Detenuto tenta di introdurre droga ingerendo ovuli nel carcere della spezia, scoperto e arrestato

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Un detenuto della Spezia ha tentato di introdurre droga in carcere ingoiando ovuli dopo un permesso premio, ma è stato scoperto e arrestato dalla polizia penitenziaria, evidenziando le difficili condizioni di sicurezza e il mercato illecito all’interno della struttura. - Gaeta.it

Sara Gatti

25 Giugno 2025

Un episodio grave legato al traffico di droga si è verificato nel carcere della Spezia. Un detenuto di 33 anni, tornato da un permesso premio, ha cercato di far entrare nel penitenziario una decina di ovuli di droga ingoiandoli. L’uomo, che lavorava come cuoco nella mensa interna, è stato scoperto dalla polizia penitenziaria e arrestato nuovamente con l’accusa di spaccio.

Modalità del tentativo di introdurre droga nel carcere

Il detenuto, dopo aver usufruito di un permesso premio esterno, ha ingerito gli ovuli contenenti sostanze stupefacenti. A quel punto, la polizia penitenziaria, attenta al comportamento dei detenuti durante il rientro, ha avviato le necessarie verifiche. Grazie a un’operazione di intelligence interna, la procura ha concesso il ricovero ospedaliero per sottoporre il sospettato ad accertamenti clinici. Le analisi strumentali hanno confermato la presenza degli ovuli nel suo organismo. Nel corso del ricovero, l’uomo ha espulso dieci ovuli contenenti hashish, cocaina e subotex, riconosciuti come droga da spacciare all’interno della casa circondariale.

Una pratica diffusa tra i detenuti

Questo metodo rappresenta una pratica ormai diffusa tra i detenuti che tentano di aggirare i controlli più convenzionali. L’ingestione di ovuli permette di occultare la droga evitando di essere scoperti durante le perquisizioni corporali o dei materiali personali. I controlli, tuttavia, si sono dimostrati efficaci, impedendo così l’ingresso della sostanza e riducendo il rischio che la droga venga diffusa all’interno del carcere.

Ruolo del detenuto e il contesto del carcere della spezia

Il 33enne arrestato aveva lavorato per circa un anno nella cucina del carcere, una posizione che gli avrebbe fornito la possibilità di muoversi con maggiore libertà e di venire a contatto con altri detenuti e personale. Il fatto che una persona con questo ruolo abbia tentato di introdurre droga, è un segnale di come il mercato illecito dentro il carcere sia stabilmente attivo e complesso.

La casa circondariale della Spezia, come molti altri penitenziari italiani, ospita un numero consistente di detenuti tossicodipendenti. Questo alimenta un mercato parallelo in cui la droga ha un valore elevato, spesso superiore a quello riscontrato all’esterno delle mura. Le piazze di spaccio nei penitenziari diventano, quindi, un terreno molto redditizio per i trafficanti, i quali cercano diversi modi per rifornire chi è in carcere.

La tentata introduzione di droga tramite permessi premio evidenzia una criticità nelle misure di sicurezza e nei controlli, ma dimostra anche l’importanza del lavoro che quotidianamente svolge la polizia penitenziaria nel prevenire questi fenomeni. La gestione interna delle sezioni detentive si rivela cruciale nel contrasto al traffico illecito.

Un sistema complesso da monitorare

Le dinamiche interne al carcere mostrano quanto sia difficile arginare un fenomeno radicato e che richiede attenzione costante e strumenti adeguati per la sicurezza.

Reazioni sindacali e necessità di interventi più severi

I sindacati della polizia penitenziaria della Spezia, come Uil-Pa e Sappe, hanno denunciato il fenomeno e sottolineato la gravità degli eventi. Fabio Pagani, segretario regionale della Uil-Pa, ha dichiarato che “le piazze di spaccio sono delle vere e proprie attività criminali che fruttano molto più rispetto a quelle in città”. Ha chiesto che chi commette questi reati sia punito severamente, soprattutto quando l’infrazione avviene durante l’utilizzo di benefici come i permessi premio.

Vincenzo Tristaino, segretario regionale del Sappe, ha rimarcato il rilevante impegno degli agenti penitenziari nelle sezioni detentive. La loro presenza e il loro monitoraggio costante hanno impedito l’introduzione di droga, riuscendo a intercettare l’operazione del detenuto. Per Tristaino, “il numero alto di detenuti che soffrono di tossicodipendenza rende il carcere un ambiente appetibile per chi vuole fare affari con la droga, trasformando la detenzione in un’occasione per il traffico illecito”.

Sicurezza e prevenzione all’interno delle mura

La vicenda mette in evidenza, ancora una volta, quanto sia delicato il compito degli agenti che lavorano in carcere e la necessità di misure che prevengano l’ingresso e la diffusione di sostanze proibite. Il contrasto al narcotraffico all’interno delle mura resta una sfida aperta che impatta direttamente sulla sicurezza della struttura e sulla vita stessa dei detenuti.