L’impegno dei paesi europei nella nato all’aia: come il presidente trump ha spinto a un salto nella difesa comune

L’impegno dei paesi europei nella nato all’aia: come il presidente trump ha spinto a un salto nella difesa comune

L’incontro della Nato all’Aia nel 2025 segna un impegno storico dell’Europa per aumentare spese militari e infrastrutture, influenzato dalle pressioni di Donald Trump e con protagonisti Germania, Francia, Gran Bretagna e Italia.
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Il vertice Nato all’Aia del 2025 ha segnato un impegno storico dell’Europa nel rafforzare la difesa comune, spinta dalle pressioni di Trump, con aumenti significativi di spesa militare e una svolta nella cooperazione finanziaria e strategica. - Gaeta.it

L’incontro dei leader della Nato all’Aia ha segnato un momento decisivo per l’Europa nella gestione della propria sicurezza. La decisione di aumentare le spese militari e le infrastrutture collegate evidenzia una nuova attenzione verso la difesa collettiva, dopo anni in cui gli impegni erano rimasti parziali o poco concretizzati. Senza la pressione e le minacce del presidente americano Donald Trump, l’Europa probabilmente non avrebbe affrontato con questa determinazione la sfida di rafforzare la propria posizione dentro l’Alleanza atlantica.

Come trump ha influenzato l’impegno europeo nella difesa

Quando Donald Trump è tornato alla Casa Bianca, ha imposto un nuovo corso nei rapporti transatlantici. La sua critica feroce verso molti paesi europei, accusati di essere “parassiti” in tema di difesa, e la minaccia di lasciare quei paesi senza il supporto militare americano hanno costretto i leader europei a reagire. Al vertice della Nato all’Aia nel 2025, l’Europa ha firmato un impegno inedito: destinare almeno il 3,5% del proprio prodotto interno lordo alla difesa e un ulteriore 1,5% alle infrastrutture militari. Un salto superiore rispetto al passato e da molti ritenuto necessario in un contesto geopolitico teso.

Una spesa che cambia le regole del gioco

Questa scelta non nasce da un semplice aumento di spesa. Vale la pena ricordare che, dal 2014, molti paesi non avevano aumentato i fondi per la difesa nella convinzione che gli Stati Uniti avrebbero sempre compensato ogni debolezza, sostenendo interamente la Nato. Il risultato era che quelle cifre non investite in Europa ammontavano a quasi 827 miliardi di dollari, cioè l’intero bilancio militare statunitense. Trump, con il suo approccio duro, ha forzato l’Europa a mettere mano al portafoglio, mettendo in discussione quell’ipotesi di sicurezza statica.

Un salto storico nelle alleanze militari europee

Il vertice dell’Aia ha portato conseguenze immediate e innovative. Prima di tutto, si è deciso di emettere 150 miliardi di dollari di debito comune per la difesa, una cifra che moltiplica per decine di volte gli stanziamenti precedenti, che erano all’incirca di tre miliardi l’anno. Questa novità segna un passo importante verso una condivisione finanziaria più concreta, rompendo schemi tradizionali di nazionalismo militare.

Protagonisti del nuovo corso europeo

Paesi che fino a pochi mesi fa si mostravano riluttanti hanno modificato i loro programmi. La Germania, ad esempio, ha previsto impegni militari senza precedenti con 95 miliardi di euro per il 2025 e intenti di arrivare a 162 miliardi nel 2029. La Francia ha dato segnali chiari di apertura, pensando di condividere il proprio arsenale nucleare, gesto simbolico e politico di grande peso per la deterrenza dell’intera Nato europea. La Gran Bretagna ha rinegoziato la sua presenza all’interno del sistema difensivo europeo, superando anni di divergenze. Anche l’Italia ha annunciato un cambio di passo, con l’aumento progressivo della spesa militare al 5% del Pil entro dieci anni.

Tra sovranità nazionale e nuovi investimenti militari

Questo cambiamento è rilevante soprattutto perché tocca un nervo scoperto nella politica europea contemporanea: il rapporto tra sovranità nazionale e spese militari. Da sempre, in molti paesi europei, movimenti di destra e sinistra hanno manifestato dubbi o addirittura contrasti rispetto a maggiori investimenti militari. Il nuovo contesto, però, ha evidenziato che non esiste sovranità reale senza una difesa adeguata e moderna.

L’esempio italiano

L’Italia rappresenta un caso emblematico: passando dall’1,6% al 2,5% del Pil già nel 2025, e puntando al 5% in futuro, il paese ha rotto con lo status quo. Questa scelta è stata accolta con qualche polemica interna ma ha mostrato la volontà di affermare un ruolo più forte negli equilibri europei e anche nella Nato. Non a caso, da più parti si sottolinea che la vera protezione del benessere e della sicurezza cittadina passa attraverso la capacità di difendersi, e il riassetto economico di questi mesi conferma questa necessità.

La rinascita della difesa europea dopo anni di disattenzione

Dopo un lungo periodo in cui gli investimenti militari europei erano diminuiti, la situazione si è ribaltata. Gli effetti dei decenni di pace avevano portato al declino delle capacità militari e alla contrazione della base industriale della Difesa. Adesso, l’Europa ha finalmente dimostrato di voler recuperare terreno, con un impegno collettivo che non si vedeva da molto tempo.

È sorprendente che questa inversione sia in parte frutto di una presidenza americana che fino a poco fa sembrava mettere in dubbio la centralità della Nato. Quella di Trump è la prima vittoria in chiave europea ottenuta dopo anni di riluttanza. I timori su spese militari troppo alte e dibattiti politici ormai sono meno rumorosi: molti partiti che avrebbero potuto opporsi sono gli stessi che avevano apprezzato il presidente americano. Una singolarità destinata a segnare il presente e gli anni a venire nella politica europea della Difesa.

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