L’europarlamentare Ilaria Salis è intervenuta nel programma Che Tempo Che Fa, ospite di Fabio Fazio, per discutere della sua situazione legale in Ungheria e dell’approccio della giustizia. Salis ha sottolineato la necessità di trovare soluzioni innovative per affrontare i rapporti con la giustizia e ha denunciato quello che considera un processo politico. La sua situazione legale si complica ulteriormente con la scadenza della sua elezione al Parlamento europeo.
La situazione legale di Ilaria Salis in Ungheria
Ilaria Salis sta affrontando un processo in Ungheria che la vede accusata di aggressione nei confronti di militanti neonazisti. Il rischio di una pena drastica, fino a 24 anni di detenzione, pende su di lei, ma l’europarlamentare ha cercato di rendere chiara la sua posizione: “Ho già scontato 15 mesi di carcere preventivo senza che sia stata presentata alcuna prova concreta contro di me.” Salis ha espresso il suo rammarico per il modo in cui il governo ungherese ha gestito il suo caso, affermando che questo processo non è solo di natura giuridica, ma risponde a dinamiche politiche. L’espressione di disapprovazione nei suoi confronti da parte di figure come il premier Viktor Orbán è particolarmente significativa, vista la natura pesante delle accuse che la dipingono in modo negativo. “Non sono una delinquente o una terrorista. Questo è un processo politico,” ha sottolineato con fermezza.
Importante è anche il fatto che, secondo Salis, il suo processo è stato sospeso quando è stata eletta europarlamentare. Questo fatto potrebbe nascondere una manovra da parte dell’Ungheria per rivalutare la sua posizione nel Parlamento europeo, invocando una revoca della sua immunità. Questo rende la sua situazione sia complessa che precaria, poiché il futuro della sua libertà potrebbe dipendere da come il Parlamento europeo deciderà di affrontare il caso.
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Ripensare il carcere e la giustizia in Italia
Durante l’intervista, Salis ha affrontato un tema delicato e controverso: il ruolo delle carceri. “Il carcere è sempre carcere. È fatto per annientare l’essere umano,” ha affermato, lanciando un appello per una riflessione profonda su come trattiamo chi è in conflitto con la legge. Per l’europarlamentare, la giustizia dovrebbe cercare alternative all’incarcerazione tradizionale, basate su modulazioni più umane e rieducative. Ha suggerito che è fondamentale trovare metodi efficaci per sistemare i rapporti tra i cittadini e la giustizia, simili a quelli adottati nel passato durante la lotta contro la schiavitù. Questa visione amplia l’orizzonte su quanto il sistema penale debba essere ripensato.
Le esperienze vissute da Salis durante la sua visita alle carceri del Nord Italia hanno accentuato la sua determinazione a sollecitare una riforma: “Se un individuo esce dal carcere ancora più emarginato, non si risolve mai il problema principale della giustizia.” Il suo intervento invita a una riflessione collettiva su come garantire che le strutture penitenziarie non diventino luoghi di sofferenza, ma piuttosto spazi di recupero e reintegrazione sociale.
La questione delle occupazioni e dell’emarginazione
Ilaria Salis ha toccato anche il tema dell’occupazione di abitazioni, un problema concreto e attuale che affligge molte città italiane. Ha descritto come alcuni media e politici spesso distorcano la realtà attribuendo responsabilità ingiuste a coloro che cercano un riparo. “Chi è senza un tetto non occupa per rubare, ma entra in case abbandonate per necessità,” ha chiarito. Salis ha evidenziato che ci sono edifici di edilizia popolare progettati per accogliere chi è in difficoltà, ma il sistema operativo non riesce a garantire un’effettiva assegnazione di tali abitazioni.
Questo porta a una situazione in cui le persone, spingendosi a difendere i propri diritti, si trovano a dover occupare spazi pubblici inutilizzati. Da un lato, questa necessità solleva un importante interrogativo sulla funzione sociale delle abitazioni vuote, mentre dall’altro, sottolinea il fallimento di politiche abitative che non riescono a fronteggiare le emergenze sociali. La sua visione non è solo una denuncia, ma un invito all’azione per costruire un sistema più equo e solidale. In questo senso, l’europarlamentare sembra fare appello alla responsabilità collettiva, sollecitando un ripensamento delle politiche pubbliche in ambito abitativo.