Il fenomeno dei video falsi diffusi in rete cresce senza freni, causando danni irreparabili a persone pubbliche e figure professionali. Matteo Bassetti, infettivologo del policlinico San Martino di Genova, ha denunciato l’ultimo episodio di un video manipolato con intelligenza artificiale che lo riguarda. L’uso scorretto di queste tecnologie solleva questioni sulla regolamentazione della Rete e sull’efficacia delle denunce. Il racconto di Bassetti fa luce su un problema che coinvolge la giustizia, la politica e la società civile nel tentativo di arginare abusi sempre più sofisticati.
Il video fake a sfondo criminale che ha scosso matteo bassetti
Negli ultimi giorni, un video completamente contraffatto ha fatto il giro della rete mostrando un presunto servizio tg1 in cui si annunciava l’uccisione di Matteo Bassetti. In realtà, si tratta di un falso costruito con intelligenza artificiale. Il video si appropria dell’immagine di una giornalista e di un medico, ingannando chi lo guarda e sfruttando la notorietà dell’infettivologo per scopi commerciali. Bassetti ha espresso una forte amarezza per l’accaduto, sottolineando che la diffusione di queste menzogne riesce a minare la fiducia nel lavoro di chi opera in prima linea e a destabilizzare il pubblico.
L’episodio rappresenta un salto di qualità preoccupante nell’uso improprio delle tecnologie digitali. Non si tratta solo di una fake news, ma di un prodotto costruito con attenzione per sembrare autorevole e credibile. La mancanza di una risposta efficace da parte delle autorità amplifica la sensazione di impunità, spesso vissuta come un invito a continuare su questa strada senza freni.
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Le difficoltà legali e la sensazione di impotenza delle vittime
Matteo Bassetti ha ricordato come in passato abbia già intrapreso azioni legali contro chi diffonde informazioni false su di lui. Nonostante l’impegno, ha constatato che i risultati sono stati nulli. «Spendi soldi, investi in avvocati e poi il risultato finale è zero», ha detto in un’intervista all’adnkronos Salute. Questo scenario scoraggia non solo lui, ma anche chi, in generale, vorrebbe tutelarsi dalle ingiustizie digitali.
Il blocco delle indagini, la lentezza dei procedimenti e la difficoltà a identificare i responsabili sono problemi largamente diffusi in Italia. Le forze di polizia e gli strumenti attualmente a disposizione risultano insufficienti rispetto alla rapidità e complessità delle nuove tecnologie. Così, chi subisce attacchi digitali spesso si trova a dover scegliere se procedere con denunce che non porteranno a conseguenze o lasciar correre per evitare inutili spese.
Questo meccanismo alimenta un senso di frustrazione, spingendo molte vittime a non denunciare più, con anche ricadute negative sull’intero sistema di controllo e prevenzione del fenomeno.
L’intelligenza artificiale: risorsa preziosa e rischio da governare
Nonostante la controversia legata all’uso scorretto, Matteo Bassetti conserva una visione positiva sull’intelligenza artificiale. La definisce una conquista «grandissima e straordinaria» capace di aiutare i progressi anche in campo sanitario. Il problema, secondo lui, nasce dall’utilizzo improprio da parte di soggetti che usano l’AI per scopi commerciali o disonesti, danneggiandone la reputazione e la credibilità.
L’ampio impiego dell’intelligenza artificiale richiede quindi una regolamentazione specifica. Senza controlli adeguati, il rischio è che queste tecnologie vengano sfruttate per diffondere falsità e provocare danni. Bassetti invita a separare il valore tecnico dell’AI dall’uso illecito, sottolineando la necessità di proteggere questo strumento da distorsioni che ne compromettano l’immagine pubblica.
La richiesta di una normativa mirata per la rete e la responsabilità della politica
Bassetti ha sollevato un tema che coinvolge la politica e il sistema giuridico italiano. Il medico afferma che l’attuale situazione nel web somiglia a un «far west» dove chiunque può agire senza rispettare regole, mentre nel mondo reale le norme vengono fatte rispettare da polizia, magistratura e società civile. Serve una legge speciale che regoli la rete con strumenti e procedure capaci di affrontare nuove emergenze, considerando che oggi le regole online appaiono poco stringenti.
Il confronto tra la “vita reale” e la Rete mette in luce una disomogeneità pericolosa: aumentano i fenomeni di abuso, ma l’apparato burocratico e giudiziario non sembra in grado di intervenire con tempestività. Anche la polizia postale trascina la fatica nel risalire ai responsabili, rendendo poco efficace la strada della denuncia per cittadini e professionisti.
Bassetti sostiene che certe violazioni, come nel suo caso, dovrebbero procedere d’ufficio senza dover dipendere dalla volontà del singolo, poiché sono attacchi di portata tale da compromettere sicurezza e credibilità di persone pubbliche.
Il peso sociale e giuridico delle fake news nel contesto digitale italiano
Il caso di Matteo Bassetti evidenzia una questione che trascende la singola vicenda personale e coinvolge tutta la società. Le fake news e i contenuti manipolati con tecnologie all’avanguardia diventano veicoli di disinformazione e minano la fiducia nelle istituzioni e nei professionisti. Quando la Rete si trasforma in un ambiente dove domina l’impunità, anche il dialogo pubblico si deteriora.
La giustizia appare lenta e incapace di fornire risposte efficaci in tempi adeguati. Questo comporta due velocità nel sistema, uno scandalo che tocca la percezione di equità e tutela dentro il Paese. L’amarezza di Bassetti riflette un disagio diffuso tra chi opera nella vita pubblica e subisce attacchi digitali senza uno strumento capace di difenderli realmente.
La discussione attorno a questi temi si fa sempre più urgente nel 2025, con fenomeni che si moltiplicano insieme alla diffusione di strumenti digitali avanzati. Per ora, le azioni intraprese non bastano a fermare la crescita di questo tipo di minacce.