Stagione di caccia 2025: apertura anticipata e polemiche sulle nuove norme di gestione faunistica in Italia

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Apertura anticipata della caccia 2025, scattano le polemiche sulle nuove regole in Italia. - Gaeta.it

Donatella Ercolano

20 Settembre 2025

La stagione di caccia in Italia riaprirà tra pochi giorni, rispettando i vincoli previsti dalla legge ma con alcune aperture anticipate da parte delle regioni. Questa ripresa delle attività venatorie porta con sé forti dibattiti, soprattutto sul ruolo delle recenti modifiche legislative che riflettono le sfide della gestione della fauna selvatica in un contesto cambiato rispetto agli anni ’90.

Calendario Venatorio e aperture anticipate: cosa prevede la normativa italiana

Secondo la legge 157 del 1992, la stagione di caccia deve svolgersi tra la terza domenica di settembre e il 31 gennaio dell’anno successivo. Tuttavia le regioni hanno facoltà di anticipare l’inizio fino al 1° settembre, ma questa possibilità è limitata a specie specifiche e prevede lo spostamento della chiusura in modo proporzionale. Questo sistema consente di adattare le tempistiche di caccia alle diverse esigenze ambientali e faunistiche regionali, mantenendo un quadro normativo generale.

Negli ultimi anni sono emersi numerosi contestazioni sul calendario venatorio. Le associazioni ambientaliste e animaliste denunciano un indebolimento delle regolamentazioni attraverso le modifiche legislative in esame al Senato. La contrapposizione principale riguarda proprio l’idea di un’allentamento dei vincoli, che secondo queste organizzazioni rischia di mettere in pericolo specie e habitat.

Modifiche legislative e contrasti tra federcaccia e movimenti ambientalisti

Il presidente di Federcaccia, Massimo Buconi, sottolinea che alcune variazioni importanti sono state introdotte dalla legge di Bilancio più recente. Tali modifiche hanno inserito maggiore flessibilità e previsto piani straordinari di gestione della fauna selvatica. In particolare, è stato rivalutato il controllo degli animali selvatici: non viene più considerato strettamente attività venatoria ma assume carattere di interesse pubblico.

Dall’altra parte, gruppi ambientalisti vedono in queste modifiche un rischio di “liberi tutti”. Si teme infatti un allentamento eccessivo che potrebbe portare a danni irreversibili. Buconi respinge queste accuse, sostenendo che in Italia rimangono tra le norme più restrittive d’Europa in materia di caccia. Prevede visite mediche obbligatorie, esami specifici e controllo rigoroso del maneggio delle armi per chi vuole praticare l’attività venatoria.

La regolamentazione attuale sulla caccia e le restrizioni territoriali vigenti

Cacciare in Italia richiede diverse autorizzazioni e controlli. Ogni cacciatore deve superare visite sanitarie periodiche, effettuare esami teorici e pratici per dimostrare la propria idoneità e richiedere il porto d’armi con verifica da parte delle autorità competenti. Inoltre, la caccia è consentita solo in aree autorizzate, escludendo parchi naturali, oasi protette e zone di ripopolamento.

Per le aree della rete Natura 2000 e quelle classificate come Zone di Protezione Speciale, le restrizioni variano ma non si applica un divieto assoluto. Anche gli istituti di caccia privati operano solo con autorizzazioni specifiche e spesso coincidono con aziende agricole. Questi elementi definiscono una rete di controllo che limita il rischio di attività illegali o dannose.

Evoluzione dei numeri dei cacciatori e ampliamento della fauna selvatica in Italia

Dal 1992 a oggi la dinamica della caccia è cambiata profondamente. La popolazione di cacciatori si è ridotta da oltre un milione e mezzo a meno di 500 mila. Nel contempo la fauna selvatica è aumentata notevolmente, richiedendo una gestione più complessa. Questi dati hanno spinto la modifica della legge, che ha tolto il riferimento alla tutela delle specie a favore di un focus più diretto sulla loro gestione.

Un cambiamento significativo riguarda le limitazioni sull’ambito venatorio, prima diviso per specie. Chi si occupava di caccia stanziale non poteva praticare quella migratoria e viceversa. Ora si tende ad eliminare queste restrizioni, vista la necessità di risposte più flessibili a emergenze come l’aumento dei cinghiali, che contribuiscono alla diffusione della peste suina africana.

L’attuale scenario richiede metodi più adattabili e interventi continui per regolare la presenza di fauna selvatica, raggiungendo un equilibrio tra tutela ambientale e esigenze di controllo.