ipotizzare che qualche aspetto fondamentale della fisica cosmica resti ancora da comprendere.
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Metodi tradizionali per misurare l’espansione dell’universo e le loro limitazioni
Per stimare la costante di Hubble, gli astronomi combinano misurazioni della distanza a oggetti celesti di riferimento con la loro velocità di allontanamento, dedotta dallo spostamento verso il rosso delle loro emissioni luminose. Le distanze vengono stimate tramite metodi come le candele standard, per esempio le supernove di tipo Ia, o attraverso la mappatura della radiazione cosmica di fondo raccolta da satelliti come Planck.
Sfide tecniche e sistematiche
Tuttavia queste misurazioni presentano sfide tecniche e sistematiche. Le supernove sono brillanti e ben studiate, ma dipendono da calibrazioni complesse. La radiazione di fondo offre invece una fotografia dell’universo primordiale, che richiede modelli teorici per tradurre i dati in valori della costante di Hubble. Le differenze nei risultati suggeriscono che potrebbe esserci un errore nei modelli o fenomeni non ancora inclusi nelle assunzioni standard.
La nuova ipotesi delle università di bonn e st. andrews: una gravità diversa per spiegare le discrepanze
Il team congiunto ha adottato un approccio che mette in discussione la teoria gravitazionale tradizionale di Einstein, alla base del modello cosmologico prevalente. Hanno eseguito simulazioni con una formulazione alternativa chiamata dinamica newtoniana modificata , sviluppata negli anni ’80 dal fisico israeliano Mordehai Milgrom. Questa teoria modifica l’intensità della forza di gravità su scale molto piccole di accelerazione e potrebbe influenzare le velocità osservate delle galassie.
Applicando mond ai dati sulle galassie vicine, i ricercatori hanno visto che la tensione di Hubble si riduce o addirittura scompare. La spiegazione fornita è che la differenza nelle misurazioni non indica più una realtà cosmica duplice, ma deriva dall’eterogenea distribuzione di materia nell’universo. Pertanto, l’espansione sarebbe in effetti governata da una sola costante, mentre le apparenti deviazioni sarebbero causate dalle fluttuazioni locali di massa.
Interpretazioni e risultati
“La differenza nelle misurazioni non indica più una realtà cosmica duplice, ma deriva dall’eterogenea distribuzione di materia nell’universo.”
Implicazioni della teoria mond per la comprensione dell’universo e i prossimi passi
Se confermata, questa interpretazione rivoluzionerebbe alcune delle fondamenta della cosmologia, spingendo a rivedere l’uso esclusivo della relatività generale di Einstein nelle descrizioni dell’espansione cosmica. La dinamica newtoniana modificata potrebbe offrire una chiave per risolvere problemi ancora aperti sulla distribuzione della materia oscura e sulla struttura dell’universo.
Il lavoro delle università di Bonn e St. Andrews propone di ampliare lo studio con dati più dettagliati e simulazioni più sofisticate, integrando altre osservazioni astronomiche. Sarà essenziale confrontare queste previsioni con i dati provenienti da nuovi telescopi e missioni spaziali in programma nei prossimi anni. L’obiettivo è verificare con maggiore precisione il comportamento della gravità su larga scala e confermare se mond può effettivamente sostituire modelli tradizionali o se necessita di ulteriori correzioni.
I risultati di queste ricerche aprono nuove strade nel dibattito scientifico, portando la comunità a considerare alternative più radicali nel tentativo di decifrare le profonde leggi che governano il cosmo.