La sospensione dei finanziamenti americani alla cooperazione internazionale ha generato un brusco stop alle attività di assistenza e gestione dei centri di detenzione al-Hol e Roj, in Siria. Questi due campi ospitano migliaia di persone sospettate di legami con lo Stato islamico, ma anche vittime di gravi crimini, inclusi minori separati dalle famiglie. La situazione si aggrava dal 25 gennaio 2025, quando nessuno degli operatori ha potuto presentarsi al lavoro, paralizzando la possibilità di rimpatri e assistenza.
Le tensioni politiche e il cambio di regime aprono nuove sfide per i detenuti in Siria
Il recente cambio di regime a Damasco e le nuove relazioni diplomatiche instaurate dalle autorità siriane con alcuni governi esteri influenzano la situazione nelle aree del nord e est del paese. L’Amministrazione autonoma locale, con il sostegno della coalizione internazionale guidata dagli Stati Uniti, gestisce i centri di detenzione al-Hol e Roj dove si trovano diverse migliaia di persone. Il gruppo curdo, già protagonista nella lotta contro lo Stato islamico, ha contribuito a stabilire una rete di gestione dei detenuti. Tuttavia, il contesto politico instabile complica ogni tentativo di risolvere la presenza di persone arrestate per motivi vari, tra cui contrabbando e crimini contro l’umanità.
Composizione dei detenuti e problematiche di gestione
I due campi trattengono cittadini di decine di nazionalità diverse. Al-Hol, in particolare, ospita per l’80% persone di nazionalità irachena e siriana mentre il restante 20% proviene da 60 paesi diversi. La complessità di queste presenze richiede una gestione articolata, che si basa su una cooperazione internazionale che ora si mostra vacillante. La coordinazione con le Nazioni Unite cerca di portare avanti programmi per ridurre gli occupanti attraverso rimpatri mirati e misure di riabilitazione, ma le recenti difficoltà economiche mettono a rischio queste iniziative.
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La sospensione dei fondi usa interrompe i rimpatri e le attività nei centri di detenzione
Il 25 gennaio rappresenta una data cruciale per il progetto di rimpatrio dei detenuti iracheni da al-Hol: circa 600 persone erano in lista per lasciare il centro. Ma quel giorno nessuno dei circa 300 operatori, finanziati dall’organizzazione statunitense Bluemont, è arrivato al lavoro. La causa risiede nel taglio improvviso ai finanziamenti deciso dall’amministrazione Trump, allora appena insediata, che ha congelato il denaro destinato alla cooperazione internazionale.
Gli effetti di questa scelta sono giunti evidenti entro il 4 marzo, quando è stato registrato un taglio di almeno 117 milioni di dollari ai progetti nel nord-est della Siria. Gli interventi essenziali sono stati interrotti, causando una rapida diminuzione della qualità della vita nei centri. Nei due campi si sono fermati i programmi di riabilitazione per i bambini, si è pesantemente ridotta l’assistenza agli adulti autorizzati a lasciare i campi e cinque progetti a Roj sono stati chiusi a marzo.
Crisi del personale e conseguenze operative
Questa mancanza di supporto mette a rischio anche le future assunzioni necessarie a sostituire il personale rimasto a terra, come nel caso del NES Forum, riducendo ulteriormente la capacità gestionale e prolungando una crisi umanitaria che si fa sempre più grave.
Le ricadute sulla sicurezza e il rischio di rafforzamento dello Stato islamico
Tra le conseguenze più preoccupanti del blocco dei fondi si legge il potenziale rafforzamento dello Stato islamico all’interno dei centri di detenzione. Le risorse del califfato, spesso di origine illecita e criminale, non subiscono lo stesso blocco e potrebbero essere impiegate per guadagnare consenso tra i detenuti più disperati. Senza la presenza attiva e l’assistenza da parte degli operatori umanitari, cresce il rischio che nuove ideologie estremiste radichino il loro seguito proprio dove la tensione sociale si acuisce.
La politica Usa, limitando gli aiuti ai paesi amici sul terreno, non solo indebolisce partner chiave nella lotta contro i terroristi, ma finisce per creare spazi che i gruppi violenti possono sfruttare. La decisione del 2017 di sospendere i fondi appare oggi come un elemento che ostacola la stabilità della regione e la sicurezza globale, complicando ulteriormente il già fragile equilibrio nelle zone controllate dall’Amministrazione autonoma siriana.