Decisione della corte costituzionale blocca richiesta di eutanasia attiva per malati gravissimi

Decisione della corte costituzionale blocca richiesta di eutanasia attiva per malati gravissimi

La Corte costituzionale italiana respinge il ricorso dell’Associazione Coscioni sul diritto all’assistenza al suicidio, bloccando l’eutanasia attiva e rilanciando il dibattito su cure palliative e tutela dei malati fragili.
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La Corte costituzionale italiana ha respinto il ricorso sull’eutanasia attiva, bloccando l’introduzione della morte assistita e rilanciando il dibattito su diritti, cure palliative e tutela dei malati gravemente sofferenti. - Gaeta.it

La Corte costituzionale italiana ha respinto il ricorso presentato dall’Associazione coscioni, che chiedeva di riconoscere il diritto a ricevere assistenza per il suicidio in caso di malattia grave. La sentenza riguarda il caso di una donna toscana, affetta da sclerosi multipla progressiva e paralizzata, impossibilitata a somministrarsi il farmaco per porre fine alla propria vita. Questo pronunciamento arresta per ora l’introduzione dell’eutanasia attiva nel paese e rilancia il dibattito pubblico sul ruolo della legge nel tutela dei malati più fragili.

I dettagli della sentenza e il caso di libera

Il fulcro della vicenda riguarda “Libera”, nome di fantasia usato per proteggere la paziente di 55 anni. Lei è immobilizzata dalla malattia e non può agire autonomamente per procurarsi un farmaco letale. Il tribunale di Firenze ha tentato di aprire la strada a un intervento esterno che facilitasse la morte assistita, ricorrendo alla Corte costituzionale. Quest’ultima ha invece dichiarato inammissibile la richiesta, bloccando una svolta normativa sull’eutanasia attiva.

Ambivalenze nella sentenza

Nel testo della sentenza, però, si fa riferimento a un possibile «diritto» del malato di ricevere aiuto per concludere la propria vita, aggiungendo che tale affermazione resta senza valore giuridico, visto che la Corte non ha accolto il ricorso in modo definitivo. Questa ambivalenza riflette la complessità e la delicatezza del tema, in cui vanno prese in considerazione le condizioni umane e le norme vigenti.

Le reazioni e la posizione di pro vita & famiglia

Antonio Brandi, presidente di Pro Vita & Famiglia onlus, ha definito la decisione un sollievo per migliaia di malati, disabili e i loro familiari. Brandi ha richiamato l’attenzione sulla «vergognosa» depenalizzazione del suicidio assistito, giudicata un colpo grave al sistema di tutela dei fragili. Secondo lui, aprire all’eutanasia attiva avrebbe distrutto questa protezione.

La onlus suggerisce che i partiti di centrodestra come Fratelli d’Italia, Forza Italia e Lega dovrebbero ribadire la loro linea contro l’eutanasia e invece aumentare gli investimenti in cure palliative, assistenza domiciliare e strutture hospice. Serve personale formato e risorse destinate a sostenere chi soffre, invece di discutere su come facilitare la morte.

Appello culturale e politico

Brandi chiama a una risposta culturale e politica, invitando a non farsi condizionare dall’azione giudiziaria radicale e dagli interessi propagandistici su questo tema. L’appello è rivolto anche alle associazioni pro vita, cristiane e cattoliche, per costruire un grande movimento che racconti la realtà diversa vissuta da chi lotta per vivere.

Implicazioni sulla legge e il dibattito politico

La sentenza della Corte costituzionale evidenzia la difficoltà di affrontare l’eutanasia attiva tramite una legge nazionale. Il disegno di legge del centrodestra, che punta a contrastare le istanze dei tribunali più aperti sulla materia, rischia di essere “mandato in crisi” da passaggi ambigui contenuti nella stessa sentenza.

Il contrasto tra forze politiche rimane acceso. Da una parte, c’è chi sostiene che la tutela della vita non può accettare interventi attivi che portano al decesso; dall’altra, si propone un approccio più flessibile sui diritti individuali in caso di malattie debilitanti. Il Parlamento dovrà confrontarsi presto con questi nodi, mentre la società segue con attenzione le evoluzioni.

Aspetti morali e sociali

Il dibattito coinvolge non solo aspetti giuridici, ma anche morali e sociali. Le famiglie dei malati sono in prima linea, spesso divise tra il desiderio di sostegno e il timore di misure che potrebbero legittimare l’eutanasia. Nel clima attuale, ogni passo rischia di far scattare tensioni e polemiche, sia nelle istituzioni che nell’opinione pubblica.

Assistenza e cure palliative come alternativa all’eutanasia

Uno dei temi centrali emersi dalla vicenda riguarda il valore delle cure palliative. Queste terapie progettate per alleviare la sofferenza degli ammalati senza accelerarne la morte, costituiscono la proposta principale di Pro Vita & Famiglia e di altri gruppi contrari all’eutanasia.

La richiesta è di potenziare l’assistenza domiciliare, garantendo visite costanti e personale capace di rispondere alle esigenze anche di pazienti in condizioni gravissime. Garantire hospice dignitosi e aggiornati significa assicurare una morte naturale, ma priva di dolore e abbandono.

Il diritto a vivere dignitosamente

Questa prospettiva pretende di rispondere alle difficoltà di tante persone come Libera, offrendo un sostegno concreto e umano. L’attenzione si sposta non tanto su questioni di diritti a morire, ma sul diritto a vivere il più dignitosamente possibile, nonostante la sofferenza.

Le istituzioni sanitarie sono chiamate a dotarsi di risorse e competenze specifiche. Il rafforzamento di questi servizi può modificare il modo in cui la società si confronta con il fine vita, riducendo il ricorso ad alternative più controverse e divisive.

Il dibattito resta aperto, ma la sentenza dello scorso gennaio 2025 rimanda la decisione cruciale e invita tutti gli attori a misurarsi con lo spessore umano e legislativo della questione.

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