Le nuove misure degli Stati Uniti sui dazi alle importazioni agroalimentari europee preoccupano l’economia abruzzese. Il blocco, con tariffe fino al 30%, entrerà in vigore dal primo agosto 2025, mettendo a rischio campagne di esportazione consolidate e settori chiave come il vino Montepulciano d’Abruzzo e l’olio extravergine.
Le ripercussioni sull’economia agricola abruzzese
Il presidente del Consorzio tutela vini d’Abruzzo, Alessandro Nicodemi, ha descritto la situazione come un colpo durissimo per la regione. L’annuncio di un dazio fino al 30% è arrivato inaspettato dopo mesi di dialoghi che facevano sperare in un aumento più contenuto, intorno al 15%. La nuova misura rappresenta per Nicodemi una forma di embargo mascherato più che una normale politica protezionistica.
L’impatto più grave potrebbe riguardare la denominazione Montepulciano d’Abruzzo. Questa varietà è molto diffusa negli Stati Uniti, specialmente nella fascia di prezzo compresa tra i 15 e 20 dollari per bottiglia. L’imposizione di un dazio così alto farebbe lievitare i costi in modo insostenibile, rendendo la produzione locale meno competitiva sul mercato statunitense.
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Il settore agroalimentare abruzzese basa gran parte delle esportazioni sulle garanzie di qualità e origine sancite dai disciplinari Dop e Igp. Questo sistema non ammette delocalizzazioni, quindi la proposta, definita “paradossale” da Nicodemi, di spostare la produzione negli Stati Uniti per aggirare i dazi, risulta praticamente impossibile da applicare.
La visione americana e il richiamo ai disciplinari Dop e Igp
Secondo il presidente del Consorzio, il nodo principale di questa crisi parte da un fraintendimento statunitense sui disciplinari europei. Gli Usa interpretano queste regole rigide come barriere protezionistiche, mentre in realtà si tratta di norme che garantiscono la qualità, l’identità e la tracciabilità dei prodotti tipici.
Problema esteso anche ad altri prodotti
Questo fraintendimento riguarda non solo il vino, ma anche prodotti come il Parmigiano Reggiano, il Prosciutto di Parma e i Pomodori di Pachino. Questi prodotti rappresentano un patrimonio agroalimentare che si fonda proprio sulla specificità territoriale. Spostare la produzione al di fuori delle zone di origine deteriorerebbe il valore stesso delle denominazioni, snaturandone l’essenza.
La richiesta americana di delocalizzare la terra appare quindi un concetto privo di senso pratico, considerando che la materia prima e la tradizione sono inscindibili dal territorio. Il settore si trova così di fronte a una richiesta che compromette il principio stesso della qualità certificata.
Le speranze e le richieste del settore abruzzese al governo
Di fronte a questa situazione, Nicodemi sollecita un intervento rapido e deciso da parte delle istituzioni italiane ed europee. Si affida al ministro Lollobrigida e alla presidente Meloni, confidando nella mobilitazione del governo europeo per modificare la posizione statunitense.
Il Consorzio ricorda che il bilancio commerciale tra Europa e Stati Uniti va esaminato includendo anche il settore dei servizi. Considerare solo il commercio di beni crea una visione distorta e giustifica erroneamente le misure protezionistiche americane.
Un confronto diplomatico aperto e pragmatico potrebbe evitare uno scontro che, secondo Nicodemi, sarebbe dannoso per tutte le parti coinvolte. La speranza è che si possa evitare l’inasprimento della situazione e trovare un accordo che salvaguardi le esportazioni e il valore storico del made in Italy agroalimentare.
L’impatto del dazio sul vino italiano e sugli altri prodotti agroalimentari
Il caso abruzzese rientra in un contesto più ampio che coinvolge l’intero settore vitivinicolo italiano. Le stime di WineNews e Unione italiana vini indicano che un dazio tra il 20 e il 30% potrebbe tradursi in perdite superiori ai 300 milioni di euro l’anno. Il vino italiano è il principale prodotto agroalimentare esportato negli Stati Uniti, quindi l’escalation tariffaria colpisce direttamente uno dei pilastri dell’export nazionale.
Rischio per olio e pasta abruzzesi
Non solo il vino rischia, ma anche altri prodotti come l’olio extravergine e la pasta abruzzesi sono in pericolo. La Confederazione italiana agricoltori Abruzzo ha evidenziato che il mercato statunitense assorbe il 36% delle esportazioni agroalimentari abruzzesi. L’applicazione dei dazi prevista potrebbe bloccare interamente questa filiera, mandando indietro decenni di lavoro e investimenti.
Le trattative tra Unione europea e Stati Uniti, pur in corso, stentano a offrire certezze. Nel frattempo, imprese e consorzi attendono con preoccupazione gli sviluppi, consapevoli che la conta dei danni potrà solo aumentare se non si raggiungerà un accordo. Questi eventi preoccupano anche chi ha lavorato a lungo nel settore enologico, per promuovere il vino italiano all’estero.