Il caso del mostro di Firenze si arricchisce di una nuova svolta dopo un esame del dna. Natalino, il bambino che scampò all’omicidio della madre nel 1968, non è figlio di Stefano Mele, fino ad ora considerato il padre e condannato per quel delitto. Un test genetico ha invece identificato Giovanni Vinci come padre biologico del bambino. Questa scoperta apre nuovi scenari su una vicenda che ha segnato la cronaca italiana per decenni.
La scoperta del dna: chi è il padre vero di natalino
Nel luglio 1968, Barbara Locci e Antonio Lo Bianco furono uccisi con colpi di calibro 22 in Toscana, mentre Natalino, il bambino di sei anni e mezzo di Barbara, riuscì a salvarsi. Per anni Stefano Mele, il marito di Barbara, è stato indicato come autore del delitto e padre del bambino. La procura però, dopo aver disposto un approfondimento genetico, ha stabilito che il padre biologico è Giovanni Vinci, parte di una famiglia sarda legata a indagini successive.
Famiglia vinci e nuovi sviluppi
Giovanni Vinci, fratello maggiore di Francesco e Salvatore, appartiene a quel gruppo che entrò nel mirino della giustizia a partire dal 1982, ma non è mai stato formalmente indagato per l’omicidio del 1968. La pm Ornella Galeotti insieme alla collega Beatrice Giunti ha riaperto un fascicolo, con l’obiettivo di chiarire anche questa nuova pista finora ignorata.
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Il bambino, ora adulto, ha ricevuto notifica della scoperta. Ha dichiarato di non aver mai conosciuto Giovanni Vinci e appare spaesato dalla rivelazione. Il caso assume così un nuovo profilo, riaccendendo l’attenzione sulla rete di legami familiari che ruotano attorno agli omicidi.
Il ruolo del genetista e gli sviluppi investigativi
La novità del dna arriva grazie al genetista Ugo Ricci, noto per aver individuato tracce genetiche in altri cold case, come quello di Chiara Poggi. Nel 2018 la procura incaricò i carabinieri del Ros di ottenere due profili genetici, uno proprio di un figlio di Salvatore Vinci e l’altro di Natalino.
Collegamenti attraverso il dna
Il dna ricavato si è rivelato fondamentale per collegare Salvatore Vinci a un reperto, uno straccio rinvenuto dopo l’omicidio di Vicchio nel 1984, con tracce di sangue e polvere da sparo. Per completare il quadro, Ricci ha estratto un profilo anche dal cadavere di Francesco Vinci, riesumato recentemente.
Gli anni passati a raccogliere materiale e confronti hanno permesso di mettere in discussione alcune certezze. L’analisi genetica è diventata la chiave per affrontare nodi finora insoluti nella vicenda del mostro di Firenze.
Nuovi interrogativi sulla notte del 1968 e il destino del bambino
Resta un mistero chi salvò Natalino quella notte e come il bambino riuscì a raggiungere, al buio e in una zona rurale, una casa lontana un paio di chilometri dal luogo dell’omicidio. Lui stesso non ricorda nulla di quell’episodio.
Il ritrovamento del dna apre anche una riflessione sul ruolo della pistola usata negli omicidi. La stessa arma, mai recuperata, sparò a più riprese tra il 1968 e il 1985, e secondo alcune sentenze sarebbe passata di mano tra più assassini.
Questa scoperta fa riemergere la questione delle responsabilità. Nel primo grado fu condannato Stefano Mele per l’omicidio di Barbara Locci, con una pena ridotta grazie al delitto d’onore. Per gli altri delitti furono individuati Pietro Pacciani e i suoi complici Giancarlo Lotti e Mario Vanni. Tutti loro deceduti, ma le controversie sulla verità non si spengono.
Richieste di revisione e la memoria del caso dopo cinquant’anni
Oggi Paolo Vanni, nipote dell’ex postino coinvolto nel processo, ha chiesto la revisione delle sentenze. I giudici di Genova non si sono ancora pronunciati su questa istanza.
Il caso del mostro di Firenze continua a suscitare interesse e divisioni. La nuova verità sul dna di Natalino potrebbe rimettere in discussione alcuni aspetti del processo e suggerire un quadro diverso rispetto a quello consolidato negli anni.
Il caso resta aperto, e con esso il bisogno di chiarire il destino di un bambino che visse, involontariamente, i momenti più oscuri di quella storia. La ricerca della verità continua a muoversi tra frammenti di sangue, carte processuali e resistenze del passato.