Maxi-processo droni nelle carceri italiane: ricorsi in appello per 29 imputati condannati a oltre 250 anni

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Maxi-processo droni in carcere, 29 condanne in appello - Gaeta.it

Donatella Ercolano

28 Agosto 2025

Il sistema di rifornimento di telefoni e droga nelle carceri italiane tramite droni ha portato a uno dei processi più grandi contro la criminalità organizzata degli ultimi anni. Dopo la condanna in primo grado di 29 persone, totalizzando più di 250 anni di carcere, ora si aprono i ricorsi in appello. L’indagine ha rivelato come la camorra abbia utilizzato tecnologie avanzate per alimentare il contrabbando dentro 19 istituti penitenziari tra Sud e Nord Italia, sfruttando anche la complicità di agenti della polizia penitenziaria. Un caso che mette a fuoco le fragilità del sistema carcerario e le strategia criminali per continuare a gestire affari illegali nonostante la sorveglianza.

Il contrabbando con i droni: una rete organizzata tra 19 carceri italiane

Il sistema criminale raccolto nel processo si fondava sull’uso di droni per consegnare direttamente dentro i penitenziari smartphone, telefoni per chiamate vocali e soprattutto droga. Dal Piemonte alla Sicilia, 19 carceri sono state collegate da una rete che non usava canali tradizionali ma voli a bassa quota, con pacchi calati dall’alto. Gli imputati avevano stabilito prezzi fissi per ogni categoria di prodotto: mille euro per uno smartphone, 250 per un cellulare base e fino a 7.000 euro per mezzo chilo di stupefacenti.

Il pilota-chiave di queste consegne era Giorgio Ciriello, considerato esperto nella pianificazione di rotte capaci di evitare i sistemi anti-intrusione delle prigioni. La regia tecnica e organizzativa faceva capo a Vincenzo Scognamiglio, mentre l’imprenditore Antonio Castiello forniva i droni necessari all’attività. Questi ultimi hanno permesso un salto qualitativo nel contrabbando, trasformando i cieli sopra le carceri in vere e proprie piste di atterraggio illegali. Le intercettazioni e le indagini hanno mostrato un meccanismo simile a un servizio a chiamata con tariffe prestabilite, che garantiva una fornitura costante e modulata sulle richieste.

La diffusione di questo sistema conferma un fenomeno che nella criminalità italiana sta prendendo sempre più piede: l’uso di tecnologia per eludere i controlli penitenziari tradizionali. Simili episodi sono stati segnalati anche in altri istituti, come a Foggia, dove un drone carico di telefoni e droga è stato abbattuto e confiscato. Ciò indica che ormai il problema non riguarda solo la camorra napoletana ma ha raggiunto un ambito nazionale, con effetti pesanti sulla sicurezza interna ai penitenziari.

Arresti a marzo 2023 e i legami con i clan storici Di Napoli e provincia

Il primo momento chiave dell’indagine è stato il 19 marzo 2023, con l’esecuzione di 21 misure cautelari. Nel mirino della giustizia non sono finiti solo i gestori tecnici del sistema droni, ma anche vari esponenti della criminalità organizzata napoletana e dei suoi clan. Tra gli arrestati spiccano figure come Ciro Contini, detto ’o nirone, nipote del boss Eduardo Contini, e altri giovani affiliati legati a gruppi criminali ben radicati nel territorio.

Il quadro investigativo ha portato a iscrivere nel registro degli indagati nomi di rilievo che rappresentano le principali consorterie di camorra sono i gruppi Abbinante, Vigilia, Fusco, Mazzarella, De Micco, Puccinelli, Sibillo e altri. Questi coinvolgimenti dimostrano come il traffico tramite droni non fosse un problema isolato ma il risultato di rapporti stretti con clan che sfruttano ogni opportunità per mantenere i contatti e gestire affari dentro le carceri, un tempo zone apparentemente separate dall’organizzazione criminale.

Le indagini si sono avvalse di intercettazioni ambientali e telefoniche, oltre alla testimonianza di collaboratori di giustizia. Sono emersi non solo i nomi dei corruttori e dei piloti ma anche una rete di complicità che attraversava la vita interna delle carceri, con trasferimenti di droga e telefoni che continuavano a scorrere nonostante i controlli.

Il ruolo inquietante degli agenti penitenziari corrotti nelle consegne illegali

L’inchiesta ha svelato una dinamica ancora più grave: la complicità di quattro agenti della polizia penitenziaria coinvolti nel facilitare l’ingresso di telefoni e droga nelle carceri dietro pagamento. Questi operatori interni, secondo gli atti, hanno contribuito ad aggirare i controlli e rendere vulnerabile un sistema già messo sotto pressione da organici ridotti e strutture spesso non adeguate.

Il fenomeno dei “corrotti” ribadisce la pericolosità di un sistema carcerario dove il controllo interno non sempre riesce a impedire infiltrazioni e traffici illeciti. Gli agenti coinvolti hanno favorito il passaggio delle merci vietate, alimentando la domanda e rafforzando l’organizzazione criminale che tramite i droni manteneva lo scambio con l’esterno.

Questa complicità è stata centrale nell’indagine e ha aperto un dibattito sul sistema di sicurezza che regola le prigioni in Italia, dove sottorganico e carenze strutturali rappresentano condizioni che criminali e corruzione riescono a sfruttare. Gli episodi recenti, inclusi problemi di evasioni e tensioni all’interno di vari istituti, dimostrano quanto sia delicato il mantenimento dell’ordine in queste realtà.

Appello in corso, strategie difensive e prospettive processuali

Dopo le condanne ottenute con il rito abbreviato, i legali degli imputati hanno presentato ricorsi in appello. Tra le strategie esaminate dai difensori ci sono contestazioni sulla validità e l’interpretazione delle intercettazioni, le dimensioni e i ruoli attribuiti agli accusati, oltre a un tentativo di ridimensionare la configurazione della rete come un’organizzazione criminale strutturata. Gli avvocati coinvolti hanno infatti rilanciato un attacco sull’impianto accusatorio, cercando di far decadere o alleggerire le pene.

Il nuovo procedimento giudiziario riporterà tutta l’attenzione su un’inchiesta che ha acceso i riflettori su una frontiera poco conosciuta della criminalità, ovvero il modo in cui tecnologia avanzata e tradizione mafiosa si incrociano dentro le carceri. La presenza di un pilota esperto dei droni, l’attività di fornitori qualificati e la rete di distribuzione dimostrano un nuovo livello di organizzazione.

Le modifiche normative recenti, tra cui decreti sulla giustizia che interessano la gestione dei processi penali e delle misure cautelari, potranno influenzare anche il prosieguo delle udienze. Il caso rimane un esempio di come le evoluzioni tecnologiche possono complicare le attività di controllo e lotta alla criminalità mentre le corti lavorano per definire responsabilità e pene.


La vicenda del traffico con droni dentro le carceri mette in evidenza un delicato equilibrio tra innovazioni tecnologiche e sicurezza degli istituti penitenziari. Il processo che continua in appello coinvolge aspetti giudiziari complessi, intrecci tra clan e corruzione ma anche un sistema carcerario che deve fronteggiare sfide sempre nuove. La magistratura segue da vicino questo caso per definire come contrastare simili reti in futuro.