Lo stretto di Hormuz, passaggio marittimo strategico tra il Golfo Persico e il Golfo dell’Oman, è al centro delle tensioni nate dallo scontro tra Israele e Iran. Questa via d’acqua rappresenta un snodo fondamentale per il trasporto mondiale di petrolio e gas. La recente escalation del conflitto potrebbe alterare il flusso di idrocarburi, con ripercussioni sui mercati energetici e sul commercio internazionale. Lo scenario si fa più delicato, soprattutto per il rischio che un blocco dello stretto incida pesantemente sui prezzi e sulle forniture.
Caratteristiche geografiche e importanza strategica dello stretto di Hormuz
Lo stretto di Hormuz collega il Golfo dell’Oman, una vasta porzione del Mare Arabico delimitata dalla costa dell’Oman e quella meridionale dell’Iran, al Golfo Persico. Si estende per circa 560 chilometri, raggiungendo una larghezza massima di 320 chilometri. Il punto più stretto del passaggio misura appena 21 miglia nautiche , rendendo il transito molto delicato e vulnerabile a eventuali interferenze.
La zona è circondata da diversi paesi importanti per l’industria energetica: l’Iran domina tutta la costa settentrionale del Golfo Persico per circa 2.400 chilometri, mentre gli altri stati affacciati includono Iraq, Kuwait, Arabia Saudita, Bahrain, Qatar e Oman. Questa regione concentra una quota elevata delle esportazioni petrolifere mondiali, con il 30% del petrolio che percorre lo stretto verso i mercati internazionali.
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La posizione dello stretto lo rende cruciale per la stabilità del commercio globale dell’energia. Eventuali ostacoli o chiusure della via d’acqua rischiano di rallentare o bloccare importanti rotte commerciali, con ripercussioni immediate sulle forniture energetiche, sui prezzi e sugli equilibri geopolitici della regione. Non a caso, lo stretto è al centro di numerose tensioni, soprattutto quando i rapporti tra Iran e paesi come Israele peggiorano.
Impatti possibili sul mercato del petrolio e sui prezzi dei carburanti
A causa della recente tensione tra Israele e Iran, molti esperti si concentrano sulle possibili ripercussioni sul commercio del petrolio e sul costo dei carburanti. Il ministro dell’Ambiente e della Sicurezza energetica, Pichetto Fratin, ha indicato che finora l’aumento del prezzo del greggio è rimasto moderato, con un rincaro di circa l’8% per il petrolio e del 5% per il gas. Tuttavia, preoccupa che un aggravarsi del conflitto provochi un aumento più marcato, soprattutto se la situazione non accenna a calmarsi nei prossimi giorni.
Un nuovo rialzo del prezzo del petrolio avrebbe effetti diretti sui consumi italiani, facendo aumentare il costo della benzina e del gasolio. Il timore principale non riguarda tanto gli impianti petroliferi iraniani, la cui esportazione è limitata soprattutto al mercato cinese e bloccata da sanzioni internazionali, quanto le possibili ritorsioni iraniane nello stretto di Hormuz.
Questo passaggio, di fronte alla costa dell’Oman, rappresenta la principale via per il trasporto del petrolio dal Golfo Persico verso il resto del mondo. Qui transitano circa 15 milioni di barili al giorno, insieme alle esportazioni di gas naturale liquefatto provenienti da Qatar e Oman. Si parla di oltre il 40% del volume totale del mercato petrolifero globale.
Gli esperti avevano già ipotizzato in passato che un blocco totale dello stretto avrebbe potuto far schizzare il prezzo del petrolio oltre i 200 dollari al barile. Se la situazione non si fa meno tesa, queste previsioni tornano a preoccupare sia i governi che gli operatori economici.
Traffico marittimo e rischio per il commercio globale nello stretto di Hormuz
Lo stretto di Hormuz è un crocevia non solo per il petrolio, ma per un’intensa attività commerciale marittima. Stime di Lloyd’s List aggiornate ai primi mesi del 2025 indicano che ogni mese passano per queste acque circa 3.000 navi. La larghezza ridotta e l’elevato traffico navale aumentano la vulnerabilità di questa via, soprattutto durante periodi di tensione politica e militare.
La chiusura o il blocco dello stretto rappresenterebbe un duro colpo per le esportazioni verso l’est, costringendo gli Stati produttori di petrolio a cercare rotte alternative, che potrebbero essere meno accessibili o più costose. Oltre al greggio, transitano anche altre tipologie di merci vitali per diverse economie.
Nazioni maggiormente coinvolte nel traffico marittimo
Analizzando i dati sul passaggio di navi nei primi mesi del 2025, le imbarcazioni di proprietà greca, giapponese e cinese risultano tra quelle che utilizzano maggiormente questa rotta. Queste nazioni sarebbero tra le più colpite in caso di restrizioni o blocchi, con possibili ripercussioni sulle loro catene di approvvigionamento e sui loro mercati interni.
La situazione nello stretto di Hormuz rimane sotto stretta osservazione da parte degli analisti e delle autorità internazionali. Qualsiasi segnale di conflitto o di interdizione potrebbe innescare tensioni sui mercati e movimentare la geopolitica dell’energia su scala globale.