Uno stallo nella sintesi delle proteine cerebrali legato all'invecchiamento scoperto nel killifish

Uno stallo nella sintesi delle proteine cerebrali legato all’invecchiamento scoperto nel killifish

Lo studio guidato dalla Scuola Normale di Pisa e dall’Istituto Leibniz di Jena sul killifish turchese rivela un blocco nella sintesi proteica come causa dell’invecchiamento cerebrale, con implicazioni per l’uomo.
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Uno studio internazionale guidato dalla Scuola Normale di Pisa ha identificato un blocco nella sintesi proteica come causa chiave dell’invecchiamento cerebrale, utilizzando il killifish turchese come modello per comprendere il declino cognitivo legato all’età. - Gaeta.it

Lo studio sull’invecchiamento del cervello ha individuato un blocco nella sintesi proteica come possibile causa principale. Un gruppo di ricerca internazionale guidato dalla Scuola Normale di Pisa e dall’Istituto Leibniz di Jena ha osservato questo fenomeno nel killifish turchese, un piccolo pesce africano con una vita brevissima. I risultati, pubblicati su Science, aprono nuove prospettive nella comprensione della perdita di funzioni cognitive associate all’età avanzata.

Il modello killifish per studiare l’invecchiamento cerebrale

Il killifish turchese, chiamato scientificamente Nothobranchius furzeri, vive in condizioni particolari in natura e in cattività sopravvive meno di un anno. Questo aspetto lo rende un modello ideale per analizzare l’invecchiamento in tempi rapidi. Il cervello del killifish presenta una struttura simile a quella dei vertebrati più evoluti, inclusi gli esseri umani, offrendo così un’interessante analogia biologica.

Un modello scelto da Alessandro Cellerino

Alessandro Cellerino, docente di fisiologia alla Scuola Normale di Pisa, introdusse questo pesce come modello di studio più di venti anni fa. Grazie a questa scelta, il gruppo di ricerca è riuscito a osservare i processi molecolari che avvengono durante il declino cerebrale, con tempi e costi molto ridotti rispetto ad altri modelli tradizionali. La rapidità del ciclo vitale del killifish consente un’analisi immediata delle alterazioni cellulari legate all’età.

Oltre all’Università Pisana e all’Istituto Leibniz, nello studio hanno collaborato anche la Stazione Zoologica Anton Dohrn di Napoli e l’Università di Trieste, creando un network di ricerca interdisciplinare che sfrutta varie competenze e risorse. Questo approccio collettivo ha permesso di mettere a fuoco un fenomeno che si manifesterebbe anche negli esseri umani, grazie a prove sperimentali comparate.

Il meccanismo di stallo nella sintesi proteica cerebrale

Durante l’invecchiamento del killifish, i ribosomi, che traducono l’RNA in proteine, rallentano e si bloccano su sequenze specifiche dell’RNA. Questi “stalli” impediscono la completa sintesi delle proteine, generando prodotti parziali e poco solubili che tendono ad aggregarsi dentro la cellula. Si tratta di un difetto che compromette funzioni essenziali per la salute neuronale.

Le proteine più colpite da questo fenomeno sono quelle coinvolte nel mantenimento del processo stesso: infatti, alcune sono componenti dei ribosomi e altre legano l’RNA o il DNA. Il blocco nella sintesi di queste proteine aggrava il problema, riducendo la capacità della cellula di riparare i danni genetici o di svolgere correttamente la produzione di nuovi RNA e proteine.

La visione del prof. Cellerino

Il prof. Cellerino sottolinea che questo meccanismo dà luogo a un circolo vizioso, in cui diminuisce progressivamente l’efficienza della sintesi proteica, accelerando il deterioramento cellulare nel cervello. Simili risultati sono stati osservati anche nell’uomo, come pubblicato da un team dell’Università della California a San Diego lo scorso anno, indicando che il fenomeno non è limitato al solo killifish.

Prospettive di ricerca e applicazioni future

La scoperta apre a nuove direzioni nell’ambito della ricerca sull’invecchiamento cognitivo. I ricercatori intendono ora valutare se farmaci o sostanze in grado di ridurre lo stallo dei ribosomi possano rallentare il declino delle funzioni mentali. La somiglianza tra killifish e uomo in questo meccanismo rende plausibile che tali trattamenti possano avere effetti benefici anche nella specie umana.

Gli esperimenti futuri punteranno a verificare questa ipotesi, mediante test sul killifish, che rimane il modello più rapido e accessibile. Gli studi in corso sono parzialmente finanziati dal progetto THE Tuscany Health Ecosystem, che sostiene la ricerca biomedica nella regione toscana.

Un contributo italiano di rilievo

Sara Bagnoli, assegnista coinvolta in queste ricerche e premiata quest’anno con il riconoscimento L’Oreal-Unesco donne nella scienza, contribuisce in modo significativo a questo filone, rafforzando il contributo italiano nello studio dei meccanismi molecolari dell’invecchiamento cerebrale.

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