Buco gravitazionale nell’oceano indiano: scoperta l’origine di una delle anomalie più insolite della terra

Buco gravitazionale nell’oceano indiano: scoperta l’origine di una delle anomalie più insolite della terra

Una ricerca dell’Indian Institute of Science individua cause profonde sotto la crosta terrestre per il “buco gravitazionale” nell’Oceano indiano, collegando variazioni di gravità a processi geologici antichi e masse dense nel mantello.
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Una ricerca dell’Indian Institute of Science spiega il "buco gravitazionale" nell’Oceano Indiano con processi profondi sotto la crosta terrestre, legati a antiche subduzioni che influenzano la distribuzione di massa e la gravità locale. - Gaeta.it

La gravità terrestre non è uguale ovunque. Alcune zone mostrano differenze significative nella forza di attrazione e tra queste c’è un’area di oltre tre milioni di chilometri quadrati nell’Oceano indiano, dove la gravità cala in modo sorprendente. Per decenni gli scienziati hanno esaminato questo fenomeno noto come “buco gravitazionale”, cercando di capire cosa abbia causato questa stranezza. Ora una nuova ricerca dell’Indian Institute of Science punta il dito su processi profondi migliaia di chilometri sotto la crosta terrestre.

Le anomalie del campo gravitazionale terrestre e la loro rilevanza

La forza di gravità sulla Terra dovrebbe essere piuttosto costante, ma la realtà è diversa. Il pianeta non è una sfera perfetta, ma un geoide irregolare, un insieme di rilievi e depressioni che influenzano la gravità locale. La superficie del pianeta e la distribuzione della massa al suo interno creano variazioni misurabili con strumenti satellitari e navali. Nel caso dell’Oceano indiano, l’attrazione gravitazionale si affievolisce in un’area molto estesa, legata a una profonda depressione del fondale marino.

La zona interessata si trova all’incirca a sud della punta del subcontinente indiano. Qui il livello del mare appare inferiore rispetto alle aree vicine, non a causa di fenomeni atmosferici o oceanici, ma per un effetto causato dalla distribuzione irregolare della massa terrestre sottostante. Si tratta di una zona complessa, dove la geologia spiega solo in parte il fenomeno gravitazionale, invitando a esplorare cause più profonde. Chi studia questa anomalia ha cercato a lungo risposte, ma la natura precisa di questo indebolimento della gravità è rimasta oscura.

L’indagine dell’indian institute of science e l’ipotesi sugli strati profondi della terra

Un gruppo di ricercatori dell’Indian Institute of Science ha provato a guardare al di sotto della crosta terrestre, fino a oltre mille chilometri di profondità, per dare una spiegazione al buco gravitazionale nell’Oceano indiano. Secondo il loro studio, il fenomeno sarebbe legato ai resti freddi e densi di un antico oceano che si è immerso sotto la litosfera africana circa 30 milioni di anni fa. Questo evento, chiamato subduzione, avrebbe provocato sollevamenti di materiale fuso più caldo, modificando la distribuzione di massa e causando l’indebolimento della forza gravitazionale nella zona.

Questa ricerca si basa su modelli computerizzati complessi che simulano i movimenti della litosfera e dell’astenosfera sotto l’Oceano indiano. Questi modelli indicano che la presenza di masse dense in profondità spiega le misurazioni a superficie. Nonostante ciò, gli autori del lavoro sottolineano che per confermare queste ipotesi bisognerà attendere ulteriori dati acquisiti con tecniche di osservazione più precise in futuro.

L’impatto della scoperta e le prospettive per gli studi futuri

Questa nuova interpretazione apre potenziali sviluppi per la geofisica e la comprensione della struttura interna della Terra. Identificare le origini dell’anomalia gravitazionale nell’Oceano indiano permette di collegare i fenomeni superficiali con processi molto profondi, che si svolgono oltre la crosta. Questi eventi sismici e geologici di grande scala, che si sono manifestati milioni di anni fa, hanno tracce rilevabili ancora oggi.

Il dibattito rimane comunque acceso nella comunità scientifica. La scarsità di dati diretti dal mantello profondo limita le possibilità di una ricostruzione definitiva. Nuove missioni geofisiche, analisi satellitari più raffinate e osservazioni sismiche saranno decisive riguardo la conferma delle ipotesi emerse dallo studio indiano. Nel frattempo, la scoperta offre uno spunto importante per studiare le interazioni fra la dinamica interna del pianeta e il campo gravitazionale, con ricadute anche per la navigazione satellitare e la geodesia globale.

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