Altalena politica e mosse militari: negli stati uniti la strategia verso iran e israele sotto la presidenza trump nel 2025

Altalena politica e mosse militari: negli stati uniti la strategia verso iran e israele sotto la presidenza trump nel 2025

L’amministrazione Trump nel 2025 oscilla tra sostegno militare a Israele e tentativi di negoziato con Iran, mentre tensioni interne tra falchi e isolazionisti influenzano la politica estera degli Stati Uniti in Medio Oriente.
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L'amministrazione Trump nel 2025 mostra una politica ambivalente verso Iran e Israele, oscillando tra sostegno militare e tentativi di negoziato, con forti divisioni interne tra falchi e isolazionisti che influenzano le dinamiche diplomatiche e militari in Medio Oriente. - Gaeta.it

L’amministrazione Trump continua a mostrare una strategia alternante nei rapporti con iran e israele, mentre cresce la tensione per il programma nucleare iraniano e gli ultimi attacchi israeliani. Nel 2025, il ruolo degli Stati uniti tra sostegno, negoziato e distacco crea un quadro complesso, che rimane al centro delle dinamiche diplomatiche e militari mediorientali.

La posizione iniziale di Trump e l’operazione militare israeliana contro l’iran

Poco prima dell’operazione militare israeliana contro obiettivi iraniani, Donald Trump ha pubblicato su Truth Social un messaggio di impegno verso una soluzione diplomatica per la questione nucleare iraniana. Subito dopo l’attacco, considerato da molti analisti come dannoso per la capacità militare e di intelligence di Teheran, il segretario di stato americano, Marco Rubio, ha precisato che gli Stati uniti non erano coinvolti direttamente nella missione, mantenendo però di essere stati informati.

Trump stesso ha riconosciuto, in un’intervista al Wall Street Journal, che gli Stati uniti erano a conoscenza di ciò che stava avvenendo e ha indicato l’azione israeliana come una conseguenza delle sue ripetute esortazioni all’Iran a negoziare. Secondo il presidente, la mancata disponibilità iraniana ha portato alla necessità di un intervento militare di tale portata. Il presidente ha sottolineato come questo attacco rappresenti un passo importante verso il negoziato, sottintendendo quindi un certo coinvolgimento strategico anche dell’amministrazione americana.

Le oscillazioni nella politica americana verso iran e israele

La politica degli Stati uniti nei confronti di iran e israele ha seguito spesso una linea instabile, con un alternarsi di posizioni diverse che sono passate da momenti di sostegno militare deciso a tentativi di dialogo più pacifico. Trump si è trovato a svolgere un ruolo di mediatore ambiguo: da un lato ha esplorato l’opportunità di negoziare con l’Iran, come per esempio nei rapporti con la Russia, dall’altro ha mantenuto stretti legami con israele.

Questo equilibrio delicato ha incontrato resistenze interne nel governo, dove il movimento isolazionista e il pacifismo contro nuove guerre hanno guadagnato terreno. L’idea che una minaccia alla sicurezza di un alleato come israele possa non essere allo stesso tempo una minaccia per gli Stati uniti ha trovato spazio, influenzando scelte come la rimozione di Mike Waltz dal Consiglio per la sicurezza nazionale. Tale movimento mostra quanto la linea del governo sia sospesa tra interventismo e distacco.

La spaccatura interna tra falchi e isolazionisti: i casi di waltz e ortagus

La rimozione di Mike Waltz ha rappresentato non solo un cambio nella squadra, ma un segno evidente dello scontro tra falchi, favorevoli ad una linea dura contro l’iran, e isolazionisti contrari a interventi militari o a una partecipazione diretta nelle vicende mediorientali. Waltz, noto per la sua posizione dura contro Teheran, è uscito in parte per via di una controversia legata a una chat definita “pasticcio” che riguardava un attacco contro gli houthi condiviso con il direttore dell’Atlantic.

Nel frattempo, Steve Witkoff, negoziatore incaricato da Trump, si è trovato nel mezzo di questo contrasto. Sostenitore del negoziato a ogni costo nonostante la scarsa flessibilità iraniana in cinque tornate di trattative, Witkoff è diventato bersaglio dei falchi, che tramite un’attività editoriale aggressiva, in particolare dal New York Post di Rupert Murdoch, hanno messo in discussione la sua efficacia. Recentemente Witkoff ha sospeso Morgan Ortagus dal suo team, una figura vicina allo schema duro contro l’Iran, scelta percepita come un punto a favore degli isolazionisti.

Altri episodi nel governo confermano questa lotta intestina: per esempio, la rimozione di funzionari accusati da Laura Loomer, figura influente della corrente isolazionista M.A.G.A., di fuoriuscite di informazioni contro i falchi.

Le ricadute mediatiche e la battaglia sui futuri equilibri diplomatici

La tensione si è acuita con la diffusione di notizie improntate a presentare l’Iran molto vicino al possesso della bomba nucleare. Gli isolazionisti, appoggiati da personaggi come Tucker Carlson e Steve Bannon, hanno subito bollato queste affermazioni come esagerazioni utili a giustificare una guerra non voluta neppure da Trump. Un articolo di Politico ha documentato una lunga serie di scontri interni, offrendo spunti che mostrano come l’operazione israeliana abbia originariamente suscitato sospetto nei confronti di un uso dell’America in un conflitto esterno.

Dopo le dichiarazioni di Trump in cui definisce l’azione israeliana come una manovra condivisa e necessaria, le voci degli isolazionisti si sono trasformate in accuse di essere stati ingannati dal presidente. Questi ritengono che dietro la retorica del negoziato si nasconda invece una volontà di sfruttare azioni militari per piegare l’Iran a una trattativa più severa.

Un ruolo centrale in questo schieramento lo gioca il vicepresidente J.D. Vance, che in varie situazioni, come nella crisi tra Trump e Elon Musk, ha assunto un ruolo pacificatore, valutando prima con attenzione le mosse più in linea con la linea del capo.

Impatto sulla politica estera americana e sviluppi imminenti

La gestione dell’amministrazione Trump nel 2025 sembra segnata da continue oscillazioni tra approcci dialoganti e prese di posizione militari dirette, comprese le azioni sul terreno mediorientale. La linea verso iran e israele appare instabile e condizionata da lotte interne al governo, con una conflittualità palpabile tra correnti che vogliono evitare nuove guerre e altre disposte a pressioni forti.

I risultati delle ultime azioni militari israeliane e la posizione pubblica di Trump indicano un tentativo di sfruttare la situazione per rilanciare i negoziati sul nucleare iraniano, pur in mezzo a divisioni politiche profonde. Il futuro della politica estera degli Stati uniti su questo fronte appare quindi incerto, con possibili sviluppi legati a come si posizioneranno le diverse fazioni interne nel prossimo periodo.

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