Il territorio italiano è noto per la sua attività vulcanica, ma oltre al celebre supervulcano dei Campi Flegrei, un’altra minaccia significativa proviene dal mare Tirreno. Si tratta del vulcano sottomarino Marsili, considerato uno dei più grandi e potenzialmente pericolosi d’Europa, capace di generare eventi catastrofici come un mega tsunami.
Questo gigante nascosto sotto il fondale marino rappresenta un rischio spesso sottovalutato, ma che gli esperti tengono costantemente sotto osservazione.
Il vulcano Marsili si trova nel Mar Tirreno, a sud dell’isola d’Ischia e a nord della Calabria, in una zona sismicamente attiva chiamata bacino campano. La sua altezza supera i 3.000 metri, con una base che si estende per circa 70 chilometri quadrati, rendendolo il più grande vulcano sottomarino italiano e uno dei più grandi d’Europa. La sua vetta si trova a circa 500 metri sotto il livello del mare, un dettaglio che lo rende invisibile senza specifiche tecnologie di rilevamento.
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Dal punto di vista geologico, il Marsili fa parte dell’arco vulcanico campano, insieme a vulcani noti come il Vesuvio e i Campi Flegrei, ed è alimentato da un sistema magmatico attivo. Negli ultimi decenni, sono stati registrati diversi segnali di attività sismica e idrotermale che indicano un possibile risveglio del vulcano.
Il rischio di un mega tsunami e le possibili conseguenze
La principale preoccupazione legata al vulcano Marsili riguarda il potenziale collasso della sua struttura. Se una frana sottomarina dovesse interessare il suo fianco, potrebbe generarsi un enorme tsunami in grado di colpire le coste italiane e quelle dei Paesi vicini. Secondo studi recenti, un simile evento potrebbe causare onde alte decine di metri che si propagherebbero rapidamente nel Tirreno, mettendo a rischio città come Napoli, Salerno, Palermo e altre aree costiere densamente popolate.

Gli scenari di emergenza prevedono che un’onda anomala possa raggiungere le coste nel giro di pochi minuti, rendendo difficoltose le operazioni di evacuazione. Per questo motivo, sono in corso continui monitoraggi con tecnologie avanzate, tra cui sistemi di rilevazione sismica, sensori di pressione e sonar, coordinati da istituzioni come l’INGV (Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia).
Negli ultimi anni, l’attenzione verso il vulcano Marsili si è intensificata, con un aumento degli investimenti in ricerca e monitoraggio. L’INGV, in collaborazione con enti europei, ha installato una rete di strumenti subacquei in grado di rilevare variazioni della temperatura, emissioni di gas, movimenti sismici e deformazioni del fondale marino. Questi dati sono fondamentali per valutare l’evoluzione della situazione e prevedere eventuali fenomeni di eruzione o collasso strutturale.
Inoltre, sono stati sviluppati modelli previsionali per simulare l’impatto di un possibile tsunami, così da supportare la pianificazione di emergenza e la protezione delle popolazioni costiere. Le amministrazioni locali sono coinvolte in programmi di informazione e formazione per aumentare la consapevolezza del rischio e preparare piani di evacuazione efficaci.
Nonostante queste misure, il vulcano Marsili resta un elemento di incertezza, soprattutto perché la sua attività può evolversi rapidamente e senza preavviso. Gli scienziati sottolineano che mantenere un costante monitoraggio è l’unico modo per ridurre il rischio e intervenire tempestivamente in caso di emergenza.
Il rischio associato al vulcano Marsili richiama l’attenzione sul tema più ampio della sicurezza sismica e vulcanica in Italia, un Paese che convive da millenni con queste minacce naturali. La sfida è combinare la conoscenza scientifica con una gestione efficace del territorio, per proteggere le comunità e il patrimonio culturale e ambientale che caratterizzano queste zone.