L’effetto duraturo dei dazi trumpiani sull’economia europea e il rischio di contrazione del commercio

L’effetto duraturo dei dazi trumpiani sull’economia europea e il rischio di contrazione del commercio

I dazi del 15% imposti dagli Stati Uniti colpiscono duramente le esportazioni di Germania e Italia, riducendo il pil e indebolendo la capacità produttiva europea, mentre l’Unione europea cerca nuovi mercati tra sfide complesse.
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L’articolo analizza l’impatto negativo dei dazi del 15% imposti dagli Stati Uniti sulle esportazioni europee, evidenziando le conseguenze economiche e industriali per Germania, Italia e altri paesi, con effetti duraturi su competitività, capacità produttiva e relazioni commerciali. - Gaeta.it

L’imposizione di dazi del 15% sulle merci europee da parte degli Stati Uniti rischia di lasciare segni forti non solo sul breve periodo, ma anche negli anni a venire. Le conseguenze non si limitano all’aumento immediato dei costi per le imprese esportatrici, ma colpiscono la struttura stessa del commercio e la capacità produttiva dei paesi coinvolti. L’analisi dell’Ispi mette in luce come le ripercussioni vadano ben oltre l’aritmetica delle tariffe.

L’impatto dei dazi sulle economie di germania e italia

Il peso economico delle esportazioni verso gli Stati Uniti è molto diverso tra i principali paesi europei. Germania e Italia, con una forte base industriale che fa affidamento sul mercato americano, risultano particolarmente vulnerabili alle tariffe imposte da Washington. L’attuale stima, basata sul modello dell’Ispi, indica che un dazio fisso del 15% porterebbe a una riduzione del pil di circa 0,3% per la Germania e dello 0,2% per l’Italia. La Francia, con una esposizione minore, subirebbe una contrazione più contenuta, intorno allo 0,1%.

Il ruolo del cambio dollaro-euro

Queste percentuali, già di per sé significative, diventano più rilevanti se si considera il ruolo del cambio dollaro-euro. Il deprezzamento del dollaro significa che il costo effettivo per le imprese europee che esportano in valuta americana si avvicina al 30%. Le aziende si trovano davanti a una scelta difficile: mantenere il prezzo in dollari ma ridurre i ricavi in euro o mantenere i profitti e rischiare di perdere terreno sul mercato statunitense. Questo duello tra prezzo e competitività rende la situazione assai complessa.

In pratica, oltre al costo diretto delle tariffe, si aggiunge una perdita di capacità di penetrazione sul mercato americano che, secondo i calcoli, potrebbe ridurre le esportazioni europee verso gli Stati Uniti di un quarto, fino a quasi un terzo. Un calo così forte rischia di compromettere strategie industriali e rapporti commerciali consolidati nel tempo.

Le conseguenze a lungo termine sulle capacità produttive e l’interscambio

Le difficoltà non si esauriscono con la diminuzione dei volumi esportati. Il problema più grave è la capacità di ricostruire questi mercati una volta persi: le quote di mercato non si recuperano facilmente e la contrazione degli investimenti nelle produzioni destinate agli Stati Uniti si traduce in un indebolimento strutturale delle filiere produttive europee.

L’impatto industriale e commerciale

Il rischio quindi riguarda non solo l’aspetto commerciale ma anche la dimensione industriale: meno export significa meno ricavi, meno investimenti e alla fine meno innovazione e sviluppo tecnologico. Tra Europa e Stati Uniti si è storicamente instaurato un sistema di interconnessione produttiva e commerciale che oggi è messo in crisi.

Carlo Calenda, ex ministro dello Sviluppo economico, ha definito queste condizioni come “disastrose”, evidenziando il pericolo di una sottomissione a una politica esterna che impone termini svantaggiosi per l’Europa. La validità di questa critica si vede nei numeri e negli impatti descritti, che vanno oltre il semplice aumento dei costi.

Le difficoltà nel trovare mercati alternativi e nuovi accordi commerciali

Per compensare la perdita causata dai dazi, l’Unione europea ha indicato la necessità di aprire nuovi mercati e firmare accordi commerciali con altri paesi o regioni. Ma questa strada presenta ostacoli non trascurabili. Gli accordi bilaterali o multilaterali richiedono tempi lunghi per essere negoziati, e spesso coinvolgono questioni complesse da definire tra molteplici attori.

In aggiunta, il ‘trade diversion’ aggrava la situazione. Quando un grande importatore impone dazi, gli esportatori che perdono quote sul suo mercato cercano di vendere altrove, intensificando la competizione su mercati già contesi. Questa redistribuzione degli scambi non sempre permette di sostituire in modo diretto il volume perso, perché non tutti gli sbocchi di mercato offrono lo stesso livello di remunerazione o di accesso.

La sfida della concorrenza e del mercato globale

Le imprese europee si trovano così a dover affrontare una concorrenza più dura e un ambiente commerciale che cambia rapidamente e in modo difficile da prevedere. Il tentativo di diversificare rischia di scontrarsi con queste dinamiche, almeno nel breve termine, lasciando aperta la strada a effetti negativi prolungati.

L’equilibrio tra Europa e Stati Uniti si sta ridefinendo sotto il peso di queste politiche tariffarie. Le scelte che erano state prese nei primi anni del 2020 rischiano di segnare profondamente gli scambi economici e il tessuto produttivo europeo anche per tutto il decennio in corso.

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