In Olanda, le dimissioni del ministro degli Esteri Caspar Veldkamp segnano un momento chiave nella gestione dello scottante dossier israelo-palestinese. Le tensioni interne al governo, in carica solo per l’ordinaria amministrazione fino al voto anticipato del 29 ottobre, emergono a causa della rigidità nella definizione di sanzioni contro Israele. La crisi politica, aggravata dal contesto internazionale sempre più teso, rischia di cambiare profondamente gli equilibri nelle prossime settimane.
Il ruolo di caspar veldkamp e la sua uscita dal governo per il veto alle sanzioni contro Israele
Caspar Veldkamp, ministro degli Esteri dei Paesi Bassi, ha rassegnato le dimissioni a maggio 2025 dopo aver constatato l’impossibilità di far passare provvedimenti concreti per inasprire le sanzioni economiche contro Israele. Veldkamp, che in precedenza aveva ricoperto il ruolo di ambasciatore nei territori israeliani, si era impegnato nel proporre un pacchetto che includesse il divieto di importazione dei prodotti provenienti dagli insediamenti di Cisgiordania, un punto cruciale nel conflitto fra israeliani e palestinesi.
La sua iniziativa però si è scontrata con la resistenza interna, soprattutto da parte dei partiti VVD e BBB , che hanno bloccato i tentativi di adottare provvedimenti incisivi. Dopo aver adottato alcune misure simboliche, come il divieto d’ingresso per i ministri israeliani Ben-Gvir e Smotrich, considerati rappresentanti della destra israeliana radicale, Veldkamp ha dichiarato di non sentirsi più in grado di proseguire il lavoro in condizioni di scarsa efficacia. Il suo passo indietro ha ridotto ulteriormente la già fragile maggioranza di governo.
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Le divisioni interne della coalizione e il fallimento della risposta olandese sulla questione Israele-Gaza
Il governo guidato dal premier dimissionario Dick Schoof era già in una fase di transizione verso le elezioni anticipate previste per il 29 ottobre 2025, e si trovava in regime di ordinaria amministrazione. Il ritiro di Caspar Veldkamp e di altri ministri del partito Nuovo Contratto Sociale hanno contribuito a indebolire la coalizione, che si reggeva con il supporto di VVD, BBB e NSC stessa.
Questa crisi politica emerge in particolare sul dossier delle sanzioni contro Israele riguardo alla costruzione di 3.400 alloggi nel progetto E1, situato tra Ma’ale Adumim e Gerusalemme Est. Il progetto, condannato da oltre 20 Paesi tra cui Regno Unito, Francia, Italia e Olanda, è considerato una minaccia alla continuità territoriale palestinese e illegale secondo il diritto internazionale. Malgrado la pressione internazionale, la coalizione olandese si è divisa, accettando solo misure simboliche come il blocco degli ingressi ai ministri Ben-Gvir e Smotrich.
Le votazioni parlamentari di agosto a L’Aia hanno confermato la paralisi: l’unica mozione approvata ha riaffermato l’obiettivo di distruggere Hamas, senza adottare provvedimenti concreti sulle sanzioni a Israele. Questi fatti evidenziano uno stallo politico che sta paralizzando l’azione dell’esecutivo in carica.
La crisi di maggioranza e le sfide verso le elezioni anticipate di ottobre
Dopo l’uscita a giugno degli ultranazionalisti del PVV di Geert Wilders, la coalizione del governo Schoof si è ridotta a 32 seggi su un totale di 150 nel Parlamento olandese, segnando un governo senza una maggioranza chiara. Un esecutivo in condizioni così precarie non riesce a definire una strategia unica su un tema delicato come quello del conflitto israelo-palestinese.
Le elezioni anticipate del 29 ottobre diventano dunque un momento decisivo per rimodellare gli equilibri politici. NSC, che alle scorse consultazioni elettorali aveva ottenuto 20 parlamentari, rischia di restare fuori dal Parlamento. Nel frattempo, partiti politici centristi stanno guadagnando consensi proponendo la fine degli scambi commerciali con Israele.
In questo scenario, la pressione proveniente dalla società civile olandese si fa sentire con forza. A giugno, tra 100.000 e 150.000 persone hanno manifestato a L’Aia chiedendo un embargo sulle armi contro Israele, segnando la più grande mobilitazione degli ultimi vent’anni nei Paesi Bassi. Questa spinta popolare riflette una crescente sensibilità verso la questione di Gaza, dove una crisi umanitaria si sta aggravando.
Il contesto geopolitico europeo e le difficoltà di una risposta unitaria su Israele e Gaza
Il quadro europeo riflette una situazione complessa dove i governi cercano un equilibrio tra impegni internazionali e pressioni interne. La questione degli insediamenti israeliani in Cisgiordania mette sotto scacco molte cancellerie, e l’imposizione di sanzioni richiede l’unanimità all’interno dell’Unione Europea.
L’Olanda, come altri Paesi, deve fare i conti con le divisioni politiche al proprio interno che impediscono una posizione forte e coordinata. La crisi di governo, il cambio di ministri e il confronto mai risolto sul blocco delle importazioni dai territori occupati complicano ulteriormente ogni decisione. Nel frattempo, la situazione a Gaza peggiora con una carestia crescente e nuove offensive israeliane, creando un’emergenza umanitaria che richiede un’attenzione internazionale urgente.
Le prossime settimane saranno decisive per capire se l’Europa riuscirà a trovare una linea condivisa in uno scenario che rischia di intensificare le tensioni geopolitiche. Le dimissioni di Veldkamp sono anche il segno delle difficoltà politiche che la questione israelo-palestinese impone non solo sul terreno diplomatico, ma anche all’interno dei governi europei.