La notte tra l’8 e il 9 settembre la Family Boat, nave principale della Global Sumud Flotilla con membri da 44 Paesi, ha subito un grave episodio mentre si trovava ancorata vicino al porto turistico di Sidi Bou Saïd, in Tunisia. Gli organizzatori denunciano un attacco da drone con conseguente incendio, ma le autorità tunisine negano la presenza di velivoli e parlano di un evento accidentale. L’incidente ha acceso un confronto politico internazionale e resta al centro un mare di domande su sicurezza e sovranità in una zona delicata del Mediterraneo.
Descrizione dell’incidente: drone o incendio accidentale?
Secondo la versione riportata dagli attivisti della Global Sumud Flotilla, quella notte un drone avrebbe sganciato un ordigno che ha colpito la Family Boat mentre si trovava alla fonda a Sidi Bou Saïd, appena fuori dal porto turistico di Tunisi. Un ronzio dal cielo, seguito da un bagliore e poi dal boato, hanno colto di sorpresa l’equipaggio. Immediatamente è scattato l’allarme incendio, con urla di “al fuoco” a bordo. Nonostante il panico, nessuna persona ha riportato ferite, ma il ponte superiore ha subito danni rilevanti e sono stati colpiti anche i vani di stivaggio dell’imbarcazione. Immagini e video diffusi dagli attivisti mostrano un oggetto in avvicinamento dall’alto e l’esplosione sul ponte.
Dall’altra parte la Tunisia contesta questa ricostruzione. La Guardia nazionale, con la supervisione del ministero dell’Interno, afferma che non sono stati rilevati droni nei cieli sopra il porto e interpreta l’incendio come originato accidentalmente dai giubbotti di salvataggio a bordo, illuminando una dinamica completamente diversa. Questa versione ufficiale fa emergere un contenzioso immediato, che rischia di ingarbugliare diplomaticamente la situazione. La mancata convergenza tra prove video e dichiarazioni ufficiali rende urgente un’indagine approfondita.
Leggi anche:
Analisi indipendenti e reazioni internazionali sul possibile attacco con drone
Diverse testate hanno sottoposto i filmati a esperti di intelligence per chiarire cosa sia avvenuto in poche decine di secondi. La BBC ha pubblicato un’analisi affidata a David Heathcote, esperto del McKenzie Intelligence Service, che ha indicato come la dinamica dei video sia compatibile con un ordigno sganciato dall’alto. Questa ipotesi pone dubbi sulla versione tunisina e alimenta la tensione diplomatica. Reuters ha ricostruito il quadro principale, confermando l’attacco presunto con drone, i danni a bordo e l’assenza di feriti. Al momento non giungono commenti da Israele, mentre la Tunisia insiste sulla propria narrazione di incendio accidentale.
Sul posto si muovono attivisti, politici e rappresentanti ONU. Francesca Albanese, relatrice speciale per i territori palestinesi, arrivata a Sidi Bou Saïd, ha detto che qualora si confermi l’attacco con drone si tratterebbe di un’aggressione alla sovranità tunisina, rilanciando i filmati e invitando a valutare con attenzione. La presenza di Greta Thunberg e della politica portoghese Mariana Mortágua dimostra la portata europea e internazionale della missione. Nel frattempo, attivisti a terra manifestano con bandiere palestinesi e cori, definendo l’episodio un tentativo di intimidazione per bloccare la navigazione verso Gaza.
Impatto politico nazionale e internazionale dopo l’episodio al porto tunisino
In Italia la reazione si è articolata su più fronti. Dal Partito Democratico la segretaria Elly Schlein ha espresso solidarietà alla missione, invitando Unione Europea e governi a tutelare lo svolgimento dell’azione umanitaria. Il ministro degli Esteri Antonio Tajani ha ribadito la necessità di attendere i risultati delle verifiche in Tunisia, ricordando la giurisdizione sulle acque e la bandiera portoghese della nave. La premier Giorgia Meloni ha assicurato che verranno prese tutte le misure di tutela dei cittadini italiani all’estero, senza però entrare nel merito specifico dell’episodio.
Sul piano internazionale, l’intervento di Francesca Albanese e la postura di Tunisi segnano un confronto netto tra due narrazioni distinte. La Tunisia, rappresentata dal portavoce Houcem Eddine Jebabli, continua a sostenere che non sia avvenuto alcun attacco con drone, attribuendo l’incendio a un incidente interno alla nave. La partita è ora nelle mani di tecnici e periti: ispezioni sui residui, controlli ai sistemi elettrici, registrazioni radar e maritime potrebbero fornire risposte. Intanto, la Family Boat resta fuori uso, con danni importanti che ne impediscono l’uso fino a istruzioni contrarie.
Problemi di sicurezza e le incertezze sulle regole in acque territoriali a rischio
Il confronto sull’attacco alla Family Boat si inserisce in un contesto di elevata tensione geopolitica nel Mediterraneo centrale. La sicurezza di navi civili impegnate in missioni umanitarie diventa un tema centrale. Gli attivisti parlano apertamente di “atto di guerra contro civili”. La Tunisia tratta l’incidente come un caso che rientra nelle procedure amministrative di porto. La questione è più ampia e riguarda la prevenzione e la risposta di chi governa le acque territoriali di fronte a possibili attacchi con droni o altri mezzi.
Le regole internazionali sul volo e l’azione di droni che sorvolano infrastrutture marittime non sono ancora completamente definite, mentre casi di abuso possono minacciare la vita e l’incolumità di personale civile e operatori umanitari. Chi deve intervenire se una nave ancorata in acque territoriali subisce un attacco? Come garantire che attrezzature delicate e imbarcazioni non vengano colpite da azioni ostili? Lo scontro tra versioni e la complessità geopolitica fanno emergere una zona d’ombra normativa e di fatto. L’incidente impone una riflessione urgente su controllo, sicurezza e intervento in mare.
Proseguimento della missione e attese tra sorveglianza e scetticismo
Nonostante i danni e le tensioni, la Global Sumud Flotilla intende andare avanti con la sua navigazione verso Gaza. Dal molo si ribadisce che la missione umanitaria non subirà blocchi né intimidazioni. Venerdì è prevista la partenza di una delegazione italiana da Siracusa, con una conferenza stampa prevista già nelle prime ore del mattino. In Parlamento cresce la richiesta di salvaguardare attivisti e operatori umanitari, mentre sui social continuano a circolare video e immagini che confermano l’arrivo dall’alto di un oggetto prima dell’incendio.
Il dibattito pubblico segnato da prove filmate e negazioni ufficiali rischia di protrarsi fino a quando specialisti e inquirenti non sveleranno i fatti con certezza. Quel che resta sono due fatti inequivocabili: la Family Boat è stata danneggiata gravemente e nessuno si è fatto male. Una parola come deterrenza si inserisce tra immagini e silenzi ufficiali, segnalando i rischi futuri per le vie di mare e un Mediterraneo dove tensioni vecchie trovano nuovi modi di manifestarsi.