Il Vesuvio domina il Golfo di Napoli con la sua imponenza silenziosa da oltre ottant’anni, ma resta il vulcano più sorvegliato d’Europa. L’ipotesi di un’eruzione improvvisa continua a essere oggetto di studi e piani di emergenza. Cosa accadrebbe davvero se oggi si risvegliasse?
Il Vesuvio non erutta dal marzo del 1944, quando una colonna di fumo e lapilli oscurò i cieli della Campania e diversi comuni, tra cui San Sebastiano al Vesuvio e Massa di Somma, furono devastati. Migliaia di abitanti furono costretti a lasciare le loro case. Da allora il vulcano non ha più dato segni di attività esplosiva, ma gli esperti ricordano che il lungo silenzio non equivale a sicurezza. Periodi di quiete così lunghi, anzi, possono precedere eruzioni di intensità molto più alta. Per questo motivo il Vesuvio è oggi considerato uno dei vulcani più pericolosi al mondo: nella sua area più esposta, la cosiddetta zona rossa, vivono oltre 700.000 persone.

Il piano di emergenza e le aree a rischio
La Protezione Civile italiana ha elaborato un piano di emergenza tra i più complessi d’Europa. La zona rossa include 25 comuni, tra cui Torre del Greco, Ercolano, Portici, San Giorgio a Cremano e parte della città di Napoli. In caso di eruzione esplosiva, queste aree sarebbero travolte in pochi minuti dalle colate piroclastiche e andrebbero evacuate completamente.
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Attorno a questa fascia si estende la zona gialla, che comprende oltre 60 comuni con circa 600.000 abitanti. Qui il rischio maggiore non sarebbero le colate, ma la caduta di cenere e lapilli che potrebbe compromettere tetti, condutture idriche, viabilità e perfino ospedali. L’accumulo di pochi centimetri di cenere vulcanica può far collassare coperture non rinforzate e mandare in tilt i sistemi elettrici.
Secondo il piano, l’evacuazione dovrebbe avvenire entro 72 ore dall’allerta ufficiale. Ogni famiglia residente nella zona rossa è stata “gemellata” con un comune di altre regioni italiane, in modo da essere accolta e assistita. L’esodo di circa un milione di persone richiederebbe treni speciali, convogli di pullman, navi nel porto di Napoli e il blocco completo delle autostrade per permettere il deflusso ordinato. Sarebbe la più grande evacuazione civile della storia europea in tempo di pace.
Gli effetti di un’eruzione improvvisa
Se l’eruzione avvenisse senza un preavviso sufficiente, lo scenario sarebbe drammatico. Le colate piroclastiche, miscele di gas e materiale incandescente, scenderebbero a centinaia di chilometri orari distruggendo in pochi minuti Ercolano, Torre Annunziata, Portici e i paesi più vicini al cratere. La nube eruttiva potrebbe elevarsi per decine di chilometri, trasportando cenere e lapilli su tutta la Campania e ben oltre i confini regionali.
La città di Napoli, con quasi un milione di abitanti, rischierebbe di essere soffocata dalla cenere: il traffico aereo verrebbe immediatamente interrotto, l’aeroporto di Capodichino chiuso, le linee ferroviarie sospese e l’autostrada bloccata. I porti sarebbero paralizzati, con conseguenze anche sui collegamenti con Ischia, Procida e Capri. Se il collasso del cratere coinvolgesse il Golfo, una frana sottomarina potrebbe innescare uno tsunami che colpirebbe l’intero litorale campano, fino a Salerno e Gaeta.
Ma le conseguenze non si fermerebbero qui. Le correnti atmosferiche trasporterebbero la cenere verso il resto d’Europa: i venti dominanti potrebbero far ricadere materiale vulcanico su Roma, sull’Adriatico e persino su Paesi lontani come la Grecia o i Balcani. In caso di eruzione di grande portata, l’intero traffico aereo europeo potrebbe subire interruzioni paragonabili a quelle causate dal vulcano islandese Eyjafjallajökull nel 2010, ma con effetti ben più estesi.
Conseguenze umane ed economiche
Un’eruzione del Vesuvio provocherebbe un impatto umano e sociale senza precedenti. Anche con l’evacuazione preventiva, le stime parlano di migliaia di morti e feriti. Le famiglie sarebbero costrette ad abbandonare le proprie abitazioni, spesso senza poter portare con sé nulla. Intere comunità sarebbero sradicate e ricollocate in altre regioni, con traumi psicologici e tensioni sociali enormi.
Sul piano economico, la Campania subirebbe perdite colossali. Il turismo, settore trainante per Napoli e la Costiera, collasserebbe nel giro di poche ore, con danni irreversibili per alberghi, ristoranti e imprese legate all’indotto. L’agricoltura vesuviana, famosa per vini e frutti come il pomodorino del piennolo, verrebbe distrutta dalla cenere e dalla lava. Le infrastrutture di trasporto e le reti energetiche subirebbero danni stimati tra i 20 e i 24 miliardi di euro, una cifra paragonabile ai più grandi disastri naturali della storia recente.
Anche il resto d’Italia subirebbe pesanti conseguenze. Le principali arterie logistiche del Sud sarebbero interrotte, l’economia nazionale rallenterebbe, i mercati internazionali reagirebbero con contrazioni immediate e i costi per l’assistenza agli sfollati graverebbero sul bilancio pubblico per anni.
Un rischio costante sotto osservazione
Oggi il Vesuvio non mostra segnali di un’eruzione imminente, ma resta monitorato 24 ore su 24 dall’Osservatorio Vesuviano con una rete di sensori sismici, stazioni GPS e satelliti. Ogni microscosssa o variazione nei gas viene analizzata in tempo reale. La sua vicinanza a un’area metropolitana densa come quella napoletana lo rende un caso unico al mondo: nessun altro vulcano attivo convive con una popolazione così numerosa.
La vera sfida non è solo scientifica, ma sociale. In caso di risveglio, la differenza tra tragedia e salvezza dipenderebbe dalla capacità di evacuare senza panico, con ordine e rapidità. Prevenzione, esercitazioni e informazione restano gli strumenti fondamentali per ridurre un rischio che, ancora oggi, rimane tra i più alti d’Europa.