Simon Baker ha partecipato al Filming Italy Sardegna Festival con un atteggiamento rilassato e un sorriso aperto, dimostrando ancora una volta la sua grande sintonia con il pubblico italiano. L’attore australiano ha descritto il legame che lo unisce all’Italia, paese che frequenta regolarmente e dove si sente accolto sempre con calore e affetto. Nel corso dell’incontro ha ripercorso momenti importanti della sua carriera e ha parlato dei progetti a venire, svelando una visione della sua professione che guarda ai contenuti con maggiore attenzione, più che al successo commerciale.
Un rapporto profondo con l’Italia e il calore del pubblico
Simon Baker ha raccontato come l’Italia occupi da sempre un posto speciale nella sua vita. Gli anni ’90 hanno rappresentato l’inizio di questa frequentazione regolare che ora mantiene tornando almeno ogni due anni. La sua famiglia ha potuto vivere la calorosa accoglienza degli italiani, tanto da sentirsi quasi abbracciata ogni volta che mettono piede nel nostro paese. L’attore ha sottolineato più volte la generosità d’animo degli italiani, un elemento che lo ha colpito fin dall’inizio e che continua a percepire in ogni visita.
Il legame con il pubblico italiano
Il suo rapporto con gli spettatori italiani diventa evidente quando parla di quanto sia “a suo agio” qui e quanto apprezzi il calore della gente, capace di trasformare persino una semplice presenza in un incontro speciale. Non è solo un celebre volto di serie TV, ma un ospite che si sente parte della comunità, apprezzato per ciò che rappresenta ma anche per la persona che è. I suoi commenti aperti e sinceri in occasione del festival hanno confermato questo legame unico con l’Italia, continuo e fatto di scambi umani veri.
Leggi anche:
The mentalist: un ruolo che pesa e definisce ma non limita
Nella chiacchierata al festival non poteva mancare un passaggio su The Mentalist, serie che ha proiettato Simon Baker nell’olimpo dei volti riconosciuti ovunque. Interprete del protagonista Patrick Jane, ruolo che ancora oggi domina la sua immagine pubblica, Baker ha voluto spiegare con calma cosa significhi per lui questa esperienza. Il successo mondiale di quella serie ha garantito sicurezza economica e stabilità per la sua famiglia, ma ha anche creato una sorta di etichetta difficile da scrollarsi di dosso.
Riflessioni sul ruolo di patrick jane
Simon Baker ha ammesso che, dopo anni, la sua carriera resta legata a The Mentalist più di ogni altra cosa anche se ha lavorato a molti altri progetti. Ha raccontato quanto sia stato impegnativo sostenere una serie lunga e famosa, un peso fatto di stress e fatica, motivando così la sua scelta di non sentirsi triste per la chiusura dello show. Il senso di stanchezza verso una riconoscenza limitata solo a quel personaggio emerge con chiarezza, quasi volesse spiegare che il suo lavoro possiede molte altre sfumature e non solo quel ruolo. La dimensione stressante di una produzione così importante ha inciso anche nella sua decisione di muoversi su altri binari artistici.
Il passaggio da attore a regista e la voglia di nuove sfide
Simon Baker ha riflettuto sulla differenza tra recitare e dirigere, indicando come la recitazione lo veda impegnato a seguire la visione generale di un progetto. Nei lavori lunghi, invece, ha imparato a prendersi sulle spalle anche responsabilità più ampie, arrivando a dirigersi in certe scene. Questo passaggio ha segnato un cambiamento nel suo approccio, amplificando la consapevolezza delle proprie capacità, ma anche il coinvolgimento personale nelle storie che racconta.
Una nuova linea professionale
L’attore australiano ha parlato anche delle sue scelte professionali attuali, ben distanti dalla ricerca del successo a tutti costi. Decide i progetti in base alle sfide creative, al pensiero di mettersi in gioco, anziché sull’onda di titoli che promettono un grande ritorno di pubblico. Questa nuova linea, più orientata alla soddisfazione personale, lo porta a preferire lavori appassionanti e meno legati al potenziale commerciale. La pressione di dover garantire solo hit di pubblico non fa più parte del suo metodo, che invece punta alla profondità dei contenuti.
Esperienze passate e nuovi passi verso produzioni di rilievo
Tra i ricordi più vivi di Baker c’è il film Il diavolo veste Prada, girato con Anne Hathaway tra New York e Parigi, un’esperienza che ha lasciato un segno anche nel pubblico italiano. Sul reboot recente di quel film, si è mostrato cautamente curioso ma senza parteciparvi, convinto che il fascino del titolo originale basterà ad attrarre il pubblico. Nel frattempo, ha lavorato a produzioni importanti, come la serie Boy Swallows Universe, visibile su Netflix e apprezzata a livello internazionale.
Nuovi progetti e collaborazioni di rilievo
Attualmente sta comparendo nella serie The Narrow Road disponibile su Amazon, un adattamento di un romanzo di Richard Flanagan che comprende un cast di rilievo con Jacob Elordi, Odessa Young e Ciarán Hinds. Il progetto dimostra l’attenzione di Baker verso storie dense e interpretazioni raccolte. Ma la novità più attesa riguarda la serie tratta dai romanzi di Patricia Cornwell, dove sarà protagonista insieme a nomi come Nicole Kidman, Jamie Lee Curtis e Bobby Cannavale. Diretto da David Gordon Green, questo lavoro dovrebbe uscire nel 2026 e rappresenta un passo importante per le sue ambizioni.
L’evento al Filming Italy Sardegna Festival ha quindi mostrato un Simon Baker consapevole e determinato a seguire percorsi con senso e continuità. Il suo legame con l’Italia resta saldo, così come la voglia di spostarsi oltre i confini di ruoli che lo hanno definito. Impegnato tra nuovi progetti televisivi e riflessioni sulla propria carriera, l’attore si fa portavoce di un cinema e una serialità attenti al valore delle storie e alle sfide che ogni ruolo presenta.