Il carcere Lorusso e Cutugno di Torino torna al centro dell’attenzione dopo un’operazione della polizia penitenziaria che ha portato al sequestro di telefoni vietati e armi improvvisate. Tra il 24 e il 25 luglio, nel padiglione b della struttura torinese sono stati trovati dispositivi di comunicazione e oggetti pericolosi, evidenziando le difficoltà nel mantenere la sicurezza dentro le carceri italiane.
Sequestro di dispositivi illeciti durante l’operazione notturna
La polizia penitenziaria ha condotto una perquisizione tra le 22 e le 3 del mattino che ha portato al ritrovamento di quattro microtelefoni, uno smartphone e varie lame artigianali nelle celle del padiglione b. Questi strumenti, di dimensioni tra i 5 e i 15 centimetri, sono stati presumibilmente costruiti direttamente all’interno del carcere, con materiali raccolti in modo clandestino e utilizzati per scopi violenti.
La presenza di microtelefoni, molto difficili da individuare, e dello smartphone dimostra l’esistenza di una rete di comunicazioni irregolari. Questi dispositivi permettono agli internati di connettersi con l’esterno, aggirando i controlli e alimentando attività non consentite. Il ritrovamento ha acceso nuovamente i riflettori sulle criticità strutturali e operative che caratterizzano l’istituto torinese, dove le misure di sicurezza appaiono insufficienti per arginare comportamenti illeciti.
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L’Osapp, sindacato autonomo degli agenti penitenziari, ha documentato e diffuso gli esiti dell’intervento, sottolineando la complessità dell’azione condotta in un orario particolarmente delicato e a rischio di incidenti. Le immagini e i dettagli raccolti testimoniano una realtà difficile da gestire per gli operatori dell’ordine.
Criticità del sistema carcerario secondo l’osapp e le denunce del segretario generale
Leo Beneduci, segretario generale dell’Osapp, ha rilanciato un quadro allarmante dello stato delle carceri in Italia. Ha parlato di istituti fuori controllo, dove oltre alla diffusione di armi improvvisate e telefoni clandestini, si verificano attività illegali di varia natura. Beneduci ha citato spaccio di droga, call center abusivi e addirittura la produzione di alcolici artigianali realizzati con frutta fermentata tra le celle.
Queste situazioni denunciano una gestione carceraria incapace di limitare la criminalità interna e di garantire condizioni di sicurezza e ordine. Il segretario dell’Osapp ha ribadito che il sistema sembra soccombere di fronte a questa serie di fenomeni, facendo emergere gravi problemi organizzativi e una mancanza di interventi strutturati da parte delle istituzioni.
Beneduci ha evidenziato come queste emergenze siano un segnale chiaro della necessità di riforme e di una diversa strategia di controllo. L’appello mira a sollecitare una risposta concreta sia dal ministero della giustizia che dal governo, rimarcando la pericolosità di un carcere che non riesce a esercitare la sua funzione di contenimento e rieducazione dei detenuti.
I rischi affrontati dagli agenti penitenziari e la richiesta di maggiori risorse
Nel racconto diretto di Beneduci emerge il riconoscimento verso la professionalità del personale della polizia penitenziaria che ha condotto il blitz. Gli agenti lavorano in condizioni che possono essere definite estreme, spesso mancando di strumenti adeguati, organici sufficienti e supporto logistico.
L’operazione notturna nel carcere di Torino ha mostrato il coraggio e la determinazione degli agenti nel fronteggiare una realtà problematica, in cui il rischio di incidenti è elevato. Le lame improvvisate e i cellulari sono solo una parte delle criticità a cui devono far fronte quotidianamente, in strutture che sembrano non poter garantire sicurezza neppure agli stessi operatori.
L’Osapp ha chiesto ufficialmente all’amministrazione di riconoscere il valore del lavoro svolto e di intervenire con misure concrete, che includano maggiori risorse umane, tecnologiche e operative. Senza un impegno concreto da parte delle autorità, si teme che questi fenomeni illeciti possano aumentare, con conseguenze pesanti sia per gli agenti sia per l’intero sistema penitenziario.
Le condizioni interne di molte carceri italiane restano critiche e la scoperta a Torino è una conferma delle difficoltà che rende più difficile l’amministrazione della giustizia e la riabilitazione dei detenuti. I fatti emersi richiamano l’attenzione su una situazione che necessita risposte e interventi tempestivi.