Stefano Bartolucci ha scelto Valmontone, vicino Roma, per costruire il suo progetto culinario. Nel 2010 ha inaugurato il ristorante Rosso DiVino, che negli anni è diventato punto di riferimento per la cucina che unisce territorio, attenzione alle persone e rispetto per l’ambiente. La sua esperienza racconta di un lavoro quotidiano al servizio di una cucina vissuta come comunità e non solo come preparazione di piatti.
Un legame forte con il territorio e la comunità di valmontone
Bartolucci ha lasciato Roma per Valmontone, dove ha trovato un rapporto umano che definisce “più diretto e vero”. Per lui, il luogo non è solo sfondo o contenitore, ma parte attiva della sua cucina. Il territorio si trasforma in ingrediente, fonte di materia prima e di relazioni con i produttori locali. Questa prossimità si manifesta nella capacità di adattare continuamente il menù alle disponibilità stagionali. Se arrivano ciliegie, il piatto può diventare tagliolini con Cesanese, pecorino e ciliegie; se ci sono conigli, diventano porchetta farcita con prodotti locali.
Il legame con la terra è anche un modo per mantenere la cucina sincera e articolata, lontana dalle mode e dai format imposti. Bartolucci lavora con un flusso di ingredienti che cambia in base a quel che offrono i produttori e la stagione. Questo principio è alla base della sua interpretazione di cucina sostenibile, che coniuga rispetto per l’ambiente e valorizzazione della comunità.
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La sostenibilità applicata alla cucina: pratiche quotidiane e concetti concreti
La gestione del ristorante rispecchia la filosofia di Bartolucci, che definisce la sostenibilità come un equilibrio tra aspetti economici, sociali e ambientali. Non usa impianti sofisticati, ma preferisce adottare soluzioni pratiche e sensate. Per esempio, il ristorante ha ridotto la bolletta energetica da 2.500 a 500 euro mensili, senza rinunciare al comfort, seguendo scelte di buon senso.
Un’altra pratica riguarda la gestione degli scarti: i rifiuti organici alimentano gli animali allevati in loco, che tornano per la produzione di uova e carne destinata alla cucina. Questo ciclo chiuso diminuisce sprechi e impatti ambientali, lasciando spazio a risultati concreti, lontani da un’idea astratta di sostenibilità.
Bartolucci sottolinea che questa scelta non deriva da una strategia di marketing, ma è una coerenza quotidiana che sostiene il ristorante e il suo legame con il territorio. La sostenibilità si traduce quindi in azioni tangibili nel quotidiano.
Cucina inclusiva: attenzione a intolleranze e preferenze alimentari
Uno degli aspetti più evidenti nel ristorante Rosso DiVino è la cura verso ogni cliente, qualunque siano le esigenze alimentari. Bartolucci racconta che una carbonara può essere servita senza lattosio, o un dolce preparato senza uova, impiegando alternative come lenticchie rosse e piselli, per mantenere consistenza e sapore. L’approccio abbraccia non solo allergie e intolleranze, ma anche scelte vegane o celiache.
I dolci seguono lo stesso principio: nessuna lista fissa ma proposta su misura, a seconda delle richieste e delle disponibilità. L’offerta cambia sul momento, rispondendo alle richieste con creatività e rispetto, senza forzature. Il risultato è un’esperienza che mette il cliente al centro, garantendo gusto e autenticità senza esclusione.
Formazione e cultura gastronomica con l’associazione apci
Bartolucci è presidente dell’APCI nel Lazio. Sotto la sua guida, l’associazione promuove corsi e iniziative volte a far crescere i cuochi anche fuori dalle cucine. Organizza workshop su food design, cucine etico-religiose, pasticceria e pizzeria, con docenti e professionisti che portano nuove conoscenze.
L’APCI Lab è una delle iniziative più significative: produttori locali presentano materie prime, e i cuochi le trasformano in piatti durante eventi aperti al pubblico. Questo momento favorisce scoperte di sapori e metodi diversi. Bartolucci considera la formazione una parte fondamentale del mestiere, un modo per rinnovarsi e innovare senza perdere contatto con le radici.
Il coinvolgimento in progetti formativi si estende anche a realtà come mense scolastiche, dove cucinare secondo regole precise e richieste specifiche richiede attenzione estrema. Per lui, quel lavoro merita rispetto pari a quello svolto dai ristoranti più prestigiosi.
Tradizione e innovazione: la cucina come linguaggio che evolve
Bartolucci vive la tradizione senza rigidità, interpretandola come un linguaggio da conoscere e declinare in modi nuovi. La sua famiglia viene da diverse regioni italiane, un bagaglio che arricchisce il suo modo di cucinare. Pur prediligendo la cucina romana, ne riconosce anche la possibilità di essere reinventata.
Per esempio, propone tortelloni cacio e pepe accompagnati da salsa di datterini freschi, crema di pecorino, popcorn di maiale e polvere di riso venere. Non è un piatto tradizionale, ma il sapore richiama la tradizione in modo originale. Con una carbonara adattata a vegani e celiaci dimostra che i piatti storici possono trasformarsi senza perdere forza.
Per Bartolucci tradizione e innovazione non si escludono, ma si coniugano in un racconto culinario aperto a tutti.
Riconoscimenti e lavoro di squadra nel mondo della cucina
Durante l’ultimo congresso APCI, Bartolucci ha ricevuto il riconoscimento Les Toques Blanches d’Honneur per la carriera. Pur apprezzando il premio, continua a definirsi un uomo “da trincea”, pronto a mettersi al lavoro anche alle quattro del mattino se serve.
Il lavoro in squadra con altri cuochi è un altro aspetto centrale. Porta migliaia di piatti a eventi come Vinòforum e sottolinea come il clima tra colleghi sia fondamentale. “Quando si cucina con il sorriso, si sente anche nel piatto”, dice con semplicità.
Lo chef mantiene una visione della cucina come mezzo per unire persone, ascoltare e prendersi cura. In quel gesto, che sembra semplice, c’è tutto ciò che definisce la sua esperienza: cucina vista come libertà e attenzione al prossimo, dentro e fuori dal piatto.