A Roma oltre 500 persone vivono in un edificio occupato abusivamente dal 2013 in Via Santa Croce In Gerusalemme

A Roma oltre 500 persone occupano abusivamente un palazzo storico da dieci anni, mentre in città sono almeno 27 gli edifici occupati tra crisi abitativa, tensioni sociali e interventi delle istituzioni.
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Oltre 500 persone vivono in un edificio occupato abusivamente a Roma dal 2013. - Gaeta.it

Nel cuore di Roma, un palazzo di nove piani in via Santa Croce in Gerusalemme è occupato senza permesso dal 2013 da più di 500 persone. Questa è solo una delle tante occupazioni abusive che segnano la Capitale: sono almeno 27 gli edifici presi senza autorizzazione. Dietro a queste occupazioni ci sono questioni sociali, urbanistiche e politiche che mettono in luce il conflitto tra il bisogno urgente di casa e il rispetto delle leggi.

Via Santa Croce In Gerusalemme, il centro sociale Action e una comunità di oltre 500 persone

Il centro sociale Action si trova proprio in questo palazzo di nove piani, occupato ormai da dieci anni da una comunità di oltre 500 persone. Qui non si vive solo, ma si organizzano anche attività culturali e collettive autogestite. È una delle occupazioni più visibili e conosciute di Roma.

La scelta di stabilirsi in questo edificio, in un quartiere storico, nasce da necessità profonde. Il palazzo era vuoto da anni, inutilizzato, ed è diventato un punto di riferimento per chi non trova casa attraverso i canali ufficiali. Chi vive lì arriva da situazioni difficili, spesso segnate da problemi economici o esclusione sociale. Action è così uno spazio di convivenza a volte forzata, ma anche di resistenza, dove si prova a costruire una comunità alternativa.

Nel tempo questa presenza ha acceso un acceso dibattito tra istituzioni, forze dell’ordine e attivisti. Le autorità vedono nell’occupazione una chiara violazione della legge, soprattutto per l’uso abusivo della proprietà. Gli abitanti, invece, rivendicano il diritto alla casa, denunciando la scarsità di soluzioni abitative e i blocchi nelle assegnazioni pubbliche. Così via Santa Croce è diventata un simbolo della complessità del problema casa a Roma.

Nel 2025, il caso del centro sociale Action resta irrisolto e continua a bloccare ogni tentativo di soluzione definitiva. Le istituzioni oscillano tra aperture al dialogo e azioni legali, senza riuscire a trovare un punto d’incontro tra rispetto della proprietà privata e tutela degli occupanti.

Roma e le sue 27 occupazioni abusive: un problema che cresce

Non è solo via Santa Croce: a Roma sono almeno 27 gli immobili occupati illegalmente. Questi edifici sono sottratti alla gestione pubblica o privata e usati come abitazioni o spazi sociali non autorizzati. Sono sparsi in tutta la città, creando una rete diffusa di occupazioni nate da una crisi profonda del mercato immobiliare e dalla mancanza di risposte per chi è in difficoltà.

Le persone che occupano sono soprattutto in condizioni economiche precarie, senza una casa stabile. In alcuni casi, danno vita a iniziative culturali o sociali per tenere vivi gli spazi. Ma questa situazione mette in tensione il diritto alla casa con l’ordine pubblico, spesso sfociando in scontri con le forze dell’ordine e le amministrazioni.

Le autorità cercano di intervenire, ma non è semplice trovare soluzioni condivise. Spesso si procede con sgomberi, che provocano proteste e tensioni. Altre volte si tentano percorsi di housing sociale per stabilizzare chi occupa. La mancanza di regole chiare lascia tutto in sospeso, alimentando il dibattito pubblico e politico.

Nel 2025 Roma si trova davanti a una delle sfide più difficili della sua vita urbana: il bisogno di una casa dignitosa che cozza con la gestione della legalità. Quegli edifici occupati, 27 secondo Comune e altre fonti, rappresentano un problema sociale ancora aperto e urgente.

Crisi abitativa e scontri tra movimenti sociali e istituzioni

L’occupazione abusiva di immobili a Roma è il riflesso di una crisi abitativa che riguarda migliaia di persone, soprattutto le più vulnerabili. Negli ultimi anni trovare una casa è diventato più difficile, spingendo famiglie e singoli a cercare soluzioni alternative.

I centri sociali, come quello di via Santa Croce, non sono solo un tetto sopra la testa, ma anche una forma di protesta contro un sistema che esclude molti cittadini. La loro presenza genera spesso conflitti con le istituzioni, chiamate a trovare un equilibrio tra diritti e doveri.

Le amministrazioni comunali cercano di mediare e proporre alternative, ma si scontrano con limiti strutturali e pochi fondi. Gli sgomberi si susseguono in alcune zone, mentre in altre si prova a dialogare con gli occupanti. Restano però frequenti tensioni e interventi delle forze dell’ordine per ripristinare la legalità.

Nel 2025 Roma appare divisa tra due esigenze: da una parte il riconoscimento della casa come diritto fondamentale, dall’altra la volontà di far rispettare le regole che tutelano proprietà e ordine pubblico. Molti osservatori vedono in tutto questo il riflesso delle disuguaglianze e dei cambiamenti sociali che da tempo interessano la città.

Anche gli occupanti, spesso giovani e parte di reti di solidarietà, chiedono interventi più umani e sostenibili. Il fenomeno resta così al centro del dibattito sulla vita sociale e urbana della Capitale.