Cannes accoglie una nuova prospettiva del cinema italiano, lontano dai classici scorci turistici, con “le città di pianura” di Francesco Sossai. Dopo il successo di mario martone, questa pellicola apre uno sguardo sulle realtà meno conosciute del nordest, raccontando storie di persone comuni nelle loro vite quotidiane. Il film affronta l’immagine spesso idealizzata di questa regione, mostrando invece le ombre e le fragilità che le abitano.
Un nordest lontano dalle cartoline, tra vita vera e atmosfere notturne
Francesco Sossai, nato a Feltre in provincia di Belluno e formatosi a Roma, ha voluto evitare le classiche immagini da cartolina con laghi e dolomiti perfetti. Il suo intento è immergere chi guarda nel nordest meno celebrato, quello che si nasconde dietro le luci patinate. Il film si muove in uno scenario variegato, specialmente notturno, attraversando bar e spazi comuni dove si trova quella parte di società quasi invisibile al grande pubblico.
Sossai ha scritto la storia insieme ad Adriano Candiago, scegliendo di raccontare il nordest attraverso un viaggio on the road particolare. Non è un racconto dinamico e frenetico, ma piuttosto una lenta esplorazione di luoghi e incontri, scandita dal ritmo del quotidiano e delle abitudini di chi abita quei territori. Le atmosfere sono importanti per restituire la sensazione di isolamento e spaesamento che spesso vivono i protagonisti, prendendo le distanze dalle immagini da cartolina usate dal marketing turistico.
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Personaggi ai margini e la loro solitudine nei bar del nordest
Al centro della vicenda ci sono due uomini di mezza età, interpretati da Pierpaolo Capovilla e Sergio Romano, che passano il loro tempo vagando tra locali e bar. Questi personaggi rappresentano categorie sociali poco mostrate al cinema, ma presenti nella realtà di molte zone del nordest italiano. Sossai li descrive come persone che vivono un senso di perdita e smarrimento, una condizione vissuta anche oggi in quelle comunità, segnata da una quotidianità spenta e dalla mancanza di riferimenti certi.
Il loro girovagare prende ritmo tra bevute e discorsi occasionali, disegnando un lessico fatto di silenzi e gesti ripetitivi, quasi rituali. Questa rappresentazione di spazi di ristoro come luoghi di rifugio e riflessione diventa il cuore emotivo del racconto. Il regista cerca di restituire la complessità di vite segnate da un’assenza di prospettive evidenti, mostrando come le persone si tengano insieme, anche se solo con la condivisione di un bar e una bevuta.
Un giovane studente e il confronto tra generazioni
Filippo Scotti interpreta un giovane studente fuori sede, di architettura, che si inserisce nel percorso dei due cinquantenni alla deriva. Il personaggio di Giulio dà al film una dimensione nuova, quella della gioventù messa alla prova da un ambiente rigido e da aspettative stringenti. Giulio si muove tra Mestre e Venezia cercando di mantenere un rigido metodo di studio e una vita regolata, ma sembra intrappolato in una “bolla opprimente”, dove poco spazio resta per le emozioni o le distrazioni.
Il rapporto tra Giulio e i due uomini diventa una sequenza di scambi casuali ma carichi di un senso nascosto. I due più anziani, con il loro atteggiarsi distratto e le loro lunghe ore al bar, colmano una mancanza affettiva che al giovane studente manca. È una storia di amicizia e crescita intergenerazionale, che sfida le divisioni di età soprattutto quando si instaurano legami veri e si affrontano esperienze umane condivise.
Riferimenti e stile: la commedia all’italiana incontra il nordest contemporaneo
Sossai ha citato il cinema di Carlo Mazzacurati come punto di riferimento, un regista che aveva saputo illuminare le terre che racconta anche lui. Le città di pianura si avvicina alla commedia all’italiana dei maestri come Monicelli, Salce, Risi e Lizzani, proprio per il modo diretto e senza fronzoli di rappresentare situazioni quotidiane e persone comuni. Non si cercano colpi di scena o stravolgimenti narrativi, ma una narrazione più fluida e naturale che lascia spazio al tempo e alle emozioni silenziose.
Il film usa questo stile per raccontare l’attualità e le contraddizioni di un nordest meno noto e meno celebrato. La scelta di un ritmo lento, dove le scene si svolgono in modo apparentemente semplice ma osservatore, sottolinea una volontà di entrare dentro le vite più nascoste e meno raccontate. Quella lentezza è una sfida contro l’ansia da prestazione che permea anche il cinema contemporaneo, come ha detto lo stesso regista.
Produzione e attesa per l’uscita nelle sale italiane
Le città di pianura è prodotto da Marta Donzelli e Gregorio Paonessa, sotto Vivo film con il sostegno di Rai Cinema. La distribuzione sarà affidata a Lucky Red, che porterà il film nelle sale italiane a breve. Filippo Scotti, già protagonista del noto film di Paolo Sorrentino “è stata la mano di dio”, assume qui un ruolo chiave nella trasformazione narrativa grazie al suo personaggio inserito in un contesto di svago e disillusione.
Il film mette in scena un mondo di persone perse ma umane, un ritratto del nordest che non si trova nei cataloghi turistici o nei documentari patinati, ma in quegli spazi comuni e fuori dal tempo che si ritrovano dietro una vetrina di bar. Le città di pianura sono una finestra su un’Italia diversa, fatta di storie e di presenze poco viste, che si svelano lentamente, quasi senza fretta.