A hood river un presidio anti-trump mette in scena una resistenza anacronistica durante la festa del padre

A hood river un presidio anti-trump mette in scena una resistenza anacronistica durante la festa del padre

A Hood River, Oregon, durante il Father’s Day 2025, una protesta “No Kings” contro Donald Trump ha evidenziato uno scontro generazionale e culturale tra nostalgici baby boomer e giovani distaccati dalla politica attuale.
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Durante il weekend del Father’s Day 2025 a Hood River, Oregon, un presidio intitolato "No Kings" ha visto manifestanti, soprattutto baby boomer, protestare contro Donald Trump, rappresentato come un autocrate, in una manifestazione più simbolica che fondata su fatti concreti, evidenziando uno scontro generazionale e culturale. - Gaeta.it

Il weekend del Father’s Day a Hood River, Oregon, si è animato con un evento politico che ha richiamato l’attenzione. Tra le montagne e il fiume che fanno da sfondo a questo angolo di pacifico nord-ovest, un piccolo presidio intitolato “No Kings” ha richiamato diversi manifestanti contrari a Donald Trump. Non si trattava di una protesta qualunque, ma di un rito che rievoca antiche battaglie contro presunti despoti, riproposte ora in chiave attuale e per certi versi anacronistica. La scena ha mostrato un mix di nostalgia, slogan contundenti e una forte divisione generazionale.

Hood river, un weekend tra natura e politica

Hood River è conosciuta per le sue acque ideali per praticare kayak e per la scena delle birre artigianali, specialmente le IPA, che attirano appassionati da tutta la regione. L’evento, nato in occasione del Father’s Day nel 2025, sembrava all’inizio una rilassante pausa weekend. Escursioni tra i boschi e pause pranzo con panini al salmone hanno caratterizzato le giornate all’aperto. Ma non è sfuggito ai visitatori un presidio che, con cartelli e slogan, ha chiamato alla resistenza contro Donald Trump.

Tra le persone radunate, molti erano baby boomer che avevano vissuto il ’68 e le battaglie sociali di quegli anni. I cartelli riportavano frasi forti, come “Trump: felon, rapist, con man” e l’ispirazione a Mary Poppins con “Super callous, fragile, racist, sexist, Nazi POTUS”. Questo mix di tensione politica e riferimenti culturali ha creato un’atmosfera di revival, più attenta a riproporre un’ideologia che a costruire un dialogo concreto.

Il leitmotiv della protesta: trump come autocrate e la paura del “re”

Il cuore della manifestazione si basava sull’idea che Trump rappresenti una minaccia autoritaria simile a un tiranno che punta a impossessarsi del potere senza limiti. La parola d’ordine “No Kings” evocava il rifiuto di qualsiasi forma di usurpazione democratica. Chi manifestava temeva che Donald Trump stesse tentando di trasformare gli Stati Uniti in una dittatura personale.

Tuttavia, l’analisi concreta del periodo trascorso mostra che Trump ha rispettato molte regole formali. È stato eletto tramite un processo costituzionale, ha collaborato con il Congresso su provvedimenti di bilancio e, soprattutto, ha back out dal potere senza ricorrere a colpi di stato o strumenti illegittimi. Le sue politiche, anche quando durose, come nel caso dell’immigrazione, hanno seguito la cornice legale in vigore. Quando ha perso le elezioni, ha accettato il risultato, lasciando la Casa Bianca senza spargimenti di sangue o colpi di mano.

Questo contrasto tra percezione e realtà evidenzia uno scontro più di opinioni e immagini che di fatti concreti.

Il rituale politico della sinistra e le estremizzazioni mediatiche

Il presidio “No Kings” non si caratterizzava come un semplice evento di protesta, ma sembrava più un rituale politico. Come negli anni passati, certe manifestazioni si sono trasformate in teatro politico, momenti in cui si rafforza una narrazione più che portare a un cambiamento effettivo. Le immagini della sinistra hanno spesso adottato simboli forti, like i cappelli a forma di vagina o i costumi ispirati a serie distopiche come Handmaid’s Tale.

Il corteo rappresenta un modo per consolidare l’idea di una minaccia imminente, quella di una dittatura presidenziale. Anche in città come Los Angeles, si notano spaccature: le manifestazioni sono ufficialmente pacifiche, ma alcune frange più radicali spingono verso scontri con la polizia, creando tensioni a volte simili a scenari da film distopico.

Nel confronto intorno all’immigrazione, la scena pubblica si è polarizzata. Trump promette deportazioni su larga scala, mentre dall’altra parte si raccontano storie di famiglie divise e bambini traumatizzati. Ogni immagine, ogni parola, punta a influenzare l’opinione pubblica e a minare i consensi del presidente, dando vita a una guerra di rappresentazioni.

La realtà giudiziaria e il limite del potere di trump

Un dato importante emerge dal controllo della magistratura sul potere esecutivo. Contrariamente all’idea di un autocrate incontrastato, molte decisioni di Trump sono state fermate da giudici federali. In diversi casi, ordini esecutivi sono stati bloccati da corti di livello distrettuale in poche ore. Anche provvedimenti controversi, come la rimozione di contenuti di genere dai siti governativi, sono stati bloccati dal sistema giudiziario.

Questo dimostra chiaramente che il potere di Trump era sottoposto a pesi e contrappesi, una realtà che smentisce l’idea di un tiranno che regna senza freni.

Lo scontro generazionale e i segni di una protesta disallineata

Il confronto fra generazioni ha rappresentato uno degli aspetti più evidenti del presidio. I baby boomer, nati tra la fine della seconda guerra mondiale e gli anni ’60, sono stati i più reattivi e convinti nelle accuse contro Trump. Si è assistito a un revival di slogans tipici delle proteste di fine anni ’60, ormai datati rispetto al contesto attuale.

I più giovani, invece, sembravano staccati. Alla fine del corteo, un gruppo di adolescenti mostrava cartelli ironici come “Ban Onions” e “Ban Scratchy Blankets” . Quei ragazzi non criticavano il presidente ma piuttosto la forma e l’argomento della manifestazione, indicando una distanza evidente tra le generazioni nei modi di fare attivismo.

Baby boomer e la crisi di un modello che non torna più

La protesta ha mostrato il tentativo di una generazione, quella dei boomer, di mantenere il controllo culturale sull’America. Dopo decenni di dettare valori e slogan, molti di loro si sono ritrovati a fronteggiare un mondo che sfugge loro di mano. Rivivere le battaglie del passato sembra un modo per ritrovare un senso, anche se ormai la realtà è cambiata.

Trump, in questo scenario, è diventato un simbolo ambivalente: non più solo un presidente, ma l’oggetto di un rifiuto che va oltre i fatti. Quella che si è vista a Hood River sembra una testimonianza di questo scontro culturale: nessun re da abbattere, ma un passato da cui faticano a staccarsi.

L’evento ha mostrato con chiarezza come la protesta, in questo caso, rifletta tensioni profonde più che autentiche lotte politiche. Le piazze si riempiono per dare voce a paure e ricordi, non sempre allineati con i fatti e la realtà politica del momento.

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